La Casa Delle Bambole: recensione del film Netflix
Arriva in streaming il thriller horror di Laugier: una madre e le sue due figlie si riuniscono, ma le cose prendono una strana piega
La Casa Delle Bambole, il film di Pascal Laugier del 2018, arriva su Netflix il 7 ottobre 2022.
Cos’è la paura? E anzi, meglio: cosa fa paura? Per sir Alfred Hitchcock, signore assoluto e incontrastato del cinema (e solo conseguentemente del giallo), il meccanismo del thriller perfetto si costruiva intorno al McGuffin, oggetto o evento utilizzato come espediente narrativo, di per sé irrilevante o insignificante ma che serve per fornire una motivazione alle azioni dei personaggi.
Ecco cosa vedere su Netflix ad ottobre 2022!
Per Pascal Laugier invece la risposta è differente. Perché per il regista di Ghostland- La Casa Delle Bambole la paura non sta nell’attesa dello svelamento, ma lo svelamento stesso
Uno sguardo nel buio
Se partiamo da Martyrs, la sua folgorante opera seconda del 2008, e continuiamo con I Bambini di Cold Rock fino ad arrivare a La Casa Delle Bambole, è chiaro che per lui è fondamentale mostrare tutto, senza celare nulla, e far risiedere in quel tutto il senso dello sguardo e la natura della violenza come mezzo espressivo di una sfacciata, oscena catarsi sociale.
È proprio la mancanza del sottinteso che firma i suoi film: ed è su questa assenza/presenza che lo sguardo critico trova i suoi pro e i suoi contro.
Che poi, la sua poetica non è neanche tanto una novità: i suoi padri putativi riconosciuti e ammessi sono Dario Argento e Mario Bava, che certo non nascondevano niente all’occhio dello spettatore (semmai, quest’occhio lo volevano ingannare).
Il suo è un cinema che si aggroviglia intorno ad un concetto chiave, ovvero la crudeltà di un oscuro scrutare che non lascia scampo, e quindi a cascata le estreme conseguenze della violenza messa in scena come atto metafisico.
La Casa Delle Bambole è raffinato e contorto allo stesso tempo, estremo ed elitario, compiaciuto e ricercato nel suo essere ostinatamente una visione non certo alla portata (dello stomaco) di tutti, ma ben definito nelle sue ossessioni.
Il doppio dello spavento
È il cinema del doppio, già esplorato con la crudele asperità di Martyrs, che doppia la personalità, i piani di lettura, i piani di realtà, il significato dell’atto fisico in sé per sé. Poi Ghostland vuole sviare fin dalla doppiezza fuorviante del titolo: perché l’opera numero quattro di Laugier non parla certo di fantasmi – o quantomeno, non di quei fantasmi che ci si aspetta in un film horror. Ma svia anche attraverso l’utilizzo non lineare del tempo.
Indie horror: ecco i film migliori!
Senza spaventarsi o arretrare i fronte a nulla, La Casa Delle Bambole parla del potere allucinatorio del sogno, e di quanto seducente possa essere i desiderio: in un efficacissimo sovraccarico sensoriale, il film di Laugier è costruito con intelligenza per continui detour che agganciano lo spettatore e lo spingono in curve drammaturgiche avventate, così importune da coadiuvare il disagio da perturbamento a cui Laugier punta.
I quadri logici cambiano riferimento in continuazione, un po’ come succedeva con Martyrs e come accade anche a metà de I Bambini di Cold Rock: ad ogni sequenza il film sembra ricominciare daccapo, aggiungendo uno schema sempre più difficile ogni volta che arriva a compimento quello precedente.
E centrando tutto (il divertimento, il significato) sulla reale chiave di lettura del film, ovvero la rimozione. Meccanismo sfuggente e delicato della mente umana, che nel rimpiattino con l’alienazione tiene vivo, dentro ognuno di noi, quel confine labilissimo tra realtà e follia.
Sempre che quel confine esista ancora.