Quel posto nel tempo: recensione del film sull’Alzheimer con Leo Gullotta
Quel posto nel tempo è il film del regista italiano Giuseppe Alessio Nuzzo (Le verità) che, avvalendosi del supporto di Eitan Pitigliani, ha curato anche la stesura della sceneggiatura. L’obbiettivo che l’autore si pone con quest’opera non è banale: tenta di portare in scena il dramma dell’Alzheimer.
Per la realizzazione di questo progetto, si è avvalso di un cast composto da attori di riprovata esperienza, come Leo Gullotta (Nuovo Cinema Paradiso) e Giovanna Rei (La piovra), al quale sono stati affiancati dei giovani interpreti come Beatrice Arnera (Addio fottuti musi verdi) ed Erasmo Genzini (Che Dio ci aiuti). Prodotto da Eduardo e Giuseppe Angeloni per AN.TRA.CINE, in associazione con Ferone Pietro Srl, il film arriva in sala dal 21 settembre 2022 (in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer) e sarà successivamente disponibile in streaming grazie a Nexo Digital.
Quel posto nel tempo: la malattia e il viaggio
Protagonista della vicenda narrata da Quel posto nel tempo è Mario (interpretato da Leo Gullotta), un direttore d’orchestra oramai in pensione che vive ritirato in un resort di lusso nel sud dell’Inghilterra. È affetto da Alzheimer da diverso tempo e, a causa del morbo, è spesso assalito dai suoi stessi ricordi. Al di fuori di queste crisi, poi, la sua memoria diviene sempre più frammentaria e confusa.
La sua vita è condizionata dalla paura che la malattia arrivi a cancellare completamente il suo passatto. In particolare, è terrorizzato dall’idea di scordarsi di sua moglie Amelia (Giovanna Rei), morta anni prima, e di sua figlia Michela (Beatrice Arnera), con la quale vorrebbe riconciliarsi.
Il dramma della malattia
Come si è accennato nel primo paragrafo, il principale scopo di Quel posto nel tempo è quello di esporre il dramma che sono costretti a vivere gli affetti dal morbo di Alzheimer. Per ottenere questo risultato e per generare empatia nel pubblico, l’autore sceglie di costruire una struttura narrativa complessa, capace di riflettere la maniera in cui la persona malata percepisce il mondo. Fa infatti ampio utilizzo di flashback, che spezzano la continuità temporale e rendono di difficile lettura la vicenda.
Perdono di senso concetti apparentemente solidi come presente e passato, reale e immaginario. La mente di Mario non è più in grado di distinguere i confini che separano questi mondi e finisce per perdersi. Nel viaggio fisico e spirituale che compie durante la pellicola, il protagonista è chiamato a lottare contro questo male, che assume sempre di più le sembianze di un inesorabile destino.
Purtroppo, il dramma è reso meno efficace da una sceneggiatura non all’altezza. Questo è evidente specialmente durante i dialoghi: poco ispirati e spesso piuttosto didascalici, finiscono per ridimensionare il dramma umano dei personaggi. Le battute, più adatte alla tragedia teatrale che al cinema, rendono infatti irreali e afosi gli scambi, che avrebbero invece giovato da una scrittura più vicina al linguaggio popolare.
Musica e luce
Nella costruzione della messa in scena di Quel posto nel tempo, grande importanza è data alla fotografia e alla colonna sonora. Questi strumenti tecnici sono utilizzati per trasmettere in chiave sensoriale la condizione del personaggio interpretato da Leo Gullotta. La scelta di lasciare fuori fuoco ampia parte dell’inquadratura, specie nei momenti di flash back, suggerisce efficacemente lo svanire della memoria; al contrario, la musica è rappresentata come la principale difesa di Mario, che tramite di essa riesce a tornare in contatto con i propri ricordi.
Meno ispirata è invece la gestione della luce, che inonda la scena e costruisce una patina intorno ai soggetti inquadrati. Il risultato è più barocco che elegante e finisce per appesantire l’estetica della pellicola. Un film il cui tema è anche quello della perdita della memoria avrebbe probabilmente giovato da un utilizzo più consapevole delle zone d’ombra, che in Quel posto nel tempo sono invece escluse quasi totalmente dalla scena.
Conclusioni
In ultima analisi è possibile descrivere Quel posto nel tempo come un’operazione coraggiosa, che non è riuscita a pieno in tutti gli obbiettivi che si è posta. In particolare, nonostante un impianto narrativo complesso e ben strutturato, l’opera cerca troppo spesso rifugio in formule tradizionali. La scrittura di stampo classico, di fatti poco adatta al tipo di progetto che si stava costruendo, è il più chiaro esempio di questa tendenza.
Una maggiore adesione alla matrice sperimentale del progetto lo avrebbe reso forse più complesso e, di conseguenza, indigesto per il grande pubblico. Avrebbe però garantito all’opera un maggiore valore artistico e, allo stesso tempo, avrebbe contribuito alla rappresentazione corretta della condizione di chi è afflitto da Alzheimer.