That’s Amor: recensione del film Netflix
Una confort rom-com 'algoritmica' con protagonista una trentenne che, in un giorno solo, perde tutto, ma, grazie a uno chef, recupera il gusto della vita.
That’s Amor, lo anticipiamo prendendo in prestito le parole di un celebre, inimitabile personaggio di commedia, non è avanguardia pura.
That’s Amor: il “favoloso” disastro di Sofia che, in uno stesso giorno, perde lavoro e amore. Ma una tortilla ‘magica’ cambia tutto
La protagonista della commedia Netflix That’s Amor, disponibile sulla piattaforma streaming dal 25 agosto 2022, è Sofia, una giovane donna che, nel giorno del suo trentesimo compleanno, dopo aver svolto per due anni il lavoro di assistente in un’agenzia di grafica pubblicitaria, viene liquidata come “troppo grande” per ricoprire ancora quel ruolo. Il mondo, là fuori, t’aspetta, questo le dice il suo capo, buona fortuna e tanti saluti. Neanche il tempo di elaborare il primo fallimento che il mondo là fuori le offre subito l’occasione di un altro disincanto: l’uomo con cui viveva e progettava il futuro ha un’altra donna. Così, la nostra protagonista si ritrova a confrontarsi con l’idea che, a conti fatti, se stila un provvisorio bilancio esistenziale, in fondo non ha combinato granché.
La madre, donna di spirito e tempra, tiene molto a che la figlia non si crogioli nel momentaneo insuccesso e la spinge a iscriversi a un corso di cucina per coppie – quale coppia potrebbe essere più affiatata di quella composta da madre e figlia? – grazie al quale ritrova una conoscenza recente, Matías, chef spagnolo nuovo in città. E la vita, poco a poco, riprende sapore. Perché una tortilla non è un’omelette e, sebbene possano sembrare simili, sono la combinazione degli ingredienti e la cura nei processi trasformativi a fare la differenza.
Premesse buone di una commedia in cui non s’avverte mano umana.
Le premesse sono buone: da una commedia ci aspettiamo un garbuglio iniziale che, nel progredire della rappresentazione, si scioglie sino al lieto fine. L’avanzamento, lineare o zigzagante o per improvvise torsioni, procede sempre dal precipizio iniziale alla restituzione di una nuova felicità. Chi perde tutto, poi lo riguadagna, e spesso con maggior profitto. In That’s Amor lo schema è preservato e la nostra Sofia conosce la gioia di veder trasformato, sebbene senza approfondimento né scrupolo di rendere credibile il processo, il proprio crollo – le uova malamente rotte – in una nuova configurazione di vita, spalancata verso un futuro inimmaginato ma promettente.
Il nodo tra il disastro personale e la fragilità generazionale – nel mostro a due teste della precarietà affettiva e professionale – è inoltre presto stretto. Interessante anche notare come l’evoluzione della figura anagraficamente più adulta, in questo caso quella della madre, stia delineandosi sempre più nei rom-com come vitalissima, anziché bisbetica, con quel fondo irrinunciabile di vitalità e leggerezza con cui i personaggi più giovani faticano a entrare in contatto. Il passare del tempo, con conseguente acquisizione di un maggiore grado di maturità, sembra aiutare a ridimensionare, mentre l’ansia di afferrare la propria occasione e di vivere al massimo spesso impala i più giovani a un senso di inadeguatezza da eccesso di aspettative sulla vita e su quello che questa dovrebbe corrispondere loro.
Tuttavia, al di là di questi aspetti minimi, di laterale interesse soprattutto perché appena sfiorati dalla drammaturgia stessa del film, That’s Amor è in tutto e per tutto una commedia algoritmica, in cui non si avverte mano umana. Se è vero che i software per le traduzioni dalle lingue straniere stanno diventando sempre più raffinati e finiranno per relegare il traduttore al ruolo di mero revisore dei bug di sistema, a guardare un film del genere, la supremazia della macchina sull’uomo potrebbe essersi già allargata anche alla categoria degli sceneggiatori. That’s Amor, infatti, è un film anodino, di cui si fatica a capire la funzione se non nell’ottica di una compulsione produttiva, di una (di)scarica di stimoli senza meta e senza contenimento. La distopia, là fuori, è già qui, e non è buon segno.