Laura Pausini svela tutte le storie dietro Piacere di conoscerti: dal fallimento personale all’ambiente
Abbiamo incontrato Laura Pausini, che ci ha svelato tutti i retroscena su Piacere di conoscerti, il film "riassunto" della sua vita, su Prime Video dal 7 aprile 2022.
Nella giornata di martedì 5 aprile, ovvero con circa 48 ore di anticipo rispetto al rilascio del docufilm su Amazon Prime Video, si è tenuta a Roma la conferenza stampa di presentazione di Laura Pausini – Piacere di conoscerti, opera che permetterà a tutti gli abbonati alla piattaforma streaming di ripercorrere le principali tappe della ormai trentennale carriera della cantante italiana più famosa nel mondo. Non solo, la stessa Laura Pausini, tramite questa opera, permette a se stessa e agli spettatori di immaginare e vedere come sarebbe stata la sua vita se non avesse vinto il Festival di Sanremo nel 1993. Di seguito, riportiamo i passaggi salienti della conferenza stampa internazionale.
Laura Pausini presenta il film dal 7 aprile su Amazon Prime
Ecco le parole con cui Laura Pausini ha aperto la conferenza stampa: “Prima di tutto ringrazio Amazon Prime per avermi convinta. È andata proprio come ha detto Nicole (Morganti, Head of Italian Originals, Amazon Studios, ndr): qualche anno fa è venuta a propormi di fare un documentario ed io ho pensato che fosse troppo autocelebrativo fare un documentario, specialmente perché immagino che chi sia interessato a me, mi segue e mi vuole bene sappia già quello che ho fatto. Quindi non riuscivo a convincermi. Poi, verso febbraio 2020, poco prima del primo lockdown, una notte mi sono svegliata ed ho cominciato a scrivere questa storia che in realtà è nella mia testa da 29 anni. Ho avuto tanto tempo, quindi, per darmi delle risposte, in 29 anni mi sono immaginata come potrebbe essere la mia vita se non fossi famosa, ed ho letto a Nicole quello che mi è venuto in mente quella notte. L’ho vista emozionarsi e da quel momento siamo partite a bomba.
Poi ho conosciuto Ivan Cotroneo (il regista del docufilm, ndr), che ho avuto modo di vivere in maniera molto speciale. Ivan ha vissuto un anno con me in casa, non solo facendo domande e chiamando persone a me vicine… abbiamo fatto tante videochiamate su Zoom con persone che mi hanno vissuta fino ai 18 anni, che hanno dunque raccontato com’ero, e Ivan si è reso conto che ero uguale in tante cose. Da quel momento mi sono resa conto che stavamo per fare qualcosa che non era solo un mio capriccio personale: ho avuto il grande privilegio di vivere una mia immaginazione, e per due mesi sono stata quella che ho immaginato per 29 anni, e lo sono stata nel modo in cui volevo io”.
Laura Pausini: “Tutti abbiamo avuto un momento in cui avremmo potuto scegliere altro”
“Amo i dettagli: oggetti, vestiti, ambienti… quello che si vede nel film è così tanto vero che, oltre che emozionante, è stato veramente commovente per me vivere questa esperienza. E non l’ho fatta solo per togliermi una soddisfazione. Mi sono resa conto, mentre giravamo, che stavo per trasmettere un messaggio, che potevo essere io un tramite, come se volessi che le persone usassero me e questa storia per ritrovare loro stessi. Io penso che chiunque, nel corso della propria vita, si sia chiesto: come sarebbe successo se non avessi scelto questa professione, se non avessi deciso di sposarmi con questa persona, ecc. Insomma, tutti noi abbiamo avuto un momento in cui potevamo scegliere altro. E che sensazione vi ha dato questo pensiero? Vi siete mai immaginati di aver fatto uno sliding doors vero? Io questa cosa l’ho vissuta ed è stato veramente molto intenso.
Forse durante il lockdown, proprio perché abbiamo avuto tutti così tanto tempo, ho capito che avevo bisogno di fare un riassunto della mia vita fino a lì, quindi per assurdo è diventato ancora più presente questo desiderio che avevo di studiarmi e vedermi come in realtà avevo sempre sognato di diventare fino ai 18 anni. Perché io non avevo mai sognato di essere famosa, forse perché sono nata in un piccolo paese e in un’altra generazione, e non c’era tutta questa frenesia della fama. Io volevo fare piano bar e l’ho fatto per 10 anni col mio babbo (dagli 8 ai 18 anni), però non avevo mai visto una donna da sola che faceva piano bar, quindi per me la sfida era quella: “Quando sarò grande, sarò la prima donna di Solarolo e della Romagna che fa piano bar nella mia regione”. Probabilmente già da lì dovevo capire che ero una tipa attratta dalle sfide e dalle cose complicate”.
“Sanremo ’93? Ero talmente ingenua che passai il Festival a chiedere autografi“
“Poi mi hanno vista fare piano bar, un manager italiano che mi ha portato nelle varie case discografiche italiane e la Warner mi ha iscritta a Sanremo. Però, sapete, un conto è che qualcuno ti iscrive, un conto è che poi ci vai. Ero talmente ingenua e fuori di me, in quel momento, che ho passato tutto il Festival solo a chiedere autografi ai Big, Perché mi ricordavo che molti dei miei amici di scuola mi prendevano in giro, perché io invece che andare fuori con loro in discoteca, preferivo andare a far piano bar col mio babbo. Quindi pensavo: “Adesso torno ed ho l’autografo di tutti questi qua e diranno ‘Vedi, alla fine qualcosina ha fatto’”.
Quando ho vinto Sanremo, la sera che poi sono tornata a casa, davanti a casa dei miei genitori c’erano dei fan che dormivano nelle tende e quindi il mio babbo mi ha detto: “Facciamo diventare la casa il tuo fan club”. Lui coi sogni era molto più avanti di me. Ed è stato così: ancora oggi è il mio fan club ed ora è diventato un museo, quindi sembra che io sia già morta (ride, ndr). La scatola che apre la bambina all’inizio del film è una scatola che ho ritrovato nella soffitta di questa casa dei miei genitori, durante il lockdown, quando sono andata in giro nei miei luoghi, e nella scatola c’erano degli oggetti, alcuni dei quali si vedono nel film, come il braccialetto con scritto Laura. Cosettine anche stupide che però hanno aperto in me delle finestre di ricordi che mi hanno aiutata a sviluppare altre parti della storia e ricercare altre persone, altri racconti, e nella stessa casa abbiamo girato la scena della ragazza interpretata da Cesara, che fa i compiti in cucina, la stessa di quando andavo a scuola. Ed anche i fogli e gli attrezzi, tipo le squadre che lei usa, sono gli stessi che usavo io quando, per davvero, facevo i compiti di notte. Io di solito fino alle 17 sono un po’ rincoglionita, tipo non canto bene, non sono molto concentrata, ma dalle 17 alle 3 o 4 di notte vado a gogo. Sono sempre stata così. Questo per dirvi che tutti i dettagli e gli oggetti sono veri, proprio perché la casa è diventata subito il fan club ed è stata lasciata così”.
Laura Pausini: “Il film? Non autocelebrazione ma un viaggio introspettivo“
“Quando viene la scena di Sanremo, nonostante io la sappia a memoria, mi commuovo tantissimo, perché comunque lì è cambiata la vita (si commuove, ndr). Io fino a quel momento lì non sognavo di fare la cantante famosa. Questo film non vuole rinnegare niente di quello che ho, anzi, ringrazio il cielo tutti i giorni che mi ha dato questo destino, ma ho comunque lasciato in sospeso quelli che erano i miei sogni di allora. E per questo motivo è stato molto interessante decidere di fare questo film, e questa proposta è arrivata in un momento particolare. Dopo tanti anni che faccio questo mestiere e in cui ho cantato veramente ovunque, nel momento del lockdown sono andata un po’ in crisi, perché quello che mi è successo l’anno scorso col Golden Globe e l’Oscar io non me l’aspettavo e mi sentivo un po’ in colpa perché mi succedeva questa cosa mentre tutti intorno a me stavano male. E non capivo perché di nuovo a me: sapevo e sono consapevole del fatto che chi ha fama lo deve alla fortuna e ad un destino scritto da qualcuno più grande di noi ma sapevo anche che poi la fama può durare un anno e la fortuna uguale, quindi so cosa ho fatto, l’impegno che ci ho messo, le cose che a volte mi hanno fatto anche discutere con la mia famiglia perché ho scelto di dedicarmi h24 a questo mestiere che è la mia vita.
Però non volevo che questo film fosse una autocelebrazione: volevo che fosse più un viaggio introspettivo, in modo che potesse essere più facile per le persone comprendere che anche se ci viene insegnato come unico obiettivo nella vita il vincere, arrivare primi, essere il migliore, sentirsi realizzati non è un sinonimo di fama. Perché io oggi, a 47 anni, vi racconto questa vita dal mio punto di vista di persona conosciuta, che è una cosa strana: normalmente è una persona non conosciuta che sogna di esserlo, quindi forse è un po’ fuori moda che una persona famosa spieghi come non esserlo, ma io non ho voluto fare questo film per dirvi “come sarei se non avessi vinto Sanremo, bla bla bla…”, ma per dirvi che dal mio punto di vista, di persona conosciuta, sentirmi realizzata non è dovuto ad un premio che ho a casa mia, non è dovuto al fatto che la gente conosca la mia faccia, o che abbia dei privilegi economici. C’è una cosa fondamentale che ho capito, specialmente durante questi ultimi due anni, quando ho trovato il tempo di restare sola con me, e che vorrei che specialmente la nuova generazione capisse: quando arriveremo alla fine della nostra vita e faremo davvero un riassunto di ciò che siamo, in quel momento ci faremo la domanda più importante della nostra vita: siamo stati felici? Abbiamo fatto quello che volevamo? Ci sentiamo realizzati? E in quel momento non c’è un pubblico che ti dà un voto, non c’è nessuno che ti dà un premio (o non te lo dà), ci sei solo tu. Siamo da soli. E in quel momento lì il tuo voto te lo dai in base a ciò che hai capito dentro di te. Ed io facendo questo film ho capito che lo avevo già intuito prima di Sanremo quale sarebbe stata la cosa che mi avrebbe fatto sentire realizzata, ed era il mio carattere, il fatto che sin da piccola avevo capito che potevo fare tantissime cose, ero curiosa di fare tantissime cose, ed ho capito che la parte artistica era quella che mi affascinava di più, che non era solo il canto ma anche la ceramica, l’architettura, mi piaceva truccare, cucire, fare le sculture… tutto quello che era artistico rappresentava ciò che avrei voluto imparare e che quindi volevo studiare”.
Laura Pausini: “I piani B sono fondamentali“
“A me sembra che oggi tanti giovani pensano che ci sia solo un obiettivo unico, della serie “io so fare solo quello e vabbè, non trovo lavoro e allora niente, sto a casa”, però non è così: noi tutti nasciamo che sappiamo fare tutto, poi ci sono delle cose che ci piace di più fare. Allora i piani B di cui parlo nel film, che poi in realtà per me erano tutti piani A perché ero ancora troppo piccola per capire quale fosse più importante, sono fondamentali ed è su quelli che ci dobbiamo spingere. Quelle sono le cose che ci faranno sentire realizzati e c’è una scena che mostra molto bene questo, che è quando la Laura non famosa canta “Destinazione paradiso” in trattoria e la Laura famosa canta la stessa canzone nello stadio. Allora, cosa c’è di diverso in quella scena? il numero delle persone davanti a me. Perché io la canto allo stesso modo ed ho deciso di cantare alla stessa maniera per un motivo, non perché mi piacesse Grignani e basta, ma perché diceva una cosa quella canzone. Ad un certo punto faccio lo stesso identico gesto, eppure sono in una trattoria e in uno stadio. Ovvio che per noi è facile giudicare e dire: “Beh, in uno stadio è molto meglio”, ma chi ve l’ha detto? Avete mai pensato che cosa possiamo pensare noi cantanti dentro di noi? Io ho cercato di farvelo capire con questa scena. È ovvio che ero fuori di me quando ho cantato a San Siro, però ero fuori di me anche quando cantavo al piano bar.
Questo è il punto: ho una figlia di 9 anni che continuamente mi fa sentire che ero una demente alla sua età , perché lei sa delle cose e vede delle cose che io ho conosciuto sui 20 anni e tutto quello che lei mi racconta oggi è molto legato al mondo del like, della fama, della faccia conosciuta, della posa… e questo mi preoccupa, perché vorrei cercare di spiegarle, anche grazie all’opportunità che ho avuto di mostrarle visivamente quello che le ho raccontato, che si deve partire da un altro inizio per poi arrivare un giorno, forse, ad avere una carriera. E la carriera la si ha comunque, anche se decidi di fare piano bar e riesci a vivere economicamente di quello. Io ad esempio pensavo che, essendo donna, nessuno mi avrebbe pagato per fare piano bar, quindi pensavo che sarei andata a lavorare la sera in trattoria e poi di giorno sarei andata o a fare la ceramica o a fare l’architetto. Queste possibilità e opzioni non erano un accontentarmi, erano gasamenti. Io non vorrei che la gente si accontentasse ed oggi so che tante persone sono costrette ad accontentarsi ma a volte lo sono anche perché non si sono impegnate quando avevano la possibilità, ed erano più giovani, di impegnarsi, di studiare, di capire. Non focalizziamoci solo su quella cosa lì, ovvero che dobbiamo essere perfetti e belli per i like, c’è un’altra cosa che è più importante, ovvero la vita vera, e vorrei che questo Paola e le persone che vedranno questo film lo capissero”.
Laura Pausini spiega l’insegnamento finale di Piacere di conoscerti: “Un grandissimo errore è non essere educati alla sconfitta”
“L’altra cosa importantissima, per me, di questo film, è una frase che dico nel finale e che riguarda la vincita e la perdita: noi non siamo stati educati alla sconfitta e credo che questo sia un grandissimo errore ed un problema, perché io ho avuto la fortuna di dare a mia figlia un grande insegnamento: quando sono partita per andare a prendere il Golden Globe, non sapevo che lo avrei preso, però sono partita in un modo e sono tornata che ero uguale a prima per lei. Sono partita per l’Oscar, non l’ho vinto, ho perso, sono tornata ed ero uguale a prima. Questo è un insegnamento ed una fortuna grande che lei ha avuto e che io non ho avuto da piccola, perché a noi viene insegnato che bisogna vincere ed essere i più forti nel nostro campo. Era più facile farvi vedere tutta la cosa figa dell’Oscar ma volevo che guardaste anche quell’aspetto lì, perché bisogna spiegare quanto sia importante nella vita perdere e sentirsi ugualmente orgogliosi e quando ho detto a Paolo che volevo fare questa scena e spiegare che ero contenta di aver perso, lui mi ha detto: “Sì, però era meglio vincere”. Ma perché? Per me no. Io non sono andata lì per vincere, magari non ci crederà nessuno ma ho cercato di spiegarlo attraverso immagini vere. Io non faccio l’attrice e dopo questo film non voglio fare l’attrice. Quello che avete visto nel momento in cui recitavo… in realtà non stavo recitando, perché io ho avuto 29 anni di immaginazione di me così ed io sono così, chi sta in casa con me sa che parlo così. Insomma, io questo film l’ho fatto per questi due motivi: parlare di come sentirsi realizzati, che secondo me non dipende dalla fama, e di quanto sia importante conoscere la vittoria e sentirsi ugualmente orgogliosi della perdita“.
Laura Pausini – Piacere di conoscerti: dai ricordi “col babbo” alla tutela dell’ambiente
Durante la conferenza Laura Pausini ha risposto a una serie di domande poste dai giornalisti. In merito ai momenti che ha ricordato ripercorrendo i suoi 29 anni di carriera, quindi da quando era una diciottenne piena di energia fino al trionfo internazionale, la Pausini ha detto: “io i primi 5 anni li ho fatti tutti i giorni col mio babbo. Dai 18 ai 23 anni ho avuto il permesso da mia mamma di fare bene questo mestiere, cioè di andare in giro a fare promozione solo se il mio babbo fosse stato con me. Ora posso dire che è stato meraviglioso e grazie a questo probabilmente i miei piedi sono bien piantati a terra e grazie a questo su certe cose penso di godermela molto senza andare fuori di testa, grazie al mio babbo che mi ha tenuto molto in riga, facendo proprio il papà. Allora però non era facilissimo, perché fino a 23 anni stavo sempre con lui e, che ne so, magari finivamo un evento e poi mi diceva di filare a letto mentre tutti gli altri cantanti dello show andavano fuori a mangiare. Oppure mi controllava se dormivo 8 ore a notte. Insomma, è stata sempre molto importante la sua presenza: non mi ha mai detto di fare piano bar, me l’ha fatto scoprire da sola che volevo farlo. Oltre a essere il babbo, quindi il mio grande amore, è stato fondamentale nella mia carriera“.
L’attenzione della stampa si sposta poi sugli incontri del cuore che hanno contribuito alla crescita sia professionale che umana della cantante italiana. Parlando del nuovo disco (che non ha ancora una data di uscita), Laura Pausini ha ammesso: “Sono bloccata. Poi il problema è che ci sono dei tempi tecnici e di alcune cose ne devi parlare molto tempo prima, anche quando non hai le cose pronte. Nel mentre, però, le cose devono prendere forma ed io non ce l’ho le canzoni che mi fanno venire il coraggio di andare su un palco e cantarle. La paura è legata al fatto che non ho mai fatto un disco che non nascesse prima da un’idea o una fotografia che ho nella testa, un concetto. Normalmente nasce tutto dal titolo: io parto quasi sempre dal titolo del disco e poi sviluppo il disco, e stavolta non ce l’ho e questo mi dà molto fastidio. Io spesso sono molto arrabbiata con me stessa e questo non mi aiuta a sbloccarmi. Tra l’altro, quest’anno mi abbiano proposto così tante cose, e ne ho accettate solo alcune tipo l’Eurovision e Una, nessuna, centomila: cose che sono state rimandate a causa del Covid ed ora sono cadute tutte nello stesso periodo ed io mi lamento spesso col mio management, perché nel mio calendario da quando è uscito il singolo a gennaio, il prossimo momento libero che ho per occuparmi del disco è a fine maggio. Cioè, io come faccio ad uscire ad ottobre? Ci sono tempi tecnici da considerare…“.
E parlando sempre della sua carriera Laura Pausini non si è fatta problemi a svelare alti e bassi del suo percorso professionale: “Il punto più basso quando ho vinto il Grammy ma ero da sola a festeggiare. Il punto più alto è stato Sanremo, perché non esiste altro. Adesso noi siamo italiani e vediamo solo l’Oscar, il Grammy… ma Sanremo è Sanremo e senza di quello non sarebbe arrivato nient’altro“.
Laura Pausini e il dramma del fratello
Durante la conferenza alla Pausini è stato chiesto come mai nel film tuo figlio si chiama Marcello e perché sei una mamma single? La cantante ha risposto: “Perché i miei genitori, prima di avere me e mia sorella Silvia, hanno perso un figlio e lo avrebbero chiamato Marcello. E quando aspettavano me, che chiamavano “la figlia del miracolo” perché avevano detto che mia madre non avrebbe più potuto avere figli, non sapevano se sarei stata maschio o femmina. Loro pensavano che fossi un maschio e mi avrebbero chiamato Marcello. Anche io ho sempre pensato che se avessi avuto un figlio maschio lo avrei chiamato così. Per il resto, nel film ho deciso di portare la fede perché sono sicura che mi sarei sposata nella vita non famosa, ma in questi 29 anni non sono mai riuscita ad identificare con chi. Sicuramente, purtroppo, non sarebbe stato con Paolo. Ivan Cotroneo mi aveva anche proposto di essere divorziata, cosa che magari nella vita attuale sarebbe stata una cosa anche possibile, perché dopo che sono andata via da Solarolo sono diventata molto più aperta di mentalità, mentre prima avevo delle idee un pochino più conservatrici. Quindi, viaggiando meno e confrontandomi con meno culture, sarei rimasta forse ancora un po’ chiusa da questo punto di vista. Non volevo far vedere questo aspetto nel film. E poi mi piace l’idea di far vedere una donna che cresce il figlio da sola, che ha coraggio di intraprendere la sua realizzazione personale e professionale da sola”.
Infine, non è mancata una parentesi di riflessione sulla situazione ambientale, a proposito della quale Laura Pausini ha detto: “Quello dell’ambiente è uno dei temi che mi preoccupano di più. Nel 2009 io ho fatto un tour che ad un certo punto aveva un’interruzione musicale e partiva un film che spiegava la difficoltà che stava iniziando ad affrontare la Terra in tanti territori, facendo proprio vedere immagini di catastrofi e problemi seri che oggi purtroppo vediamo più concretamente. Il film era legato ad una canzone che avevo scritto allora, Sorella Terra: quella canzone e quel filmato vivono ormai quotidianamente nelle mie giornate, perché nella nostra famiglia siamo molto attenti a non sprecare l’acqua, usiamo solo macchine elettriche. Chiaramente tutto il mondo soffre. L’educazione all’amore per l’ambiente, l’educazione civica, può partire anche dalla musica ma è una cosa che deve nascere dall’asilo nido, bisogna iniziare da piccolissimi affinché alcune cose vadano in automatico. A me quando ero piccola non mi andava in automatico di dividere la plastica dall’umido. A mia figlia, invece, non glielo devo dire. Lo fa. Le cose che devono diventare automatiche non sono le guerre ma altre cose, ben più importanti“.