Il Re: recensione della serie con Luca Zingaretti

Il Re, la serie Sky Studios con Luca Zingaretti, è un'indagine introspettiva della figura di Bruno Testori, il monarca despota del carcere ibrido di San Michele.

Il monarca cattivo è una prospettiva semantica ormai collaudata nel panorama audiovisivo: il ruolo del protagonista de Il Re, Bruno Testori, nel carcere di San Michele è quello di un monarca despota, impassibile e intrigante, caricato da un’enfasi psicologica che porta lo spettatore a ribaltare i propri schemi interpretativi e schierarsi indiscutibilmente dalla sua parte.

Il Re, serie tv Sky Studios diretta da Giuseppe Gagliardi si conclude con 8 episodi forsennati, ricchi di pathos e di ineffabili segreti incrociati, disponibili ondemand su NOW. La serie, che vede Luca Zingaretti nel ruolo del protagonista al fianco di Anna Bonaiuto, Isabella Ragonese e Borbora Bobulova, si conferma essere un ottimo connubio di dramma psicologico e thriller sociale, incarnando quella definizione estetica e antropologica propria del prison drama che si è cercato di delineare specularmente alla costruzione di una figura forte e centrale, quella di Bruno Testori. La valenza interpretativa e la naturalezza con cui ogni personaggio viene delineato è la rappresentazione di un mondo diegetico basato proprio sulla messa in scena di personalità forti e carismatiche. Ed è proprio grazie a loro che si costruisce e si consolida la narrazione.

Il carcere, luogo dell’azione e narratore onnisciente

Il carcere si conferma essere il luogo di contenimento dell’azione, ma soprattutto locus del segreto. Nell’oscurità delle sue stanze e dei suoi anfratti, si pone come un metonimico osservatore, un narratore onnisciente che condivide con lo spettatore un punto di vista incarnato, come un vero e proprio personaggio intradiegetico posto all’interno della narrazione ma senza la possibilità di comunicare con gli attori in campo. Il carcere, inoltre è anche un luogo di controllo strumentale per Bruno, grazie alla presenza pervadete dei suoi sottoposti, delle cimici, delle spie e della presenza quasi asfissiante della dottoressa Lombardo. Tale connotazione di chiusura intrinseca in se stesso si manifesta anche con la contrapposizione evidente tra gli interni ombrosi e le ambientazioni esterne, ariose, luminose che fanno da contrappunto alla narrazione mostrando lo sfondo di una Trieste evanescente e a malapena riconoscibile. 

L’utilizzo di ottiche deformanti, che ricreano immagini deformi e esteticamente amorfe, si raccordano specularmente con il simbolismo narrativo che la serie intende conseguire e portare a compimento attraverso la struttura audiovisiva. Una convergenza visuale di rappresentazione deforme con un ambiente squilibrato, sospeso in una dimensione a-temporale, quella appunto del carcere di Testori, scardinato dalla realtà spaziale anche per via della scelta dal parte della produzione di girare in differenti location, creando un decoupage ambientale di ibridazione.

Gli scorci delle inquadrature sono definite da una macchina da presa antropomorfizzata, che scruta indisturbata tra le grate, i finestrini delle macchine, i cespugli, gli angoli, che assumono via via un’incarnazione differente in base a quale ruolo interpretativo e narrativo assume. Tale rivolgimento continuo del punto di vista soggettivo si manifesta come uno sguardo onnisciente, rappresentato da quello dello spettatore, che immedesimandosi in differenti punti di vista, viene a conoscenza anche dei differenti sviluppi che la narrazione assume mano a mano che procede l’azione diegetica. La costruzione narrativa, infatti, sembra confondere lo spettatore per la sua vastità e il suo intreccio, ma si serve proprio di queste soggettive e inquadrature mirate per indirizzare lo sguardo spettatoriale verso la comprensione, almeno parziale, dei differenti livelli del plot e del concatenarsi delle vicende che unite vanno a costituire la fabula complessiva. Il soundscape crea una dimensione a-tonale di tensione e mestizia, incrociandosi con la composizione visiva e definendo una vicenda monocorde di continua suspense concettuale.

Il Re: la rappresentazione della Giustizia di Bruno Testori

Il Re Cinematographe.it

L’indagine portata avanti dalla dottoressa Lombardo, interpretata da Anna Bonaiuto, si indirizza verso la scoperta e il disvelamento psicologico del protagonista interpretato da Luca Zingaretti. Non vi sono evidenze palpabili attraverso prove o tabulati telefonici, ma è necessario un lavoro di indagine introspettiva del vero essere di Bruno Testori, che solo lo spettatore può attuare. Ed è per questo che al termine della serie non è possibile incriminarlo se non per fatti irrilevanti come lo spaccio e l’assunzione di droga, mentre le vere intenzioni e la natura controversa del personaggio di Zingaretti rimangono un’incognita, narrativamente per sempre con la chiusura della serie. 

Emblematica, e profetica, sembra essere dunque la battuta della Bonaiuto che, rivolgendosi al suo assistente, afferma “Il confine tra il bene e il male è molto sottile. E le cose sottili hanno bisogno di molto tempo per essere comprese”.

Il Re potrebbe sembrare ad una prima lettura una serie corale, in cui tra le mura del carcere si susseguono tante figure, ognuna con la sua autonomia narrativa e intenzionale. In realtà la serie è quasi totalmente incentrata sulla figura di Bruno Testori e sulle conseguenze innescate dal suo Metodo. Le azioni e reazioni narrative di un singolo portano ad una ridefinizione semantica delle gerarchie di potere, dei ruoli e dei luoghi: il carcere rimane una gabbia per Testori anche alla fine della serie, questa volta in modo materiale, non più figurale Il luogo dove si incarnava la Giustizia del protagonista, convinto di poter alienarsi dal mondo esterno e dallo Stato, è inizialmente la definizione della sua “reggia” simbolica, un luogo chiuso in cui può esercitare il suo potere, successivamente diventa esso stesso la sua rovina, incarnando il potere dello Stato.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.7