Prisma: recensione della serie TV Amazon Original

Prisma è una serie TV Amazon Original che racconta, nella Latina di oggi, le identità mutevoli e le aspirazioni di un gruppo di giovani. Dal 21 settembre 2022 su Prime Video.

Grande è la confusione sotto il cielo di Latina, tutto va bene. Il punto è che Prisma, la serie TV Amazon Original scritta da Alice Urciolo e Ludovico Bessegato (che dirige anche) dal 21 settembre 2022 su Prime Video, punta scopertamente sulla non definizione degli orientamenti e delle identità. E si è parlato di confusione, ma confusione non è il termine corretto per descrivere la situazione, a meno che non lo si interpreti in modo giocoso e libero, ma quante volte succede? Fluidità, ecco, di questo si dovrebbe parlare. Ora, la serie sceglie di raccontare l’identità dei suoi personaggi in maniera fluida e aperta al cambiamento e non lo fa per calcolo opportunista o perché non sa dove andare. Semplicemente, così è perché così vanno le cose. Il mondo e le persone sono sempre stati fluidi, ma forse soltanto ora cominciamo ad accorgercene. Tutti o quasi.

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Non è un caso che la serie abbia come sfondo una città come Latina, perché c’è un discorso neanche troppo sotterraneo da fare sul patriarcato e su come il patriarcato determini rigidamente il posto e il ruolo (di genere ma non solo) occupato da ciascuno e ciascuna all’interno della società. Quello di Prisma è un affresco generazionale che racconta delle aspirazioni, degli orientamenti, dei bisogni e dei labili confini dell’identità di un gruppo di ragazzi e ragazze di oggi. Nel cast, Mattia Carrano, Lorenzo Zurzolo, Caterina Forza, Chiara Bordi, LXX Blood, Matteo Scattaretico, Zakaria Hamza e tanti altri. I protagonisti sono una coppia di gemelli, Marco e Andrea, entrambi interpretati da Mattia Carrano.

Marco, Andrea e chi gli sta intorno. Questo è il mondo di Prisma

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Mattia Carrano, esordiente, si è scelto una bella gatta (professionale) da pelare con Prisma, che si compone di 8 episodi ed è stata presentata in anteprima mondiale Fuori Concorso al 75° Locarno Film Festival. Marco e Andrea, entrambi Carrano, strana coppia di gemelli diversi. Riflettono differenze e affinità con perfetta disinvoltura, completandosi e contraddicendosi in ogni cosa, piccola e grande. Marco è quello che, a tutta prima, sembra avere le maggiori difficoltà a inserirsi nella vita. Timido e introverso, ha un passato recentissimo da promessa del nuoto, ora un presente un po’ appannato per via di una brutta ferita al braccio che non si risolve del tutto. Il principale avversario di Marco in vasca è Daniele (Lorenzo Zurzolo), che sembra aver trovato agevolmente il suo posto nel mondo. Daniele piace alle ragazze, piace molto a Carola (Chiara Bordi), non ricambiata. Questo la fa soffrire.

Di Carola è innamorato e pure parecchio Marco, che però quando la vede ammutolisce e non si decide a parlarle. Per due anni circa, assiste impotente al naufragio del suo amore irrisolto, abbastanza inquietante come cosa, poi un giorno Carola decide di attaccar bottone, chissà perché. Il punto è che Daniele sembra irragiungibile e forse lo è davvero, almeno dal punto di vista sentimentale. Musicista in erba, da qualche tempo chatta con una ragazza misteriosa della quale è incredibilmente preso e i contorni opachi della cosa aumentano, è facile capirlo, la sua attrazione. Daniele non ha un buon rapporto con Marco, va più d’accordo con il gemello Andrea.

Andrea è il più difficile da leggere per chi gli sta intorno, perché sembra aver raggiunto una sintonia con il mondo che lo circonda che non fa pensare a conflitti e spazi irrisolti. Invece. Andrea ripete l’anno, le motivazioni non strettamente curriculari, la faccenda non sembra colpirlo granché se non per l’inevitabile senso di distacco indotto dalla separazione dal fratello. Almeno, la cosa non sembra disturbarlo troppo fino al momento in cui entra in classe Nina (Caterina Forza), la ragazza che qualche tempo prima aveva sorpreso a letto con la sua ex, Micol (Elena Falvella Capodaglio). Andrea e Nina sembrano lontani anni luce per carattere, orientamenti vari, modo di affrontare le cose e tutto il resto. Invece la loro amicizia è un muro portante di Prisma. Entrambi coltivano un’identità meravigliosamente articolata dietro un’apparenza tutto sommato definita. Nina, in particolare, col suo carattere agguerrito e la sua sicurezza, nasconde angoli di vulnerabilità. Andrea ha molte cose da raccontare, le tiene segrete perché ha paura di non essere capito. Latina, il patriarcato, l’identità sfuggente. C’è molto da dire.

Identità fluide, città fluida. Prisma ha cura di definire la relazione tra i personaggi e l’ambiente

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Non si gira molto a Latina e dintorni e il fatto di aver trovato il modo di entrarci dentro per tirarne fuori un bel nucleo di significati, è un merito di Prisma. Gli autori, che l’hanno girata in lungo e in largo, affermano di aver colto nel tessuto urbano di Latina tracce allo stesso tempo in perfetta armonia e in contraddizione con il percorso e il modo di concepirsi dei protagonisti. Latina nasce in epoca fascista e il fascismo, lo sappiamo, immagina una società rigidamente patriarcale e non tollera ambiguità quando si parla di ruoli e genere. Ma Latina è anche, al di là dello stereotipo di feudo fascista e retrogrado, una città anomala, senza centro e periferia, con un enorme grattacielo lì nel mezzo e intorno niente che gli somigli. Latina che cambia nome tre volte (Littoria, Latinia e poi Latina) e tante volte cambia strada, città fluida per identità fluide, si impone come rappresentazione plastica del processo di scoperta del sé dei giovani protagonisti di Prisma.

Che non si definiscono, perché è nella non definizione e nell’indeterminatezza consapevole che colgono il senso più autentico dell’identità, un naturale e costante dinamismo. Tutto cambia continuamente in questo racconto di formazione che si lascia guidare dalle sfumature. Ma è proprio l’assenza di punti di riferimento a costituire, per forza di una contraddizione poetica ma che in molto faticano a cogliere oggi, il punto di riferimento. Marco, Andrea, Nina, Carola e tutti gli altri e le altre sono vivi perché si muovono, perché hanno paura e non hanno le idee chiare, ma allo stesso tempo non rifiutanto la fluidità delle aspirazioni e dei bisogni. Ha ragione Ludovico Bessegato quando invidia ai giovani d’oggi una naturale disponiblità e libertà del vivere che prima non c’era. Prisma racconta la normalità che si scompone in tante piccole particolarità che solo una lettura disattenta delle cose ha banalmente liquidato come diversità. Sceglie da che parte stare ma senza tirar su un santino Lgbtqia+, la vera forza politica di un racconto sull’oggi sta nella sobrietà dell’approccio. La normalità va raccontata normalmente. Questo Ludovico Bessegato e Alice Urciolo l’hanno capito bene.

Vengono da una palestra di qualità, Skam Italia, nata da una costola dell’insuperabile e originale Skam Norvegia che, ricorda Bessegato, oggi vale la pena di raccontare come la migliore serie teen di sempre, per la complessità autoriale e la serietà con cui approccia, senza paternalismi e senza ruffiana vicinanza, il mondo giovane. Gli autori affermano di aver tentato di realizzare, con Prisma, un’operazione che fosse, in materia, totalmente italiana e sinceramente originale. Presto per tirare le somme, la recensione copre solo i primi due episodi e forse, per una serie che ingaggia una relazione così aperta e onesta col cambiamento, è un po’ poco. Si possono sottolineare alcune cose. L’eleganza della messa in scena, il dialogo costante tra l’interiorità dei personaggi e il contesto, l’ambiente, lo sfondo inconsueto. La musica, che è vera protagonista e si svelerà via via. Vedremo come proseguirà il discorso, per il momento si fa notare una certa schematicità nel definire in partenza la psicologia dei personaggi che dovrà necessariamente evolvere in qualcosa di meglio e di diverso, man mano che la storia procede. La franchezza e la semplicità dei toni è comunque incoraggiante.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3