Roma FF17 – In a Land That No Longer Exists: recensione del film di Aelrun Goette
La pellicola, tra i titoli in concorso nella sezione Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma 2022, è il particolare debutto al cinema di finzione di Aelrun Goette, un racconto poetico dall'evidente potenziale inespresso.
In a Land That No Longer Exists (in tedesco, In einem Lands, das es nicht mehr gibt) è il debutto alla regia di un film di finzione sul grande schermo da parte di Aelrun Goette, film-maker che durante la sua carriera si è occupata di serie televisive e documentari. Questo nuovo progetto, che ha delle importanti radici biografiche, è ambientato durante i primi mesi post caduta del Muro di Berlino con una ragazza che scopre improvvisamente il mondo della moda e ne rimane rapita.
In a Land That No Longer Exists è un lungometraggio dal taglio riflessivo e malinconico, che riflette su più elementi, il più importante dei quali è la difficile convivenza in una società in perenne trasformazione che però soffre ancora di alcuni limiti legati al passato. La film-maker ha scelto in particolare il mondo della moda per ambientare e caratterizzare la sua storia che purtroppo non riesce appieno a coinvolgere gli spettatori a causa di una caratterizzazione dei personaggi non sempre centrata e una regia che funziona a tratti, non riuscendo sempre a raccontare i temi del progetto. Il film è in concorso alla Festa del Cinema di Roma 2022.
In a Land That No Longer Exists: un’interessante affresco dell’industria della moda
In a Land That No Longer Exists vede come protagonista Suzie Schulz (Marlene Burow) una giovane sognatrice che vive insieme alla sorella minore Kerstin (Zoé Höche) e al padre Klaus (Peter Schneider). Dopo aver perso la madre, Suzie fa la sua scelta: vuole studiare e avere un futuro, in una Germania che propone tanti cambiamenti dopo la caduta del Muro. Tutto però crolla quando viene costretta dalla Polizia a lavorare in una fabbrica socialista a causa di un libro controverso che le hanno trovato in borsa. Da quel momento il suo destino cambia, ma a quanto pare la fortuna sta per riservarle una grande sorpresa.
Molto casualmente, infatti, la giovane viene fotografata, finendo in copertina sulla nota rivista Sibylle, entrando in poco tempo nel mondo della moda, un universo spietato, ma inizialmente accogliente. Proprio all’interno del lungometraggio viene fornito un’interessante affresco di questa industria, dove il bello è l’essenza più pura e importante e nulla è lasciato al caso. Una dimensione che, a livello narrativo, viene descritta nei minimi particolari, raccontando delusioni, ambizioni, trionfi e possibilità, un luogo di rinascita, ma anche di dannazione. In particolare, proprio parlando di questo tema, viene fatta una divisione fondamentale.
All’interno di In a Land That No Longer Exists, infatti, vengono rappresentati due modi per ricercare l’estetica e la bellezza: quello dell’azienda dove finisce a lavorare la protagonista, più canonico, rigoroso che deve essere in linea con i dettami del governo; e poi quello perseguito da un gruppo di ragazzi sovversivi della company che invece propongono una libertà artistica senza precedenti, ma pericolosa e distanza dai circuiti ufficiali. La ragazza viene chiamata a scegliere questi mondi, ma non è difficile arrivare ad una decisione, specialmente in quegli anni di trasformazione in cui però rimaneva ben saldo il controllo sovietico.
Ecco che quindi il copione intelligentemente utilizza la moda come pretesto per parlare di libertà personale e culturale ed in particolare quando questa viene meno a causa di una manipolazione esterna. Tante riflessioni si possono fare in risposta alle tematiche che vengono presentate dal lungometraggio, ma purtroppo nessuna di queste viene approfondita in maniera precisa e puntuale. È come se si volesse dare molto spazio a più contenuti di largo respiro, senza però tenere conto che inevitabilmente bisogna inserire il tutto in una struttura ordinata, sennò si rischia di lasciare troppi buchi scoperti a livello contenutistico.
In a Land That No Longer Exists: tanti spunti che rimangono insoluti
Tale aspetto si avverte, all’interno di In a Land That No Longer Exists, anche nella regia. È evidente che Aelrun Goette abbia tanta esperienza alle spalle: lo si nota dalla tenerezza in cui inquadra la relazione tra la protagonista e la sorella minore, ma anche quando decide di spingere sull’acceleratore e caricare lo schermo di immagini altamente metaforiche e simboliche, peccato che però tutto questo è realizzato ad intermittenza, con alcuni momenti del lungometraggio che sia a livello registico che narrativo non seguono una linea chiara e comprensibile.
Detto questo, è evidente che la regista abbia investito tutta la sua energia artistica e registica per la creazione della sequenza finale del progetto che riesce ad incarnare, finalmente, il senso e il significato profondo del titolo, una ribellione contro il sistema e contemporaneamente una sfida generazionale contro un mondo in perenne cambiamento ed evoluzione. Ritornando alla sceneggiatura, anche in questo caso c’è un elemento che sembra funzionare solo a metà, ovvero la caratterizzazione dei personaggi. La scelta è ricaduta su una costruzione ambigua e non risolutiva dei vari primari e comprimari della storia.
Non ci sono quindi figure nette e delineate e questo è un elemento sicuramente affascinante e molto significativo perché sottintende che i personaggi del lungometraggio si sentano incompleti, imperfetti, frammentati. Purtroppo, però, quella che sembra una voluta incertezza narrativa va a minare in realtà il racconto, non perfettamente a fuoco proprio perché privo di direzioni chiare e passaggi ben definiti soffrendo dell’incompletezza dei vari personaggi che si alternano in scena. Ottima prova attoriale della giovane Marlene Burow che evoca degnamente i turbamenti e le indecisioni di Suzie alla strenua ricerca di un posto nel mondo.
In a Land That No Longer Exists parte da un periodo storico ben definito per narrare le difficoltà, i fallimenti e le battaglie di una generazione che si è trovata di fronte ad una mutazione epocale. In particolare, a livello contenustico, viene usato il mondo della moda come espressione del cambiamento giovanile, uno spazio promettente, ma anche tossico. Se dal punto di vista narrativo, i personaggi non sono perfettamente calibrati e ciò va a colpire anche l’integrità della storia, sul piano registico non tutto funziona a dovere, con solo alcune sequenze che riescono ad esprimere pienamente il significato più puro e intenso del progetto.