Chiedi chi era Giovanni Falcone: la storia vera del magistrato ucciso dalla mafia nella Strage di Capaci
Chiedi chi era Giovanni Falcone, in onda oggi, 20 maggio 2022 e la storia vera del magistrato che diede la vita per la lotta alla mafia.
Giovanni Falcone è stato uno dei più importanti magistrati italiani, una delle figure fondamentali nella lotta alla mafia e che ha collaborato negli anni con altrettante personalità che si sono dedicate a scardinare la criminalità organizzata in Italia e in altri Paesi del mondo. Precursore di ciò che viene chiamato “pentitismo” per cui fu duramente criticato, ma che portò a 366 ordini di cattura ai quali se ne aggiunsero altri 127. Il primo mafioso a collaborare con la giustizia fu appunto Tommaso Buscetta, seguito da Salvatore Contorno. Il “pentitismo” o anche detto “metodo Falcone” rese possibile una conoscenza approfondita delle tecniche e delle funzioni di Cosa Nostra, dando una visione d’insieme mai avuta prima di quel momento e che culminò poi nel maxiprocesso di Palermo dove si arrivò ad avere 476 imputati e che terminò con 360 condanne.
Rai Documentari, per il trentesimo anniversario di quel 23 maggio 1992, propone Chiedi chi era Giovanni Falcone. In onda su Rai 3 alle 21.20, il 20 maggio 2022, la Indigo Stories, in collaborazione con Rai Documentari realizza un racconto inedito sulla figura di Falcone: un lato mai visto realmente da vicino, di cui forse non si è parlato, e cioè il suo lato umano, quello più privato e meno sotto i riflettori. Tra immagini di repertorio e interviste a chi ha vissuto accanto a lui Chiedi chi era Giovanni Falcone è un prodotto unico e speciale ricco di emozioni.
La storia vera dietro Chiedi chi era Giovanni Falcone
Giovanni Falcone, il 23 maggio del 1992, come ogni fine settimana, stava tornando a Roma dalla Sicilia. Da anni sotto scorta, Falcone partì da Ciampino per arrivare all’aeroporto di Punta Raisi. Giovanni Falcone, insieme alla moglie Francesco Morvillo, era a bordo della seconda delle 3 Fiat Croma blindate della scorta che vennero a prelevarli una volta giunti all’aeroporto e che partirono poi verso Palermo, entrando nell’autostrada A29. Allo svincolo per Capaci, alle 17.58 la Croma marrone, la prima delle 3 auto che viaggiavano in fila, venne investita da una terribile esplosione, uccidendo sul colpo 3 agenti della scorta. La seconda auto, quella dove erano Falcone e la moglie, venne investita dai detriti provocati dallo scoppio della bomba.
Anche la terza auto venne coinvolta ferendo gli altri agenti della scorta, insieme alle persone che occupavano le vetture in quel momento in transito sull’autostrada. Gli agenti presenti nella terza macchina si precipitarono a protezione della Croma bianca, temendo che dei sicari sarebbero arrivati per assicurarsi la morte del magistrato. Falcone e la moglie, in gravi condizioni, vennero trasportati, dopo l’arrivo dei Vigili del Fuoco, presso l’ospedale civico di Palermo, dove morirono entrambi a distanza di 3 ore l’uno dall’altra. L’intera città partecipò ai funerali delle vittime che comprendevano anche i 3 agenti della prima auto: Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo.
L’organizzazione della Strage di Capaci
Alla strage di Capaci seguì, pochi mesi poco, la morte di un altro grande magistrato italiano e stretto collaboratore di Falcone, Paolo Borsellino, ucciso insieme a 5 agenti della scorta nell’attacco noto come strage di via D’Amelio. La decisione dell’attentato venne presa durante le riunioni della così detta Commissione interprovinciale di Cosa Nostra. Era il 1991, il mese di settembre, quando il boss Salvatore Riina, insieme a Matteo Messina Denaro, Mariano Agate, Giuseppe e Filippo Graviano, Salvatore Biondino, Vincenzo Sinacori, organizzarono l’attento contro Falcone; tra gli obiettivi erano presenti anche il ministro Claudio Martelli e il conduttore tv Maurizio Costanzo. La scelta di dare il via agli attentati coincise con il maxiprocesso di Palermo, quando vennero confermate le sentenze d’ergastolo.
Vennero così inviati a Roma Giuseppe Graviano, Denaro, Sinacori, Francesco Geraci, Lorenzo Tinniriell e Cristofaro Cannella. Il gruppo venne poi riconvocato in Sicilia da Riina e fu in quell’occasione che si decise nel dettaglio come operare. Dapprima si stabilì che per l’attentato si sarebbe usato l’esplosivo, decidendo successivamente di posizionarlo o in dei cassonetti di spazzatura nei pressi della casa di Falcone o in un sottopassaggio pedonale dell’autostrada A29. Anche queste opzioni però vennero cambiate. Fu Pietro Rampulla a trovare la soluzione: sottolineò cioè che era importante trovare un luogo piuttosto stretto per contenere l’esplosivo. Venne così scelto un cunicolo di scolo della pioggia sotto l’autostrada.
Giovanni Brusca feroce assassino e collaboratore di giustizia
Fu Giovanni Brusca, mafioso e poi collaboratore di giustizia, soprannominato per la sua brutalità “lo scannacristiani” a fare una prova dell’esplosivo cercando di ricreare le condizioni il più simile possibile a quelle relative al luogo scelto per posizionare le cariche. Vennero poi fatti alcuni sopralluoghi sull’autostrada A29, principalmente da Biondino, insieme a Raffaele Ganci e Salvatore Cancemi e in contemporanea molte riunioni sui dettagli fino alla preparazione della bomba. L’esplosivo, presente in alcuni bidoncini venne spostato più di una volta e nascosto nella villa di una delle Famiglie di Capaci. Si aggiunsero altri nomi ai preparativi dell’attentato, che si occuparono di provare il corretto funzionamento dei congegni elettrici che Rampulla portò per garantire l’esplosione. Ad altri ancora fu dato il compito di tracciare i segni di vernice rosa nel punto dove azionare il detonatore e di tagliare alcuni rami degli alberi che gli avrebbero impedito la completa visuale dell’autostrada.
Vennero poi, con uno skateboard, posizionati e sistemati i bidoncini nel cunicolo. A controllare i movimenti delle 3 macchine Ganci con i figli Domenico e Calogero, insieme ad altri gruppi posizionati nei pressi dell’aeroporto, all’imbocco dell’autostrada, e vicino al luogo dell’esplosione. Fu Brusca ad azionare la bomba, attivando il radiocomando e causando così l’esplosione. Giovanni Brusca, proprio grazie alla legge Falcone, venne riconosciuto collaboratore di giustizia, e a maggio del 21 è stato liberato. Arrestato nel 1996, iniziando a collaborare un mese dopo, è stato condannato per più di 100 omicidi, tra cui il, purtroppo, famoso e brutale, assassinio del dodicenne Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo, che venne strangolato e dopo sciolto nell’acido.
Opere dedicate a Giovanni Falcone e i processi per l’attentato
Brusca è stato inoltre anche uno dei mandanti della strage di via D’Amelio, attentato a Paolo Borsellino. Il pentitismo provocò sempre clamori e polemiche, riprese con l’uscita di Brusca dopo 25 anni di carcere, ma è anche grazie a questa legge che si è arrivati a risultati concreti come le numerose catture effettuate negli anni. A Giovanni Falcone, in Sicilia, così come in Italia e anche negli Stati Uniti, sono state dedicate opere, scuole e strade, come il liceo di Bergamo, il convitto nazionale e la piazza nel centro di Palermo e l’aeroporto di Punta-Raisi che oggi si chiama aeroporto Falcone Borsellino, insieme a moltissimi altri luoghi che ricordano non solo la figura del magistrato, ma anche la tragica morte. Tra le opere è presente anche una statua di Giovanni Falcone a Quantico, negli Stati Uniti, nella sede dell’FBI.
Per la strage di Capaci vennero condannati all’ergastolo 22 mafiosi, tra cui anche Salvatore Riina e Pietro Rampulla, con 9 assoluzioni e pene ridotte per i pentiti. Alcuni anni dopo tra i 9 assolti 5 di loro vennero poi condannati all’ergastolo. Processi d’appello, conferme di sentenze e nuove condanne avvennero fino al 2020. Ad oggi, 20 maggio 2022, è ancora ignota l’identità della persona, o la scoperta di come sia stato possibile che gli attentatori siano riusciti a sapere l’ora esatta della partenza del volo preso da Falcone a Ciampino e di conseguenza l’ora esatta d’arrivo all’aeroporto di Punta Raisi.