Ambulance: recensione del film di Michael Bay
Nel nuovo film di Michael Bay e che si chiama Ambulance, Jake Gyllenhaall, Eiza González e Yahya Abdul-Mateen II corrono come matti per le vie di Los Angeles, mentre li insegue il mondo. Nelle sale italiane dal 23 marzo 2022 per la Universal Pictures.
Se davvero vi illudete di sapere cosa sia una giornata stressante, preparatevi a cambiare idea con Ambulance. Il nuovo film di Michael Bay è colorato, rumoroso e anche maledettamente ansiogeno. Incalzante nel ritmo. Tarato, composizione del cast, tematiche e tutto il resto, su questi tempi frenetici e inclusivi. Protagonisti Jake Gyllenhaall, Yahya Abdul-Mateen II, Eiza González. L’uscita nelle sale italiane è prevista per il 23 marzo 2022, distribuzione Universal Pictures.
Non è un soggetto originale. Ambulance è il remake del thriller danese del 2005 Ambulancen, di Laurits Munch-Petersen e Lars Andreas Pedersen.
Ambulance: stavolta Michael Bay ci parla di due fratelli, una rapina, una professionista dalle incredibili capacità
Dopo aver maltrattato la morte che viene dallo spazio, combattuto il crimine, profanato il centro di una città storica, guardato il mondo dalle spalle di robot giganti, espugnato Alcatraz. Dopo aver messo in piedi, un mattone dopo l’altro, una cifra stilistica lastricata di eccessi ed esagerazioni di ogni tipo, premuto il piede sull’acceleratore senza mai guardarsi indietro. Dopo questo e molto altro ancora, verso quale orizzonte potrà posarsi l’occhio del più controverso autore/non autore del cinema action contemporaneo? Stavolta, Michael Bay racconta la storia di due fratelli. E non solo.
Uno bianco, l’altro nero. Fratelli adottivi e nessuno che riesca a farsene una ragione. Uno bianco, l’altro nero. C’è sicuramente qualcosa sotto. Il risvolto simbolico della faccenda non è neanche troppo implicito. Per quanto nasca da sconvolgimenti casting dell’ultimo minuto (inizialmente i due fratelli erano bianchi), la coppia racconta comunque bene quel che deve raccontare. Il tentativo compiuto da Ambulance, più o meno consapevolmente, di sincronizzare l’azione con qualsiasi ritmo suonato dal mondo di fuori. Niente di troppo socialmente consapevole, ma questo è un Michael Bay moderno.
Una buona cosa di Ambulance è che la storia fila via senza contorcimenti. Yahya Abdul-Mateen II (Watchmen, Matrix Resurrections) è un veterano dell’Afghanistan con problemi economici seri. Gli servono soldi per pagare le cure mediche alla moglie e per questo decide di chiedere aiuto al fratello Jake Gyllenhaal. Aiuto, in casi del genere, può voler dire un piccolo prestito, una pacca sulle spalle, una parola buona, cose così. Rapinare una banca è un tantino fuori dallo spettro, ma la promessa di una vagonata di milioni, con tutto quel che ne consegue, “convince” il riluttante eroe a ficcarsi dentro un vicolo cieco più sporco e caotico del previsto.
Comprensibilmente, il LAPD non vede di buon occhio la cosa. Dopo aver colpito un agente, i due cercano di sfuggire alle forze dell’ordine sequestrando proprio l’ambulanza che trasporta il poliziotto ferito. Dovranno fare i conti con l’eroismo e l’etica professionale del paramedico Eiza González. Generalmente, per sopravvivere al proprio lavoro, la donna tende a non lasciarsi coinvolgere troppo. Avrà più di un’occasione per rivedere il suo modus operandi.
Ambulance: cosa ci insegna il film
Un punto di vista che funziona sempre, narrativamente e pure tematicamente, riscrive la lotta per la sopravvivenza come una versione meno ipocrita del sogno americano. Lo ripete più che altro per giustificarsi, Jake Gyllenhall, rapinatore di professione, che dietro l’atto criminale, la violenza, la sopraffazione, c’è solo un uomo che lotta per tirare avanti.
Va bene che l’attore serva il personaggio liberando quel fondo di follia che tiene sempre nascosto nello sguardo, ma che in genere dosa con più equilibrio. Per una carriera tutta costruita sul mix di fascino, buone maniere e un impalpabile sensazione di disagio, qui su Ambulance le cose procedono in modo più sregolato. Donnie Darko gestiva l’anomalia con accenti empatici. Lo sciacallo – Nightcrawler, in maniera robotica e decisamente sinistra. Qui la follia, il gioco morale, la cattiveria, vanno a ruota libera.
La solita America, la solita guerra…
Yahya Abdul-Mateen II preso nel mezzo, letteralmente, sa restituire l’impasto dignitoso che fonda l’architettura morale del suo personaggio, anche quando le cose si mettono male. Eiza González è il cuore emozionale del film, l’espressione di un eroismo altro, quotidiano ma non per questo meno nobile; fate attenzione a come sceglie di fotografarla l’occhio di Michael Bay proprio sul finale. Il suo rifiuto dell’empatia sul lavoro non è freddezza o amoralità, va scoperto e capito in sala. Il resto, le note caratterizzazioni esagerate di un particolare modo di fare cinema. La solita America stratificata e in guerra con la propria ombra. Tutti contro tutti, appassionatamente. Bianchi, neri, ispanici, guardie, ladri, giovani e vecchi.
L’ambulanza potrebbe funzionare come metafora politica e sociale di un certo rilievo, lucido pretesto per giochi psicologici di vario genere, un modo diverso di rileggere un’azione che sa di già visto. In realtà il film si accontenta di quello che ha e finisce per perdersi nell’ebbrezza della velocità pura. Ambulance è la storia di una macchina che vola per le strade di una città complicata, mentre è il mondo intero che la insegue. A modo suo, come ogni pezzo di cinema americano che si rispetti, il film tradisce in controluce nevrosi e idee portanti della cultura che lo sorregge. Una sorta di attitudine adolescenziale verso la violenza e le emozioni forti che spiega come e perché, a conti fatti, l’umanità non abbia molte speranze. Un senso per lo spettacolo genuino ma un anche po’ infantile. Una morale basica che si lascia catturare d’istinto. La violenza è una cosa orribile ma provate a distogliere lo sguardo. Si possono imparare tante cose guardando un film d’azione.