Blasted – In due contro gli alieni: recensione del film Netflix

Nella pellicola di Martin Sofiedal, la Terra deve resistere a un’invasione di alieni-zombie. Il destino del mondo è tutto nelle mani di due campioni di laser tag. La recensione della sci-fi comedy norvegese, distribuita dal 28 giugno 2022 su Netflix.

Negli ultimi decenni le cinematografie scandinave hanno regalato a se stesse e alle platee di tutto il mondo tante soddisfazioni, importanti riconoscimenti e piacevoli sorprese. Tra queste figura anche quella norvegese, che alla pari della sua estensione territoriale, ha prodotto un discreto numero di pellicole davvero degne di nota, alcune delle quali diventate dei veri e propri casi fuori dai propri confini come ad esempio i cult Troll Hunter di André Øvredal o Dead Snow di Tommy Wirkola. In questi, come in altri film non citati di provenienza norvegese collocabili nel recinto del cinema di genere, la creatività strabordante al limite della folla, la capacità di rompere gli schemi e di prendere in contropiede lo spettatore di turno con storie, personaggi e soluzioni visive anomale e sui generis, rappresentano le armi in più. Le stesse che abbiamo rintracciato nel DNA di Blasted – In due contro gli alieni di Martin Sofiedal, rilasciato da Netflix il 28 giugno 2022.

Blasted: l’esito è godibile e spassoso, anche se bisogna attendere il giro di boa dei 75 minuti per iniziare a cogliere i frutti più interessanti

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A firmarlo un regista che tra lungometraggi, cortometraggi, serie e tv movie ha esplorato in lungo e in largo il ventaglio dei generi, ma con risultati piuttosto altalenanti se pensiamo a quelli raccolti con il mediocre esordio dal titolo Benjamin Falck and the Ghost Dagger. Con l’opera seconda, Sofiedal ha deciso di passare dall’adventure alla sci-fi comedy, affidando lo script al connazionale Emanuel Nordrum per provare ad alzare l’asticella. I miglioramenti sicuramente si vedono, ma non sono sufficienti a garantire al film e al suo autore un significativo salto di qualità. L’esito è godibile e spassoso, anche se bisogna attendere il giro di boa dei 75 minuti per iniziare a cogliere i frutti più interessanti con il combattimento dei due protagonisti e l’orda di alieni-zombie nel campo di paintball. Si avete capito bene, trattasi proprio di questa combinazione genetica a dare vita alla minaccia contro la quale la Terra dovrà fare i conti. Il suo destino stavolta è tutta nelle mani, o meglio nelle pistole, di due campioni di laser tag, la versione tecnologicamente evoluta del paintball. Loro sono due amici d’infanzia di nome Sebastian (Axel Bøyum) e Mikkel (Fredrik Skogsrud), che si sono riuniti per l’addio al celibato del primo in quel di Hessdalen, una tranquilla valle tra le montagne norvegesi. Ma i festeggiamenti verranno bruscamente interrotti dall’improvvisa invasione aliena.       

Il regista norvegese mescola gli stilemi del filone fantascientifico delle invasioni aliene con quelli dello zombie-movie

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I presupposti per fare bene con un plot e dei personaggi che si rifanno palesemente agli stilemi del filone fantascientifico delle invasioni aliene e dello zombie-movie c’erano tutti. La fantasia e le trovate non mancano, eppure c’è qualcosa che frena l’operazione, impedendogli di rubare la scena e conquistare il cuore dello spettatore di turno. Sofiedal, con la complicità del suo sceneggiatore, si diverte a mescolare tutti gli ingredienti possibili e immaginabili, trasformando la timeline in una maionese impazzita di citazioni e rimandi alla trilogia degli Hangover, all’Hot Fuzz di Edgar Wright, oltre a Facciamola finita e Strafumati. Di conseguenza le regole d’ingaggio sono chiare e si basano su un menù fatto di inseguimenti, scazzottate e sparatorie tra boschi, centri di avvistamento UFO e caserme della polizia. Il tutto condito con un tripudio di rallenti, di liquami splatter e di battute ad effetto del tipo che nessuno osa più pronunciare, tanto sboccate quanto politicamente scorrette che sembrano prese direttamente dal campionario di Judd Apatow.

La combinazione tra i generi e i filoni acquista un perché solo quando i singoli elementi sembrano disposti a fare gioco di squadra

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Purtroppo per il regista norvegese, Blasted ha solo qualche scena degna di nota da andare a pescare nel mezzo del mazzo. La combinazione tra i generi e i filoni acquista un perché solo quando i singoli elementi sembrano disposti a fare gioco di squadra. Il ché però accade solo di rado, ossia quando l’ibridazione trova terreno fertile nella narrazione e nella drammaturgia, perché in generale si assiste a un mix no-sense la cui unica preoccupazione è quella di intrattenere senza se e senza ma.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 1.5
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

1.9

Tags: Netflix