Da ciao ad addio: recensione del film Netflix
La recensione dello young adult diretto da Michael Lewen, trasposizione del romanzo omonimo di Jennifer E. Smith. Dal 6 luglio 2022.
Quante volte avrete sentito la frase “ti lascio perché ti amo troppo“. Probabilmente non si contano sulle dita di una mano, perché le relazioni sentimentali, anche quelle apparentemente indistruttibili e destinate a durare finché morte non li separi, possono finire. Una fine, questa, che può anche essere consensuale e indolore, non necessariamente turbolenta e portatrice di devastanti strascichi per le parti. La prova regina ce la fornisce il regista Michael Lewen con il suo esordio dietro la macchina da presa dal titolo Da ciao ad addio, trasposizione del romanzo omonimo di Jennifer E. Smith che Netflix ha messo a disposizione dei suoi abbonati a partire dal 6 luglio 2022.
L’amore non ha delle regole scritte, non ha un manuale d’istruzione. Ne sanno qualcosa i protagonisti di Da ciao ad addio
Sono proprio i protagonisti del film di Lewen, Claire e Aidan, due giovani liceali prossimi al diploma a provare a dare il buon esempio, scegliendo di non rovinare il bel ricordo del loro amore, anzi di celebrarlo. L’università rappresenta il loro immediato futuro e preferiscono non dover sopportare il dolore di una relazione a distanza. Per farlo decidono di stringere un patto per la rottura prima del college, che consiste nel regalarsi una serata indimenticabile, un ultimo appuntamento epico nel quale ripercorrere i passi della loro relazione in un viaggio nei ricordi: dal colpo di fulmine a un party di Halloween al primo appuntamento, dal primo bacio alla prima volta. Insomma gli highlights di ogni love story che si rispetti, che qui si prestano come le tappe di avvicinamento di quello che nei piani dovrebbe essere un happy ending. Ma l’amore si sa non ha delle regole scritte, non ha un manuale d’istruzione, motivo per cui è imprevedibile e può mandare in frantumi qualsiasi piano, anche uno elaborato come quello della coppia di Da ciao ad addio.
Da ciao ad addio è una classica dramedy sentimentale che segue alla lettera i temi e gli stilemi del filone in questione
Ecco che dopo averli visti impegnati in un vorticoso tour nei ricordi, tra sorprese riuscite e altre meno, Claire e Aidan si trovano al cospetto di un bivio: stare insieme o salutarsi per sempre? La pellicola del regista statunitense, così come moltissime altre analoghe che l’hanno preceduta, ruotano, si sviluppano e si interrogano proprio su questo dubbio amletico. Insomma, niente che gli abituali frequentatori degli young adult a base amorosa o della letteratura rosa non abbiano già visto e sentito. Il ché genera nel fruitore di turno una serie di déjà-vu narrativi e drammaturgici che lo portano a prevedere con ampio anticipo quali possano essere le mosse e le reazioni dei due innamorati al cospetto degli eventi. Questo fa di Da ciao ad addio una classica dramedy sentimentale che segue alla lettera i temi e gli stilemi del filone in questione. Una dramedy che come da tradizione, senza scivolare mai – bontà sua – nel melodrammatico, mescola serio e leggero per provare a offrire allo spettatore una paletta di colori ed emozioni cangianti.
In Da ciao ad addio le emozioni sembrano esserci e pronte a trapelare, ma invece restano cristallizzate sotto l’epidermide di un prodotto accomodante
L’autore, con la complicità delle pagine della scrittrice, prova a portare sullo schermo un valzer di queste emozioni, puntando prevalentemente sulla tenerezza e sulla complicità dei personaggi principali, qui interpretati da due efficaci e interessanti giovani leve come Talia Ryder e Jordan Fisher. Ma chi si aspetta momenti di forte intensità, di quelli capaci di inumidire un numero rilevante di kleenex rimarrà deluso. Lewen porta a casa un prodotto che è tutto tranne che struggente, tanto che film come il caloroso e toccante Noi siamo infinito è dal punto di vista della temperatura emotiva lontano anni luce. Da ciao ad addio è molti passi indietro in tal senso, con le emozioni che sembrano esserci e pronte a trapelare, ma che invece restano cristallizzate sotto l’epidermide di un prodotto accomodante, che in quanto tale è stato costruito per assecondare le scarse esigenze del broadcaster che lo commissionato.