Venezia 79 – The Son: recensione del film di Florian Zeller
La recensione di The Son, film di Florian Zeller con Hugh Jackman, Laura Dern e Zen McGrath, presentato in concorso a Venezia 79 e al cinema dal 9 febbraio 2023.
Florian Zeller prosegue la propria indagine sul mondo familiare con The Son, suo secondo lavoro cinematografico dopo il successo di The Father, premiato agli Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. Il suo nuovo lavoro, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2022, è tratto da una pièce teatrale firmata dallo stesso regista (come nel caso della sua opera prima), che l’ha adattata per il grande schermo con l’aiuto di Christopher Hampton, con cui aveva condiviso la statuetta in occasione del film precedente.
The Son è la storia di Peter (Hugh Jackman), uomo di successo da poco divenuto nuovamente padre con la compagna Beth (Vanessa Kirby). Mentre vive il suo sogno di entrare nel team di un senatore che punta alla Casa Bianca, Peter è richiamato ai propri doveri genitoriali quando l’ex moglie Kate (Laura Dern), che il protagonista aveva lasciato dopo essersi innamorato di Beth, gli parla preoccupata di loro figlio Nicholas (Zen McGrath). Adolescente chiuso in se stesso che condivide la casa con la madre, il giovane non frequenta più da tempo la scuola e mostra una rabbia nei confronti del mondo che preoccupa Kate. Dedito perennemente alla carriera, Peter decide di accogliere il ragazzo nella sua nuova casa, sperando di recuperare il tempo perduto con il giovane e di aiutarlo a farlo uscire dalla voragine oscura in cui si trova.
The Son: un passo indietro per Florian Zeller, che non sfrutta appieno il mezzo filmico
Zeller decide di ambientare la quasi totalità del titolo in interni, rendendo la chiusura dei personaggi prigionieri delle proprie convinzioni e incapaci di comunicare reciprocamente. In particolare Peter guarda la città dall’alto del suo ufficio, collocato agli ultimi piani di un grattacielo, lontanissimo dalla vita sottostante e dai suoi abitanti, così come lo è dal figlio, che soffre dell’abbandono e dell’assenza paterni in seguito alla sua fuga romantica. Una scelta, quella dell’uomo, presa senza valutarne le conseguenze sulle persone a lui vicine. È esattamente sulle conseguenze che ragiona il film, soffermandosi soprattutto sui risultati delle azioni, piuttosto che sul loro compimento: non ci vengono mostrate le origini dell’amore fra Peter e Beth; non assistiamo a Nicholas nell’atto di provocarsi tagli, vedendone solamente le cicatrici; l’incontro fra Peter e il senatore avviene dietro a una porta chiusa, ma comprendiamo che il politico ha deciso di accoglierlo nella propria squadra. La sensazione di una vita vissuta nel suo presente arriva solo nei flashback, gli unici del film, dedicati ai momenti passati insieme da Peter e Nicholas durante l’infanzia di quest’ultimo; un tempo che appare remoto, durante il quale l’unione fra padre e figlio era grande quanto la distanza che invece ora separa i due.
Come nel caso della sua opera prima, Zeller trasforma un racconto nato per il teatro attraverso il linguaggio filmico. Nel caso di The Father, il regista usava il mezzo cinematografico per rendere il senso di spaesamento dell’anziano protagonista affetto da demenza senile (a interpretarlo era Anthony Hopkins) con una messa in scena che apriva le porte alla vita del personaggio con frammenti di immagini. Un’intuizione che giustificava l’adattamento e che dimostrava come l’autore francese volesse sfruttare gli strumenti concessi dalla settima arte nel passaggio dal palcoscenico allo schermo. Rispetto a quanto fatto in quell’occasione, The Son appare come un passo indietro per il regista. Gli approcci sopracitati aggiungono poco a quanto non fosse già presente nella rappresentazione teatrale e una piattezza generale grava sulla direzione di Zeller, complice una fotografia patinata all’inverosimile e una macchina da presa che fa ben poco oltre a piazzarsi ferma, asettica, nella stanza per catturare fissamente i drammi dei personaggi. Hugh Jackman mette tutto se stesso nei panni di un genitore che lotta per non lasciarsi sfuggire il figlio tra le mani, trovandosi a ragionare a sua volta sul proprio ruolo di figlio, ma l’attore australiano non ha la forza di un Anthony Hopkins (presente nel film nei panni del padre di Peter) per sopperire a una regia tanto sbiadita.
Hugh Jackman è il volto della fragilità paterna di fronte all’incubo della depressione
A salvare The Son è principalmente un soggetto che dipinge l’ineluttabilità della depressione, che inghiotte lenta ma inesorabile le proprie vittime come sabbie mobili. Zeller, nelle vesti di regista, fa però poco per dare al materiale di partenza ragione di esistere sul grande schermo, facendo il minimo indispensabile sapendo di poter contare su un cast selezionato con intelligenza e un tema che riesce facilmente a colpire come un pugno allo stomaco. Ritraendo quello genitoriale per il lavoro difficile che è, costellato di sensi di colpa e di continue messe in discussione delle proprie scelte, il titolo saprà certamente toccare le corde dei cuori di molti spettatori, ma non può fare a meno di deludere per il suo ridotto valore cinematografico, incapace di liberarsi totalmente dalla propria derivazione teatrale.
Nelle sale italiane grazie a 01 Distribution a partire dal 9 febbraio 2023, The Son vede un cast composto da Hugh Jackman, Laura Dern, Vanessa Kirby, Zen McGrath, Anthony Hopkins e Hugh Quarshie. Accanto al regista, nell’elenco dei produttori figurano See-Saw Films e Inthevoid Production.