Nido di vipere: recensione del film d’esordio di Kim Yong-hoon
Nido di vipere è un thriller coreano che miscela il citazionismo e la critica sociale alla commedia nera.
Beasts Clawing at Straws – in uscita nelle sale italiane il 15 settembre 2022 con il titolo Nido di vipere, distribuito da Officine UBU – è l’opera prima di Kim Yong-hoon che ne firma la regia e la sceneggiatura.
Campione d’incassi a livello internazionale, Nido di vipere è uscito nel 2020 in patria, dove ha ricevuto una tiepida accoglienza a causa della pandemia di Covid-19, per poi conquistare critica e pubblico durante la 49° edizione dell’International Film Festival di Rotterdam, dove ha vinto il Premio Speciale della Giuria. Una corsa che è proseguita l’anno successivo al Far East Film Festival di Udine, dove ha ricevuto il White Mulberry Award.
L’affascinante intreccio di Nido di vipere
Il film d’esordio di Kim Yong-hoon è un thriller dalle sfumature pulp di chiara ispirazione tarantinana che affonda le sue radici nella cinematografia coreana contemporanea. La critica sociale rivolta verso il sistema capitalista viene analizzata sotto un punto di vista non inedito, ma l’intreccio narrativo ben costruito fa passare la mancanza di originalità in secondo piano.
Il piano sequenza d’apertura pone l’attenzione sulla vera protagonista: una borsa piena di denaro che passa tra le mani di un nutrito gruppo di personaggi molto differenti tra di loro, uniti solamente dalla brama e dall’avidità, che essa sia dettata dal bisogno o dall’amore per la ricchezza poco importa.
Il primo a trovarla è Jung-Man (interpretato da Bae Sung-woo), un umile inserviente di un Jjimjilbang (bagno pubblico coreano) con molti problemi sia a casa che al lavoro: il suo capo lo denigra continuamente, sua madre Soon-Ja (Youn Yuh-jung) è malata di Alzheimer e non si può più permettere di pagare gli studi universitari alla figlia. Cedere alla tentazione di prendere la borsa innesca una serie di eventi che coinvolge tutti gli personaggi: un doganiere (Jung Woo-sung) che ha contratto un grosso debito con uno strozzino senza scrupoli (Jung Man-sik), una truffatrice doppiogiochista (Jeon Do-yeon), una escort (Shin Hyun-bin) che è costretta a prostituirsi per ripagare un debito e un immigrato proveniente dalla Cina (Jun Ga-ram).
Un film coreano che gioca con il citazionismo occidentale
Oltre a Pulp Fiction, Yong-hoon si ispira al distintivo tratto narrativo dei fratelli Coen, in particolare a Fargo e a Non è un paese per vecchi. Yong-hoon si appropria di uno stile sia registico che tecnico la cui scuola di provenienza è chiara fin dall’idea di partenza che non è delle più originali, ma il regista riesce a rendere Nido di vipere un film d’intrattenimento ben riuscito grazie alla sapiente unione tra il citazionismo e la critica ad un sistema corrotto governato da un forte disequilibrio tra classi sociali.
Non a caso le forze dell’ordine sono figure quasi totalmente assenti: gli agenti corrotti si tengono ben lontani dai locali dove la malavita conclude i suoi affari e l’unico poliziotto (interpretato da Yoon Je-moon) presente tra il gruppo di protagonisti è il personaggio meno sveglio di tutti, ben più interessato all’alcol e al cibo piuttosto che a svolgere il suo lavoro.
Grazie al saggio utilizzo di una struttura a capitoli e ad una fotografia governata da contrastanti colori al neon e l’oscurità di una città che prende vita durante la notte, il regista riesce a mantenere alta la tensione che coinvolge fin dalla già citata prima sequenza. Assieme alla sceneggiatura ben congeniata, ad essere il punto forte del film sono le ottime performance degli attori, una menzione d’onore va a Jeon Do-yeon che ruba la scena fin dalla sua prima apparizione.
Tutti i personaggi si muovono nello stesso territorio, il cui obiettivo è solo uno: riuscire a prendere (o riprendere) la borsa con i soldi. Ma ognuno di loro ha delle caratteristiche proprie e un vissuto che gli attori riescono perfettamente a personificare e ad esaltare.
Nido di vipere è un buon film d’esordio, anche se si sarebbe potuto osare di più
Nido di vipere è un buon film d’intrattenimento che, in più, ha qualcosa da dire. Il tragico si alterna alla commedia nera, a tratti anche grotteschi che catturano l’attenzione e non la lasciano mai andare. La linfa vitale del film è il suo giocare con l’immaginario collettivo proponendo un qualcosa di già visto, ma con delle peculiarità interessanti e inusuali.
Per questo motivo, quando il film entra nel vivo, ci si aspetta qualcosa di più che però non arriva. Yong-hoon ha tutte le carte in regola per osare, per portare il citazionismo ad un livello superiore. Quando si è di fronte ai momenti decisivi, quando si crede di star per essere sorpresi questo non accade e il film continua a scorrere come ci si aspettava. Yong-hoon ci regala comunque uno splendido esordio e molta curiosità per quello che ci proporrà in futuro.