Running with the Devil: l’incredibile storia di John McAfee – recensione del documentario Netflix

L'egocentrico pioniere della tecnologia John McAfee ha sempre amato stare sotto i riflettori delle telecamere. Questo documentario ricostruisce i suoi ultimi incredibili anni di folle latitanza.

John McAfee era una figura strana ed eccentrica, che ha permesso alle telecamere di venire ripreso in quasi ogni momento della sua fuga frenetica e paranoica dalle autorità. C’è una scena in Running with the Devil: l’incredibile storia di John McAfee – su Netflix dal 24 agosto – in cui il programmatore di computer viene circondato dalle autorità guatemalteche e dall’Interpol. Scappato dalla sua casa in Belize dopo che il suo vicino di casa è stato trovato con un colpo di pistola alla testa, McAfee è ricercato per vari motivi, primo tra tutti il suo ingresso illegale in Guatemala.

Running with the Devil recensione Cinematographe.it

Proprio quando sta per essere trascinato nel retro di un furgone della polizia, il miliardario tira incredibilmente fuori un flauto e inizia a suonarlo. Questo è solo uno degli aneddoti che compongono il documentario di Charlie Russell, un prodotto caotico ed estenuante arricchito dai filmati girati dal reporter di Vice Rocco Castoro e dal cameraman Robert King a partire dal 2012, quando si sono uniti al ricco pioniere del software antivirus la cui azienda porta il suo nome.

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Chi ha seguito anche solo lontanamente la storia di McAfee sa che non ha un lieto fine: tutto si concluderà infatti col suo arresto in Spagna e col suicidio in cella nel giugno del 2021, dopo che il tribunale del Paese aveva autorizzato la sua estradizione negli Stati Uniti per accuse di evasione fiscale. Ma l’allora 75enne si era già dato alla macchia, in seguito alla sparizione del sopraccitato vicino di appartamento Gregory Faull. Sebbene Running with the Devil non sia il primo film su McAfee a essere distribuito dopo la sua morte, è uno dei pochi che contiene filmati inediti di lui in fuga, armato di pistole, droga, varie donne e un ego pericolosamente incontrollato.

Il documentario cerca di capire chi sia esattamente McAfee e se fosse un assassino, seguendolo mentre rimbalza tra vari Paesi del mondo e mentre parla con i giornalisti e le fidanzate che ha trascinato con sé lungo il cammino. E soprattutto scendendo a patti con il suo spropositato ego: il businessman originario di Cinderford, in Inghilterra, ha sempre bisogno di controllare la narrazione di come viene percepito (“La gente dice che gli ricordo Joker. In effetti Joker è la migliore descrizione che si può fare di me”) e dei continui spostamenti da un luogo all’altro.

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Le ostentazioni individualiste del personaggio di Running with the Devil sono intervallate da interviste a chi, in quegli ultimi folli anni, gli era in qualche modo vicino. Mentre King parla in modo ammirevole di McAfee (nonostante abbia attribuito la sua paranoia ai sali da bagno che gli aveva dato), il ghost writer Alex Foster fa luce sul lato più oscuro di McAfee, sottolineando come John fosse come un virus da debellare. Con così tanti resoconti contrastanti sulla sua situazione – tra cui quello della moglie, accusata di essere stata ingaggiata da personaggi misteriosi per avvelenarlo – è difficile stabilire quali minacce siano effettivamente reali e quali siano un’invenzione del suo stato mentale.

Running with the Devil avrebbe potuto essere tranquillamente una miniserie, soprattutto perché al termine dei 100 minuti di visione il desiderio di sapere qualcosa di più sul caos esistenziale del protagonista resta immutata. Ci sono storie vere – Tiger King insegna – più strane della finzione. Una scelta di più ampio respiro avrebbe permesso a Russell, ad esempio, di approfondire le teorie cospirazioniste sulla morte di McAfee: molti ipotizzano sia stata solo una messinscena, soprattutto considerando l’ultima inaspettata frase pronunciata dalla sua ex fidanzata Samantha Herrera.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

3

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