Giulia – Una Selvaggia Voglia di Libertà: recensione del film di Ciro De Caro
Con il suo film Ciro De Caro prova a fissare un vettore di speranza nel mondo dell'ingovernabile.
Con gli occhi selvaggi di chi sceglie di assicurarsi lo spazio incontenibile della libertà (lo sguardo fisso in avanti) e le braccia allargate sull’ignoto. Come quando si resta sospesi nell’aria – si cammina su una fune- senza il pensiero di una caduta in agguato; godendosi dall’alto la veduta. È il modo in cui il regista Ciro De Caro con Giulia, il suo nuovo film di genere drammatico prodotto da Ugo Baistrocchi, Maurizio De Arcangelis e Michael Fantauzzi, ci fa entrare nel mondo sottile e impalpabile delle solitudini e delle nuove consapevolezze. Con questo suo terzo lavoro De Caro prova ritagliare spazio per sé e per l’interprete principale e co-sceneggiatrice Rosa Palasciano attraverso una pellicola che nelle note meno distese fa sentire anche gli effetti negativi della pandemia e della crisi economica. Il lungometraggio, che arriva nelle sale cinematografiche il 17 febbraio 2022, è stato presentato nell’ambito delle Giornate degli Autori – Notti Veneziane a Venezia 78, e vede nel cast anche Valerio Di Benedetto, Fabrizio Ciavoni, e Cristian Di Sante.
Giulia ama il mare e le terre selvagge
Ognuno di noi possiede qualcosa di davvero potente: sono le immagini interiori che sanno medicare chi sa utilizzarle. Sorgono dentro e contengono il proprio destino. Il mare, ad esempio, è il gioiello psichico indossato da Giulia, la protagonista interpretata da Rosa Palasciano. Per Giulia quest’immagine non rappresenta solo una massa d’acqua salata, diventa qualcosa di più quando la donna capisce che seguirla è svoltare un angolo piuttosto che un altro; è lasciarsi affascinare da un luogo piuttosto che un altro (o mentre si sta facendo tutt’altro). Giulia è volubile, ama il mare e le terre selvagge. Giulia non ha più un amore e nemmeno un lavoro. “Giulia è costantemente divisa tra il bisogno di sentirsi a casa amata, e una selvaggia voglia di libertà. Quando si ritrova letteralmente in mezzo a una strada inizia, in maniera tutta sua, a cercare un rifugio e un posto nel mondo”. Raccatta giochi che hanno a che fare con l’acqua come il secchiello da mare e la paletta. Giulia si è persa o forse si è appena ritrovata. E la cinepresa la insegue, come fa lo spettatore, tra un desiderio di maternità e qualche strano espediente per sbarcare il lunario. Trascorre una torrida estate romana con due giovani, Sergio e Ciavoni, che nemmeno conosce e che le assomigliano nei suoi tratti indefinibili.
Quando uscire dalla comfort zone senza uscire dalla comfort zone è possibile
Con il suo film Ciro De Caro prova a fissare un vettore di speranza nel mondo dell’ingovernabile perché, come chiarisce il regista: “Può succedere che si sia costretti a uscire dalla comfort zone, che ci si trovi letteralmente per strada, e a quel punto, con la stessa naturalezza, ci si può ritrovare in pochissimo tempo a vagabondare e a iniziare a costruirsi una nuova zona confortevole anche se la situazione è ancora più scomoda“. Con una fotografia che privilegia scelte rigorose, e le immagini con zone di ombra colte dall’obiettivo che spesso oscilla e in qualche modo preme su quella mancanza di stabilità che mette alla prova la protagonista. L’unica musica presente nel film proviene dalla realtà della scena, come il brano che l’attrice balla o canta, perché nell’idea di cinema di De Caro la musica lo porterebbe lontano dal realismo ricercato. Particolarmente riuscita – spezza il tono drammatico dell’opera – la scena della tombolata organizzata al centro per anziani; mentre l’incontro della protagonista con Sergio (Valerio Di Benedetto) rievoca quello della coppia Edward Norton/Helena Bonham Carter in Fight Club. Qui a far sentir meglio i protagonisti – a sollevarli dalle loro paure – non sono le sofferenze dei malati incurabili, ma le debolezze degli anziani che devono barcamenarsi nell’ultimo periodo del loro ciclo vitale. Giulia – un mare di nulla, o forse no – è un film che ci appare pretenzioso, confuso (che si muove in tante direzioni), proprio come la protagonista.