Chloe – Le maschere della verità: recensione della serie Tv su Prime Video

La bravissima Erin Doherty è la protagonista di Chloe - Le maschere della verità, la serie Tv in sei parti dal 24 giugno 2022 su Prime Video che esplora il filo sottile che lega e separa la realtà dall'apparenza.

Una cosa che sa far bene Chloe – Le maschere della verità, la serie TV creata da Alice Seabright (Sex Education) e disponibile su Prime Video dal 24 giugno 2022, è lavorare con gli strumenti a sua disposizione per suggerire un senso e una verità drammatica in sintonia con il presente e le sue nevrosi narcisistiche, senza perdere di vista un respiro più universale sulle cose e le persone. Il racconto ben strutturato deve saper incastrare una verità particolare dentro una verità generale.

Se la pasta di cui è fatta Chloe – Le maschere della verità è opaca e sfuggente, è perché la serie ha ben chiaro in testa che la vita è una faccenda maledettamente complicata. Racconta i social media, certo, ma non solo. Mette il dito nella piaga, tossica, propria di un certo tipo di rapporti sbagliati, illumina la distanza pratica e simbolica che separa realtà e apparenza nella costruzione dell’identità personale. Mette alla berlina un certo modo classista di vedere le cose. Se di base è un thriller psicologico, la natura convenzionale del percorso di genere è mediata e arricchita dall’attenzione per l’analisi di un carattere e una personalità molto particolari. Intreccia temi su temi e in teoria non dovrebbe funzionare niente perché lo spazio è poco (6 episodi) e il tempo (un’ora ciascuno) ancora meno. Eppure funziona, a tenere tutto insieme ci pensa il talento mimetico e l’autenticità della bravissima protagonista, Erin Doherty. Ha tra le mani un personaggio per cui in molte (e in molti) ucciderebbero.

Chloe – Le maschere della verità: la vita di Becky e Chloe, due donne allo specchio

Chloe - Le maschere della verità cinematographe.it

I più attenti ricorderanno Erin Doherty in The Crown, stagioni 3 e 4, era il volto e i modi bruschi della principessa Anna, sorella dell’erede al trono. In Chloe-Le maschere della verità fa la protagonista e si chiama Becky Green. La vita di Becky è un monumento all’insoddisfazione. Tra i venti e i trenta, non ha un lavoro stabile, niente vita sociale, da sola le tocca occuparsi della madre malata (Lisa Palfrey). C’è qualcosa di misterioso e poco piacevole nel suo passato. Il carattere è sfuggente e spregiudicato. Becky, quando non si intrufola a eventi mondani taroccando clamorosamente la sua identità, consuma le sue giornate navigando compulsivamente nelle acque agitate dei social. Così misura la sua infelicità, paragonandola alla perfezione artificiosa dei profili più in voga. La madre di tutte le ossessioni social è la bella vita di Chloe Fairbourne (Poppy Gilbert).

Chloe riempie tutti i vuoti nella vita di Becky. Bei vestiti, bella casa, tenore di vita più che adeguato, un marito nastro nascente della politica locale che sembra amarla moltissimo (Billy Howle), un mucchio di amici. È tutto così perfetto che deve esserci per forza qualcosa che non va, ma Becky non lo capisce fino al giorno in cui il petardo le scoppia in faccia. La morte di Chloe, suicida apparente, è un bello shock, il messaggio d’addio sui social, struggente e inquietante. D’istinto Becky comincia a filare una tela di bugie che la legano sempre di più al circolo di relazioni e alla vita privata della donna.

Le viene facile, fingere di essere una persona diversa, una vita diversa. Fabbrica un nome su misura, Sasha, una vita di successo in bilico tra il Regno Unito e il Giappone, relazioni prestigiose e millantate. Fa amicizia con Livia (Pippa Bennett-Warner), vicinissima a Chloe, addirittura ne diventa collega senza uno straccio di credenziale. Costruisce una piramide di menzogne che ingolfano la sua vita e la mettono in una posizione molto pericolosa, soprattutto nel momento in cui, un intrigo dietro l’altro, si avvicina sempre di più a Elliot Fairbourne, vedovo inconsolabile. Nei momenti peggiori, Becky/Sasha trova sempre quel guizzo di creatività squinternata che le consente di scansare la resa dei conti ancora un per un po’. L’unico che non ci casca è Brandon Micheal Hall, vittima di un raggiro precedente, molto preso dalla ragazza. Disorientato, come qualunque persona sana di mente in una situazione del genere; anche abbastanza matto da aiutarla un pochino, da osservatore esterno. La verità è che, se un mistero c’è, Becky ha un motivo in più per decifrarlo. Roba grossa.

Chloe – Le maschere della verità: la vita com’è, la vita come la vorremmo

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Il mondo disegnato da Alice Seabright somiglia molto al nostro, lì dove il totale di un carattere è la somma di influenze contraddittorie. La vita di Becky Green ammucchia un trascorso burrascoso, un senso d’insoddisfazione congenito e una camaleontica abilità a scivolare con la massima spregiudicatezza tra un’identità e l’altra senza curarsi troppo delle conseguenze. Contano anche gli input che vengono da un mondo di fuori che ha troppa paura di dire le cose come sono e preferisce nascondere la polvere sotto il tappeto di una successo solo esteriore. Verità, queste, che si sommano in modo ambiguo ed è proprio l’ambivalenza, il profilo sfuggente delle cose, che Chloe – Le maschere della verità sa catturare così bene. Dietro l’altruismo di una giovane donna che mette a repentaglio la sua sicurezza fingendosi un’altra per scoprire se al fondo di un’ossessione ci sia sul serio un delitto o, al contrario, tutto sia frutto di un’immaginazione senza riposo, si nasconde un rancore antico.

Prendersi la vita di Chloe significa, per Becky, pareggiare un’esistenza insoddisfacente rimpiazzandola con i resti del successo altrui. Pure, le scelte della protagonista, discutibili eticamente quanto si vuole, esprimono un coraggio, una nobiltà e un bisogno di giustizia ammirevoli. La ragazza di periferia, noncurante il racconto disegna un accenno di conflitto di classe, non si fida dei ricchi, ma li invidia. Questo non le impedisce di essere l’unica persona con il cuore al posto giusto in tutta la città. I social, le disponibilità tecnologiche che rendono la nostra vita più facile e, se usate col giusto grado di malizia, la nostra identità più flessibile, sono uno artificio narrativo efficace e insieme un riflesso dell’eterno conflitto tra realtà e apparenza. Chloe – Le maschere della verità ha sufficiente maturità per dare al social il posto che gli compete; il mezzo particolare con cui un tempo particolare, il nostro tempo, esprime certe verità sull’animo umano, valide sempre.

Il mistero, si parte con l’esplorazione di un carattere, poi arriva il thriller, poi di nuovo una sintesi delle sue due anime, la riflessione esistenziale, la satira social, tutto scorre nella recitazione appassionata e nervosa di Erin Doherty. La sua Becky è un urlo strozzato in gola, sempre sul punto di cadere, non cade mai. Il suo tentativo di andare al fondo delle cose è rivolto all’esterno, la storia di Chloe, ma è anche un sincero percorso di autoanalisi. Le fanno da contrappunto la maschera granitica di Billy Howle, l’enigmatico (davvero?) consorte, le verità non dette di Pippa Bennett-Warner e lo squilibrio un po’ inquietante di Jack Farthing, forse l’unica cartuccia non valorizzata appieno da una serie che “cucina” l’eterna insoddisfazione che separa la vita come la vorremmo dalla vita com’è. Per proporci un esito efficacissimo sul piano drammatico e articolato su quello esistenziale. Molto bene.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 5
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

4.3