Venezia 79 – Love Life: recensione del film di Kôji Fukada
Dal 9 settembre 2022 nelle sale italiane dopo le anteprime ai festival di Venezia e Toronto, il nuovo e intenso ritratto femminile firmato da Kôji Fukada con una Fumino Kimura in stato di grazia.
Kôji Fukada torna con Love Life dopo la definitiva consacrazione ottenuta nel 2016 con Harmonium, vincitore a Cannes del premio della giuria nella sezione Un Certain Regard, che lo ha proiettato di diritto nell’Olimpo dei registi della Settima Arte giapponese contemporanea, Kôji Fukada ha attirato su di sé l’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori al punto tale da attendere con ansia le prove successive. Prove risultate altrettanto convincenti come la serie The Real Thing e il dramma familiare A Girl Missing, che non hanno fatto altro che aumentare ulteriormente il blasone di un autore cresciuto alla corte di Kiyoshi Kurosawa e profondamente influenzato dal cinema di grandi maestri del calibro di Éric Rohmer e Marcel Carné.
Formazione e influenze, queste, che si intravedono chiaramente anche nella sua ultima fatica dietro la macchina da presa dal titolo Love Life, distribuita in Italia da Teodora Film il 9 settembre 2022 a pochi giorni di distanza dalle prime apparizioni sul grande schermo della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia e del Toronto Film Festival, laddove è stata presentata rispettivamente in concorso e nella sezione Contemporary World Cinema.
Per il suo Love Life, Kôji Fukada si è lasciato ispirare dall’omonima canzone scritta dalla musicista Akiko Yano nel 1991
Per quello che è a tutti gli effetti l’ennesimo eccezionale ritratto femminile di una filmografia ricca di perle grezze e di straordinari assoli, Fukada si è lasciato ispirare dall’omonima canzone che contenuta nell’album Love Life, pubblicato dalla musicista Akiko Yano nel 1991. Lo stesso brano che accompagna gli ultimi minuti e i titoli di coda di una pellicola che ci porta al seguito di una donna di nome Taeko, la cui vita scorre tranquilla accanto al marito e al figlioletto Keita fino a quando un terribile e tragico incidente spinge il padre biologico del bambino a tornare dopo che di lui non si avevano avute notizie per anni. Un ritorno che stravolge completamente l’esistenza della coppia, mettendone in discussione il futuro.
Il cineasta nipponico accompagna per mano lo spettatore in una storia che appassiona e commuove grazie alla sua capacità di unire leggerezza e dramma
Il cineasta nipponico accompagna per mano lo spettatore di turno in una storia che appassiona e commuove grazie alla sua capacità di unire leggerezza e dramma, che si alternano o si mescolano senza soluzione di continuità nell’arco delle due ore a disposizione. Lo fa con la grazia del tocco di una scrittura sempre misurata ed equilibrata, con il rigore formale di una messa in quadro geometrica, pulita e mai invasiva, ma sopratutto con un’attenzione costante e un amore per i personaggi principali e secondari. Il ché consente a Love Life di strappare teneri sorrisi e al contempo di bagnare le guance, di accarezzare il cuore con una piuma per poi trafiggerlo con una lama affilata. Estremi che caratterizzano la fruizione e accompagnano per mano lo spettatore di turno in un tortuoso viaggio nei sentimenti e negli stati d’animo di uomini e donne messi alla prova dall’arrivo improvviso e inaspettato di uno “tsunami”.
Love Life è un intenso ritratto femminile affidato alla bravura di una Fumino Kimura in stato di grazia
Ecco allora che il film di Fukada, oltre ad essere un intenso ritratto femminile affidato alla bravura di una Fumino Kimura in stato di grazia e in odore di Coppa Volpi, che nei panni della protagonista sfoggia una performance che manderebbe il frantumi qualsiasi termometro emozionale, affonda le radici narrative e drammaturgiche in temi cari al cineasta nipponico e ad altri illustri connazionali come Hirokazu Kore’eda e Naomi Kawase, a cominciare dall’imprevedibilità della vita, passando per la complessità dei legami affettivi e dell’elaborazione del lutto. In Love Life il tutto scorre come “magma” incandescente travolgendo pubblico e personaggi, restituendo loro emozioni cangianti e profondi spunti di riflessione.