The Devil’s Hour: recensione della terrificante serie TV Prime Video
Lucy Chambers è una donna che inconsapevolmente è al centro di una complessa trama mistery, dai contorni horror...
The Devil’s Hour è la serie prodotta da Steven Moffat e ideata da Tom Moran, disponibile dal 28 ottobre 2022 su Prime Video.
Questa è la storia di Lucy, che ogni notte si sveglia alle 3.33 e trova suo figlio Isaac di otto anni in giro per la casa. Il bambino ha dovuto affrontare il divorzio dei genitori, e adesso mostra gravi segni di squilibrio: parla da solo, ha comportamenti insoliti, resta immobile per ore ed ore a fissare chissà cosa, inizia allora ad incontrare una psichiatra infantile.
The Devil’s Hour: una serie, tante storie
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Ma è anche la storia di Lucy Chambers seduta in una sala interrogatori a parlare con un misterioso serial killer che la interroga sulla sua vita mettendo in dubbio le sue certezze, sgretolando ogni cosa che lei pensa di sapere su chi è, su dove è e su quando è. Ma come è arrivata là? E perchè?
È la storia di due detective che si ritrovano ad indagare su una serie di misteriosi omicidi, e più vanno avanti nell’indagine, più si trovano a camminare su un terreno scivoloso, incerto, dove niente è quello che sembra.
Ed è la storia di una donna che soffre di disturbi della personalità, nonostante viva sola in casa con sua figlia Lucy.
The Devil’s Hour non riesce a fare a meno di imprimere il suo stigma in una storia oscura e realmente terrificante: lo show ha infatti una trama robusta che si intreccia in mille sottotrame, tutte legate saldamente insieme da un filo logico imperscrutabile ma ben evidente sullo sfondo.
Dal canto suo, Moran crea un affresco corale incredibilmente affascinante e assolutamente inedito: un horror che sfuma nel sovrannaturale, certo, ma con sprazzi di follia e inquietudine che lo rendono davvero unico nel panorama seriale moderno.
Una serie terrificante
Su tutto, lo sguardo allucinato e ipnotico di Peter Capaldi che buca lo schermo: e confonde chi guarda, perché The Devil’s Hour si diverte ad infrangersi in mille pezzi di uno specchio, ed ognuno riflette solo una parte di un’unica immagine di cui abbiamo difficoltà a scorgere i contorni. La serie si trasforma continuamente, le storie sembrano travasare una dentro l’altra con naturalezza nonostante il mistero si condensi ad ogni episodio sempre di più.
“Non tutto quello che vediamo è reale”, dice Lucy al figlio Isaac: ed è una frase paradigmatica che sembra rispecchiare lo sguardo di Capaldi, lucido e folle allo stesso tempo, uno sguardo al centro di una metafora potente ed evocativa sulla centralità della visione in un’opera che inganna continuamente lo spettatore, in maniera lucida e sottile.
Moran è libero di sbizzarrire la sua vena creativa nella maniera più sfrenata immaginabile: e allora contamina la sua storia sconfinando tra i generi, passando senza soluzione di continuità dal crime al thriller alla fantascienza al procedural fino al giallo psicologico.
The Devil’s Hour ha un’andatura sinuosa e affascinante, e oltretutto una caratteristica non da poco: fa paura, ma davvero.
In particolare: le sequenze con Isaac sono realmente, incredibilmente disturbanti quando non agghiaccianti.
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The Devil’s Hour: un mix di paura, indizi e misteri
La narrazione accumula indizi, dettagli celati, suggestioni nascoste, protagonisti centrati e identità nascoste ma tutto sempre con intelligenza e senza mai sbandare o creare sovraccarico: tutto è in perfetta sintonia con la trama, anche se solo al termine del sesto episodio riusciremo a capire (forse) e a trovare una soluzione ai tanti misteri che affollano lo show.
Il puzzle è estremamente difficile da ricostruire, e magari aver dimestichezza con le dimensioni parallele che si ripiegano su sé stesse -magari anche con le atmosfere dell’ormai mitico Dark- può aiutare.
Senza dire che gli attori sono tutti magnifici, e ritratti con una fotografia sempre precisa e di enorme valore stilistico.
Insomma, tanti stili e tante suggestioni non certo nuovissime, che si fondono insieme per un risultato innovativo. Come a dire: la somma è maggiore dei singoli addendi.