MATA: recensione del documentario di Fábio Nascimento and Ingrid Fadnes
Un'opera di grande attualità sulla perdita della biodiversità e sulla lotta unita delle popolazioni indigene e degli agricoltori per poter vivere della terra come hanno fatto i loro antenati per centinaia di anni.
Una delle più grandi foreste tropicali del mondo cresceva un tempo sulla costa orientale del Brasile, nel sud di Bahia, una foresta varia e piena di vita come l’Amazzonia. Negli ultimi decenni, il paesaggio è cambiato drasticamente. Dove un tempo cresceva la foresta tropicale, ora ci sono infiniti campi di alberi di eucalipto, una specie estranea che ha preso il sopravvento su tutta la vita circostante. Il paesaggio si è modificato, l’eucalipto c’è, denso, alto e uniforme, e dà vita ad un paesaggio tutto uguale in cui chi non lo conosce potrebbe perdersi. I contadini che lavorano nelle vicinanze e gli indigeni che hanno sempre vissuto in queste zone, notano che il loro paradiso, il polmone della terra non c’è più e questo perché l’eucalipto, utilizzato nell’industria della cellulosa, principalmente come materia prima per la carta igienica, è in rapida crescita. Racconta questo MATA, il primo lungometraggio di Fábio Nascimento e di Ingrid Fadnes, presente al Festival Cinema e Ambiente Avezzano, alla sua sesta edizione, dal 13 al 31 giugno 2022. Il documentario segue gli indigeni e gli agricoltori, attraverso lo sguardo e le parole di Rodrigo ed Etevaldo Pereira Nunes, del Landless Rural Workers Movement (MST) che affrontano l’impatto dell’eucalipto nella regione.
Tra indigeni e agricoltori
“Se lo avessimo saputo”
Negli ultimi 75 anni, il mondo ha perso più della metà delle sue foreste pluviali. Nell’estremo sud di Bahia, rimane solo il 4% della copertura originaria della Foresta Atlantica. Inizia così il film MATA, con il suono del vento nella foresta e una musica da thriller in sottofondo, ma tutto legato a ciò che vivono oggi le persone per salvare i loro territori. I due protagonisti del film sono i rappresentanti della lotta allo sfruttamento capitalista delle risorse naturali della zona. All’età di 63 anni, il contadino Etevaldo ottiene finalmente un appezzamento di terreno dove poter coltivare, l’ha ottenuto dal Movimento senza terra che sta combattendo una dura battaglia per la riforma agraria in Brasile. Il capo indigeno Rodrigo del popolo Pataxó, appartiene a una delle tribù indigene della zona che sono state quasi annientate quando i portoghesi hanno “scoperto” il Brasile. Oggi si battono per far riconoscere le loro aree storiche e tradizionali e né i contadini né i popoli indigeni hanno poche probabilità di vincere contro le enormi imprese capitaliste eppure continuano a combattere. Il Brasile è il più grande esportatore di cellulosa al mondo e uno dei maggiori produttori di eucalipto per l’industria della cellulosa per la produzione di carta in Europa. Con solo il 4% della copertura originaria della Foresta Atlantica preservata a Bahia e la sostituzione della vegetazione autoctona con l’eucalipto, il Pataxó e gli agricoltori vivono in uno scenario di siccità, fiumi contaminati, esaurimento del suolo, nel timore di perdere la loro terra.
MATA: un canto d’amore per la propria terra
Gli eucalipti piantati – usano come diserbante il Round up, un pesticida molto forte, sostanza chimica che uccide la vegetazione -, circa sette anni fa, stanno uccidendo il terreno che “non ha forza”, non ha lombrichi, nessun insetto, nessun scarafaggio, solo “veleno”, che sta morendo mentre nella foresta tutto è vivo, ci sono esche per la pesca. Il terreno della foresta è umido, pieno di vita, se pianti qualcosa lì crescerà qualcosa, perché questo è un processo naturale.
“Questo è il motivo per cui gli indigeni vogliono la terra per riprodurre la vita, ripiantare”
I protagonisti di questo documentario narrano la storia di questo luogo, gli indigeni accompagnano lo spettatore nella loro terra, un luogo sacro, di cui conoscono le diversità del terreno, la composizione perché sono “parte dell’equilibrio dell’universo”.
Gli indigeni parlano della loro terra, della foresta in un modo speciale, unico, sembra un canto d’amore: loro sanno ogni cosa, i suoni, le “musiche” della natura, le proprietà di ciascuna pianta mentre è tutto differente dove è stato piantato l’eucalipto: nessun suono, nessun odore.
MATA: un racconto doloroso di una lenta e inesorabile morte che parte da un filo d’erba
“Conosciamo l’intera biodiversità. Questo è il protagonismo indigeno. Se si vuole commettere un genocidio, puoi venire. Siamo qui, la foresta è nostra. Vieni, morirò con piacere perché il mio sangue sta bollendo. […] Non ce ne andremo.”
Il popolo indigeno vuole lottare per la propria terra e non retrocede. Studiosi, scienziati analizzano terra e acqua per capire se il mito che germina nella testa delle persone era vero, quello secondo cui l’eucalipto prosciuga l’acqua. Uno di loro dice che un mito diventa verità e poi prosegue dicendo che non è solo e soltanto l’eucalipto a prosciugare l’acqua ma il piano di gestione che ruota intorno ad esso, per risolvere il problema basterebbe lavorare su quest’ultimo in modo da non violare la natura. Emerge chiaramente che se la gente avesse immaginato cosa avrebbe significato il piantare quei semplici fili d’erba che poi avrebbero creato così tanti problemi, non l’avrebbero fatto.
MATA racconta e lo fa dire ai protagonisti della storia di come le persone ingenuamente per bisogno abbiano venduto le loro terre per farne delle piantagioni di eucalipto e questo perché le aziende, il governo hanno abusato di loro, dei bisogni e delle difficoltà delle persone. Diventa doloroso e a tratti insopportabile sentire cosa abbia fatto l’uomo per della carta monouso, e così ha perso un bioma incredibile.
MATA: tra silenzi e parole, paesaggi e racconti prende forma la tragica storia del polmone della terra
Il documentario racconta ciò che sta accadendo in un paese quasi abbandonato, in preda a un governo che ha un chiaro progetto di colonialismo e morte dei popoli della foresta. I racconti dell’indigeno e dell’agricoltore, mentre passeggiano nel bosco, mentre lavorano, sono piccole storie di un mondo e di una natura non tutelati, di un luogo che silenzioso viene ferito a morte. Per loro la foresta è la loro casa, ne conoscono rumori, odori e “parole” e ogni momento è emozionante. Le loro storie, i loro ricordi, i loro racconti lasciano il posto allo sguardo, al silenzio, all’immensità a perdita d’occhio degli alberi di eucalipto che ondeggiano al vento, innocui all’apparenza ma che in realtà stanno distruggendo un paradiso. MATA è un documentario di grande attualità sulla perdita della biodiversità e sulla lotta unita delle popolazioni indigene e degli agricoltori per poter vivere della terra come hanno fatto i loro antenati per centinaia di anni.