The Sandman – Recensione della serie di Neil Gaiman
Sandman è arrivato, con la sua aura di epicità la nuova serie Netflix tratta dalla serie a fumetti DC Comics scritta da Neil Gaiman si dimostra essere all'altezza delle numerose aspettative.
The Sandman arriva su Netflix dal 5 agosto 2022 col suo carico di leggenda e fascino.
L’esito incerto della fine di un sogno è probabilmente il risveglio, quel tempo liminale che separa la fantasia onirica dalla realtà. Quando questo viene a mancare, o viene alterato, si può creare uno squilibrio fisiologico che porta a disturbi, traumi, o addirittura, secondo la metafisica di Neil Gaiman, addirittura alla morte, se ad aspettarti alla fine del tunnel dell’oblio c’è un uomo vestito di nero, dall’espressione impassibile e severa. Il Regno dei Sogni è governato da Sandman, Morfeo, Sogno: tre nomi per lo stesso personaggio, nato nel 1988 dalla penna di Neil Gaiman e pubblicato come fumetto DC Comics, che richiama, principalmente per il nome, una serie di eroi della Golden Age del fumetto americano. La serie, da tanti attesa per la sua aura di misticismo e fascino ignoto, prodotta da Warner Bros e da Netflix, è composta da 10 episodi supervisionati dallo stesso Gaiman e che vedono alternarsi tra le fila attoriali dei versatili Tom Sturridge, Gwendoline Christie, David Thewlis.
L’inizio del sogno
Dissoluzione del paesaggio onirico e rappresentazione della spazialità estetica sono la convergenza ultima di una metafora narrativa indissolubile alla forma, che trasforma e manipola la diegesi attraverso le immagini cinematografiche. L’utilizzo costante e versatile di lenti anamorfiche e grandangolari, che distorcono lo spazio e lo permeano di una sensazione straniante, allucinante e metafisica verte verso la dissoluzione costante del limen visuale tra sogno e realtà. Sconfinando dalla staticità della carta stampata all’eclettismo motorio dato dall’immagine in movimento, The Sandman si carica di una polisemia ancora più pervasiva di simbolismo taciuto, di metafore concatenate alla forma stilistica e di significati che si annidano nell’accostamento di inquadrature concatenate da una struttura fondata stabile e quasi del tutto coerente con l’avanzamento diegetico seriale.
L’avvilupparsi e al contempo contrarsi della dimensione onirica con quella reale sembra mostrare una patinata corrispondenza tra il mondo finzionale proprio del cinema, caratterizzato da artifici, lenti deformanti e contrasti di luci e ombre, e quello spettatoriale, in cui i movimenti di macchina a mano, il celarsi della vera natura dei personaggi “ultraterreni” e l’affievolirsi del sogno possono rimandare ad una celata – ma forse neanche troppo – metafora sul dispositivo e sull’artefatto cinematografico.
Trascendenza, spiritualità, arte: la cristallizzazione in inquadratura della componente superiore allo scibile umano si impone senza orpelli formali, ma utilizzando semplicemente l’elegia della messa in inquadratura attraverso l’esaltazione e l’accanimento della figura di Morfeo, con contré plongeé e mezzi primi piani dal basso, ma al contempo la disillusione, la forza primordiale di un reame al di là dell’umana coscienza attraverso il contrasto tra la figura umana di Sandman – o meglio, del corpo attoriale – e l’imponente architettura inglobante del Reame dei Sogni. Un incasellamento di scatole cinesi che si rivoltano in campi prospettici afferenti, equidistanti ma sempre convergenti, costruendo la narrazione in un continuo rimando a fatti precedenti: la vita degli Eterni è inscindibile dalla loro natura mistica, il tempo degli umani si traduce in una linearità seriale che però convince e riesce a trattenere l’attenzione in un continuo rimando a situazioni che diventano l’una lo specchio e la conseguenza di quella successiva.
Sogno è un viaggiatore dell’onirico, svincolato quindi dalle leggi di vita e di morte, percependo il tempo e lo spazi umani come effimeri, veloci battiti di ciglia che portano alla dissoluzione della carne e dello spirito: il libero arbitrio dato agli esseri umani, però, porta alla concatenazioni di eventi soprannaturali in taluni casi, che devono essere riequilibrati attraverso l’intervento divino.
The Sandman: quando la forma e la narrazione convergono
The Sandman è la concretizzazione del Sogno, la maschera della ragione e la frammentazione dell’esperienza: tali elementi, almeno apparentemente, creano una commistione tale da frammentare l’espressione narrativa ed enunciativa, creando un legame fenomenologia basato sulla figura più che sulla forma e la continuità lineare dell’azione. La figura è Morfeo, centro pulsionale ed emozionale di tutta la serie: l’espressione atona di un Tom Sturridge aderente concettualmente e spiritualmente alla corporeità dell’Eterno viene attraversata da uno spettro eterogeneo di emozioni e sentimenti solo a livello oculare. Gli sguardi obliqui in macchina, i primissimi piani sui dettagli degli occhi di Sogno, oltre ad essere un riferimento costante ad elementi simbolici presenti in tutta la serie e legati al senso della vista e alla matericità dell’occhio umano, sono la cristallizzazione inconscia dei pensieri, delle pulsioni, dei sogni. Un continuo rimando freudiano che permea la trascendentale riproposizione di un leit motiv incessante, imperioso quanto mediato dallo stile e dalla messa in scena.
Scegliere tra la forma e la narrazione di The Sandman è quell’esercizio retorico in cui è difficile trovare un approdo: le due componenti probabilmente non si equiparano, la messa in scena supera di gran lunga l’impianto diegetico, e non a caso, perché la serie punta ad essere un polo attrazionale visuale; ma al contempo la narrazione di Neil Gaiman, il suo gusto trascendentale per la sovversione dell’ordine morale e la dissoluzione di quel freno morale alla coscienza limitante dell’istinto omicida dell’essere umano, si concretizzano e assumono spessore enunciativo solo incontrando – e scontrandosi – con la materia filmica. La valenza attrattiva di The Sandman si gioca su questo costante gioco di polarizzazioni, di capovolgimenti violenti della trama che, adattando i primi volumi della serie a fumetti in 10 episodi deve necessariamente deformarsi per rimanere nel canone diegetico seriale, si declina in una forma democraticamente godibile da entrambe le facce della stessa medaglia – lettori di fumetti, spettatori digiuni della serie madre.