Perfetta illusione: recensione del film di Pappi Corsicato
Dopo l’anteprima al 40° Torino Film Festival, il ritorno al lungometraggio di fiction a dieci anni di distanza dall’ultima volta del regista partenopeo esce nelle sale il 15 dicembre 2022.
Al termine della visione di Perfetta illusione, che segna l’atteso ritorno al lungometraggio di finzione di Pappi Corsicato a dieci anni esatti dall’ultima volta con Il volto di un’altra, un senso di incredulità misto a delusione non può che invadere le menti e travolgere le aspettative di tutti coloro che come noi il cinema del regista partenopeo lo hanno amato e difeso sempre e comunque, sin dai tempi dell’esordio con Libera. La sua nuova pellicola, presentata fuori concorso al 40° Torino Film Festival a pochi giorni dall’uscita nelle sale fissata per il 15 dicembre 2022, lascia molto di più dell’amaro in bocca, perché quel sapore poco gradito è facile toglierselo dal palato. Qui invece la delusione è tale da costringerci a masticare amaro ancora a lungo. Ciononostante ad oggi la vogliamo – e lo speriamo con tutto il cuore – considerare come una battuta d’arresto, anche se decisamente preoccupante poiché arrivata dopo i buoni risultati raccolti più di recente sul fronte documentaristico con Pompei – Eros e Mito e su quello televisivo, laddove ha debuttato con la fiction targata Rai dal titolo Vivi e lascia vivere. Le flessioni tuttavia sono all’ordine del giorno e fisiologiche, specialmente quando si hanno alle spalle decenni di attività, esperienze e numerosi lavori. Ma che questa sia semplicemente una brutta caduta dalla quale rialzarsi prontamente o il campanello d’allarme che preannuncia l’approssimarsi dello scarico di quelle batterie che per anni hanno alimentato a getto continuo il suo cinema, solo il tempo e i futuri impegni dietro la macchina da presa potranno dircelo.
Perfetta illusione: un’opera che del DNA artistico e creativo di Corsicato ha ben poco, se non le tracce flebili di qualche tratto distintivo del suo modo di fare e concepire l’audiovisivo
Staremo a vedere, nel frattempo ci troviamo a fare i conti con un’opera che del DNA artistico e creativo di Corsicato ha ben poco, se non le tracce flebili di qualche tratto distintivo del suo modo di fare e concepire l’audiovisivo nelle diverse forme di espressione. C’è la consueta tavolozza dei colori, fatta tonalità accese e sgargianti anche se meno cariche del solito alla quale attinge per riempire l’immagine, dipingere l’outfit dei personaggi di turno e le cornici topografiche e scenografiche che li accolgono, così come ci sono il melodramma, l’eros e i pericolosi “giochi” d’amore e tradimento che animano le sue storie. Peccato che il tutto venga messo al servizio di una sceneggiatura che perde pezzi rapidamente, frutto di un parto gemellare che porta alla luce del sole e al buio della sala sia le debolezze strutturali di una fragilissima architettura narrativa e drammaturgica, sia la pigrizia di una scrittura che mette al mondo un plot schematico, stereotipato, prevedibile e arido di originalità, così come i personaggi che lo popolano, a loro volta derivati e sempre leggibili nei pensieri e nelle intenzioni.
Perfetta illusione è un film che porta in scena e mette in quadro il classico triangolo amoroso del lui, lei e l’altra
Ciò fa di Perfetta illusione un film che porta in scena e mette in quadro il classico triangolo amoroso del lui, lei e l’altra, con il primo che finisce intrappolato nella rete delle sue stesse bugie e dei sotterfugi messi in atto per stare con due piedi nella stessa scarpa. Dove il lui è un ragazzo di nome Toni (Giuseppe Maggio) e la lei è la coetanea Paola (Margherita Vicario) con la quale è sposato e conduce un’esistenza normale e comune, ma ugualmente ricca di passione e vitalità. Un idillio destinato a spezzarsi quando entra in gioco l’altra, giovane facoltosa aspirante curatrice di mostre in cerca di talento di nome Chiara (Carolina Sala), che prima gli fa perdere il lavoro e poi la testa. La relazione extra-coniugale con quest’ultima farà scattare nel protagonista la scintilla del cambiamento e il desiderio di tornare a fare l’artista, lo stesso che aveva dovuto mettere in cantina insieme ai suoi quadri. Ma quella scintilla sarà solo l’inizio di un incendio che sconvolgerà le loro esistenze.
La scrittura è la causa principale dell’inconsistenza di una timeline spaccata in due macro-storie che né singolarmente né nella totalità funzionano
Premesse drammaturgiche buone, potenzialmente forti se messe nelle mani di un autore come Corsicato che incendi come questi sa come farli divampare al punto tale da rendere l’atmosfera incandescente. Suo e nostro malgrado però le fiamme vengono ben presto domate e spente da un plot che come del vetro sottile va in mille frantumi. La scrittura come già detto non aiuta, anzi è la causa principale dell’inconsistenza di una timeline spaccata in due macro-storie che né singolarmente né nella totalità funzionano. Se da una parte le derive amorose innescate dalla triangolazione presentano dinamiche già viste, che non riservano alcuna sorpresa allo spettatore, dall’altra nemmeno la seconda più votata al dramma sporcato da crime regala dei sussulti degni di nota. Al contrario, ne affossa ulteriormente l’esito, a maggior ragione se il tutto viene ambientato in una Milano ritratta superficialmente solo sulla base di quei cliché, tra ricconi, grattacieli, alta moda, aperitivi e gallerie d’arte, dei quali l’immaginario comune e la mente di chi non la conosce o la vive sono sature. E in tal senso Corsicato ha dimostrato di essere un pesce fuor d’acqua, chiamato a raccontare una storia in un habitat a lui lontano ed estraneo.
In Perfetta illusione viene meno quella carica violenta in senso di ardore, quella creatività immaginifica strabordante e volutamente fuori dagli schemi e sopra le righe che tanto ha caratterizzato la produzione di Corsicato
A poco e nulla è servito poi al suo autore il fatto di essersi appellato e rifugiato nell’Arte, quella contemporanea in questo caso, usandola non solo come contesto e ambientazione, ma anche come motore portante del racconto. Lui che l’Arte nelle sue diverse espressioni e accezioni l’ha mostrata e narrata in svariate occasioni, anche nelle sue incursioni nel cinema del reale portando sullo schermo documentari d’Arte, sull’Arte e sulle figure di artisti che hanno scritto pagine importanti di Storia, non ultimo tanto per citarne uno L’Arte viva di Julian Schnabel, sulla carriera artistica e la storia personale del celebre pittore, regista e sceneggiatore newyorkese. L’Arte, pittorica e non, che più volte si è affacciata come contenuto, rappresentazione ed estetica nel cinema del cineasta napoletano, qui non lo aiuta a tirare fuori il meglio. In Perfetta illusione viene pesantemente meno quella carica violenta in senso di ardore, quella creatività immaginifica strabordante e volutamente fuori dagli schemi e sopra le righe che tanto ha caratterizzato la sua produzione, rendendola riconoscibile e mai anonima. Esattamente il contrario di quanto accaduto in questo nuovo film, che dall’anonimato e del suo omologarsi al classicismo dai quali l’autore si era sempre tenuto a dedita distanza fa il suo virus intestino.