Heartstopper: recensione della serie TV Netflix
Otto episodi di tenerezza, spontaneità e dolce romanticismo. Heartstopper presta fede alla graphic novel di Alice Oseman raccontando una storia d’amore fra due ragazzi con il garbo e lo sguardo sognante di chi ancora crede nella valore della gentilezza.
Abituati a teen-drama piuttosto crudi ed estremi, dove a plasmare il classico racconto adolescenziale è un profondo disagio interiore riversato nella ricerca spasmodica di sesso, violenza e dipendenze varie, Heartstopper è una rarità di tenerezza e spontaneità. Abbandonati i toni adulti e disillusi di narrazioni contemporanee come Euphoria, Tredici e Skins, la serie britannica tratta dalla graphic novel di Alice Oseman e disponibile su Netflix dal 22 aprile 2022, sembra piuttosto (ri)avvicinarsi ad un approccio decisamente più confortevole, che ricorda in parte prodotti pre era digitale come Dawson’s Creek e Una mamma per amica.
(Più che) compagni di banco
Con l’obiettivo di fondere l’impegno di una più ampia rappresentazione queer e quello di dar forma all’evoluzione di un’amicizia che lentamente si trasforma in qualcos’altro, Heartstopper presta fede al lavoro da cui è tratta raccontando dolcemente la cotta fra due studenti di un liceo maschile, casualmente ritrovatisi compagni di banco il primo giorno di scuola.
Fra i due scatta un’intesa particolare ma è il primo, Charlie (Joe Locke), gay dichiarato e coinvolto in una relazione problematica con un altro studente, a manifestare da subito i primi battiti d’ali da farfalle nello stomaco, perché l’altro, Nick (Kit Connor), – la cui mamma è Olivia Colman -, campione della squadra di rugby e ancora confuso su chi realmente è attratto, ha intenzione di rimanere solo amici. Inizia così la loro dolce storia d’amore: un percorso di graduale scoperta e accettazione fatto di esitazione e gesti romantici, di imbarazzo e attrazione, non mancando dello scontro, inevitabile, con la spietatezza di alcuni compagni.
La fedeltà alla graph novel e il tocco di leggerezza di Heartstopper
Adattata e scritta interamente dall’autrice originale, decisa con la complicità del regista Euros Lyn a mantiene quella sospensione a metà fra realtà e immaginazione tipica del disegno, la serie ricerca idealisticamente una sorta di purezza: una bolla protettiva che ingloba i due protagonisti in una storia tutta loro, ma sentita e percepita in maniera totale anche dal giovane pubblico a casa.
Questa forma di illustrazione grafica che prorompe a mo’ di cartoon in alcune scene infatti, non è da avvertirsi come mera cornice di distanza fra loro e noi, né tanto meno come abbellimento fine a sé stesso. Ma piuttosto come esaltazione a momenti e sensazioni che da intimi diventano universali, riuscendo nell’intento di coinvolgere in una love story estremamente semplice e proprio per questo così ben riuscita.
Nuove generazioni di amori e (ritrovata) tenerezza maschile
Colori pastello, luce avvolgente e dialoghi dall’intesa credibile permeano otto episodi di soavità adolescenziale di cui Heartstopper si fa orgogliosa portavoce, ritraendo una generazione nuova che intende la sessualità come libertà d’espressione, svincolata da sterili pregiudizi e etichette. E nonostante l’intenzione complessiva sia quella di preservare l’emotività amorosa fra Charlie e Nick, presentando accanto a loro altri personaggi LGBTQIA+, accettati dal gruppo di amici quanto ancora vittime di preclusioni e poca conoscenza, la scrittura fa i conti, senza tuttavia sfociare in sensazionalismo, con il tema, reale e concreto, dell’omofobia inteso come ostacolo alla piena realizzazione di sé, seppur tratteggiato con garbo e senza clamori.
Heartstopper dunque fa della spontaneità e della gentilezza il suo proponimento dominante, presentando un modo più fresco e meno implacabile, forse anomalo per i tempi ma di certo possibile, di raffigurare i giovanissimi sullo schermo, avvicinandosi per modalità espressive a prodotti di successo (di tutto rispetto) come Tuo, Simon, Skam 1 stagione e Young Royals. Racconti di identità e di amori omosessuali finora invisibili, maneggiati con cura, attenzione, sensibilità e soprattutto normalità proprio così come meritano.