The Walking Dead – stagione 11: recensione del pilot della parte 3
Si ritorna negli Stati Uniti post apocalittici di The Walking Dead con "Lockdown", un episodio tranquillo e di transizione
Cosa può ancora raccontarci The Walking Dead? Dopo undici stagioni la serie tratta dal fumetto di Robert Kirkman si incammina verso il finale, ma molto è stato perso strada facendo. Il 3 ottobre è uscito su Disney+ Lockdown, l’episodio che dà inizio alla terza parte e alla fine della storia. Fin da subito ci sembra chiaro l’intento della produzione, quello di dar forma ad una puntata che funga sia da punto di transizione sia da prologo. Tuttavia, il risultato non è dei migliori. Il racconto rimane vincolato ad una formula ormai rodata dallo show. Viaggiamo su una sufficienza contenutistica, il tanto per proseguire e concludere la serie il prima possibile. Nessun guizzo registico o di scrittura, fino ad arrivare ad un cliffhanger da manuale.
Leggi anche The Walking Dead – stagione 11: recensione del mid-season finale
In virtù di ciò, cosa ci racconta The Walking Dead se non il declino di una serie che, allontanandosi ampiamente dal materiale originale, ha smarrito la propria identità e forza. Siamo duri, questo è certo, ma come non si può non esserlo dopo una relazione lunga una decade in cui solo una delle due parti ha dato tutto. Parliamo ovviamente del pubblico, rimasto fedele allo show fino ad oggi. Dopo un po’, quella con The Walking Dead è diventata una relazione a senso unico e Lockdown ne è l’ennesima dimostrazione. Tra ammiccamenti alla pandemia (quella reale) e strascichi di un vecchio retaggio, la produzione è finita con il snaturare i propri personaggi, a partire dal Negan di Jeffrey Dean Morgan.
Arrivati a questo punto il paragone con il fumetto è d’obbligo. Kirkman è riuscito a donare alla propria opera un finale potente, inaspettato e commovente. Ogni tassello della storia ha condotto a quel momento, a quelle ultime pagine in cui il nuovo mondo sognato da Rick Grimes ha iniziato a prendere vita. Siamo lontani da tutto ciò e più vicini ad un procedural che si trascina stanco da troppo tempo, avvezzo ad arrestare la propria corsa. La serialità televisiva è un mondo fantastico e crudele. Bisogna saper ascoltare e di conseguenza capire quando fermarsi. Detto questo, addentriamoci all’interno del diciasettesimo episodio di The Walking Dead.
The Walking Dead e le basi del dissenso
C’è sempre un nemico da combattere per i protagonisti di The Walking Dead, un despota da deporre a favore di un mondo migliore. Arrivati nel Commonwealth ci è stato subito ben chiaro che qualcosa non andava, e quel qualcosa è la politica di Pamela Milton. In realtà, nell’oscurità si è messo un altro personaggio, il Lance Hornsby interpretato da Josh Hamilton. Quest’ultimo è una figura fin troppo stereotipata per poter competere con villain del calibro del Governatore o di Negan, eppure è quello che il team di sceneggiatori ha scelto per noi.
Come dicevamo Lockdown riprende esattamente da dove l’avevo lasciato la serie nella seconda parte. Maggie, Daryl, Aaron, padre Gabriel, Negan e consorte sono in fuga dalle truppe assoldate da Hornsby, mentre nel Commonwealth iniziano i primi dissensi verso l’amministrazione di Pamela Milton. La donna deve fare i conti con un omicidio, il cui colpevole agli occhi della popolazione è proprio il figlio, il viziato e insopportabile Sebastian. Nel mentre Carol in versione babysitter deve fuggire dagli scagnozzi di Hornsby, intenzionati a rapire lei e i figli dei protagonisti per far leva sui ribelli.
Insomma, niente di straordinario per The Walking Dead. Il canovaccio è sempre lo stesso, senza neanche qualche guizzo registico o narrativo. Il tutto fila liscio in modo semplice, la nostra è questa una visione apatica, passiva, ci siamo già passati. Tuttavia, qualcosa ci fa storcere il naso a più riprese, ed è ancora una volta Negan. Un personaggio di una certa caratura è divenuto una semplice macchietta. Diverso è il destino riservato alla sua controparte cartacea, ma gli sceneggiatori della serie hanno deciso di non proseguire tale strada e di dargli una vesta diversa, quella del marito e futuro padre. Ed è qui che la produzione compie un passo falso, come se la redenzione potesse passare solo attraverso una relazione o la paternità.
Lockdown tra realtà e finzione
L’episodio non si ferma qui e punta a facili parallelismi con la realtà. Come si può evincere dal titolo si parla di quarantena, di un lockdown del Commonwealth in vista dell’arrivo di un’orda di camminatori. Gli zombie diventano la metafora del Coronavirus, del virus e i poveri cittadini devono sottostare alle rigide leggi del coprifuoco in via del tutto precauzionale. Speravamo che un tale confronto non arrivasse, o almeno non in un modo così facilone. The Walking Dead è diventata una copia sbiadita di sé stessa, in cui la moltitudine di personaggi grava pesantemente sul racconto; esattamente come in un procedural di lunga data. Le idee sono terminate? Sembra proprio di sì.
Il fumetto, quanto la serie al suo esordio, si è conformato come un laboratorio comportamentale sui risvolti di un’apocalisse in un contesto definito, quello statunitense. Robert Kirkman ha fuso Mad Max con La notte dei morti viventi. La figura dello zombie non era fine a sé stessa, si faceva metafora della paura dell’altro, del diverso e grottesco. Oppure, secondo una via più ambientalista, gli zombie sono la diretta conseguenza delle azioni dell’uomo sulla natura, aberrazioni nate dalla nostra sfrontatezza. Sono molte le interpretazioni che possiamo dare, ed era proprio questo il fulcro, aprire un dibattito. Molto di tutto ciò è stato lasciato in disparte a favore di una narrazione mainstream.
Certo è che il vero fulcro della storia è l’essere umano e dove possa spingersi in un mondo senza regole, tra fame e sopravvivenza. Con Lockdown assistiamo ad una atrofizzazione del dibattito, ma siamo pur sempre all’inizio della terza parte e dobbiamo ancora scoprire cosa The Walking Dead abbia in serbo per noi. A tal proposito sorge spontanea un’altra domanda, senza Rick e Carl Grimes a fare da collante il finale avrà la stessa forza del fumetto? Ovviamente speriamo di sì, ma visto il punto di partenza la risposta non è certa. In conclusione Lockdown non è un brutto episodio, realizzato male o con una pessima CGI – qualcuno ha detto She-hulk? – semplicemente è una puntata senza spirito. Da spettatori fidelizzati non possiamo far altro che sperare in un cambiamento di rotta nei prossimi episodi, in qualcosa che possa ricordarci perché siamo arrivati fino a qui e cosa ci aveva emozionato.
Gli episodi della terza parte dell’undicesima stagione di The Walking Dead vengono rilasciati a cadenza settimanale su Disney+ a partire dal 3 ottobre.