Whitney – Una voce diventata leggenda: recensione del biopic su Whitney Houston
Il film di Kasi Lemmons, Whitney - Una voce diventata leggenda, celebra l'intramontabile cantautrice e artista Whitney Houston.
Whitney – Una voce diventata leggenda è il film diretto da Kasi Lemmons, nota attrice statunitense oltre che regista, che ripercorre le tappe che hanno contraddistinto la vita e la carriera della celebre cantautrice Whitney Houston, interpreta da Naomi Ackie. Con nel cast anche Stanley Tucci, Tamara Tunie, Ashton Sanders e Clarke Peters, il film sarà in sala a partire dal 22 dicembre 2022 distribuito dalla Sony Pictures.
Il film Whitney – Una voce diventata leggenda inizia con i minuti che precedono una delle esibizioni che hanno fatto la Storia, nel 1996, per poi tornare a una giovane Whitney, corista durante i concerti della madre, non del tutto consapevole del proprio dono e della forza della propria voce. Aiutata, anche se a volte eccessivamente, dalla madre Cissy Houston, Whitney riesce a farsi notare durante la serata giusta, alla presenza di Clive Davis, che da subito crede in lei e le propone un contratto che darà inizio a una collaborazione che durerà una vita e che porterà Whitney a diventare un’artista leggendaria, ma a dover anche pagare il prezzo della fama.
Whitney – Una voce diventata leggenda celebra l’intramontabile cantante Whitney Houston attraverso le sue esibizioni più memorabili
Icona della popolar music, considerata una delle più influenti, famose e amate cantautrici al mondo, tra gli anni ’80 e ’90 Whitney Houston si è distinta anche per aver conquistato quei mercati precedentemente preclusi e inarrivabili per le cantanti afroamericane. Il successo planetario di Whitney Houston, vincitrice di 8 Grammy Awards, l’ha resa un’artista intramontabile che ha influenzato intere generazioni di musicisti e cantanti. Whitney – Una voce diventata leggenda segue senza troppe pretese gli elementi più comuni del classico biopic: prima cantante nel coro della chiesa, poi il contratto discografico seguito dalle prime esibizioni degne di note fino alla consacrazione. Un successo durato decenni, passando poi al declino, alle difficoltà spesso dovute a sogni impossibili e all’uso di droghe che ha colpito fin troppi artisti nel corso degli anni. Il film di Kasi Lemmons decide però, con un riscontro non del tutto efficace, di non soffermarsi eccessivamente su ciò che Whitney Houston non è riuscita a riconquistare dopo la battuta d’arresto della seconda metà dei primi anni 2000, o sulla crisi con il marito Bobby Brown, sull’amore impossibile con Robyn Crawford o su mesi in riabilitazione. Kasi Lemmons celebra la cantautrice, The Voice, la Whitney Houston che ha scalato le vette delle più importanti classifiche statunitensi, vendendo più di 55 milioni di dischi, con album e singoli che hanno superato le 220 milioni di copie.
Le interpretazioni di brani come Saving All My love for You, How Will I Know, Greatest Love of All, I Wanna Dance with Somebody, per non parlare di I Will Always Love You, si caricano di emozione e commozione dando vita a un’esplosione appassionante di entusiasmo, suggestione e trasporto. Un gioco di luci e ombre, la folla immensa in trepidazione, le urla dei fan e l’energia di Whitney Houston che strofa dopo strofa, passo dopo passo, raggiunge quella vocalità incredibile, protagonista di continue standing ovation. Sono i momenti in cui la donna diventa leggenda, durante i primi e i successivi concerti, a regalare al film l’emotività e il coinvolgimento che ancora oggi riescono a suscitare quelle canzoni da tempo indimenticabili. Tutto il resto della pellicola è piuttosto prevedibile e sembra assente il tentativo di renderla interessante, con la mera funzione di intervallare le performance della Houston con intermezzi comici o scontri drammatici. Whitney Houston – Una voce diventata leggenda lascia solo intravedere quella che era la vita privata della cantautrice. Nonostante questo molti momenti della sfera più personale non fanno altre che rallentare il film, risultando delle scene didascaliche volte a spiegare, senza pathos, cosa altro accadeva dietro le quinte.
Difetti che spesso accomunano i biopic
Considerando che, salvo casi particolari, molti biopic, e in particolare i biopic musicali, si assomigliano molto tra di loro, è invece qui ben rappresentata la forza e le difficoltà di una star diventata una leggenda senza tempo; l’autorità di una donna che non scende a compromessi con nessuno, dalla famiglia ai media fino a se stessa. È infatti evidente la lotta interiore della giovane cantante, e lo schiacciante confronto con la popolarità della madre, Cissy Houston, che con severità e rigidezza vuole che la figlia non canti solo per se stessa, ma per gli altri, per esibirsi, per essere amata e per arrivare a quel traguardo che nessuno, neanche lei, è mai riuscita a raggiungere. Anche la tecnica del film di Kasi Lemmons, come regia e fotografia, ha un drastico cambiamento tra esibizioni e vita privata, che non ha nulla a che vedere con la sfarzosità, l’eleganza e il glamour delle scene sul palco, sequenza che hanno dalla loro l’intento di rappresentare e ricordare un’artista estremamente complessa da portare sullo schermo. Al contrario le amicizie, i rapporti interpersonali, così come quelli con la famiglia, con l’amante e poi collaboratrice Robyn Crawford, il rapporto e il successivo matrimonio con Bobby Brown, tentano di raccontare qualcosa in più rimanendo però spesso superficiali e fugaci. Con un minutaggio che supera ampiamente i 120 minuti, alcune sottotrame e l’intenzione di ritrarre la figura di Whitney Houston fuori dagli schermi, avrebbero avuto il tempo di essere approfondite, come ad esempio la drammatica spirale della droga che ha travolto l’artista e che l’ha poi portata a una tragica fine.
L’interpretazione di Naomi Ackie, seppur quell’intero percorso non sembra essere presente nella scrittura, esprime al meglio il cambiamento nell’atteggiamento e nell’approccio alla vita privata e professionale di una Whitney prima entusiasta, poi irrimediabilmente esausta, e alla fine distrutta da alcool e droga. Anche le figure di Bobby Brown e Robyn Crawford, rispettivamente interpretate da Ashton Sanders e Nafessa Williams, che avrebbero avuto entrambe bisogno di più tempo sullo schermo, ma che spesso si limitano ad apparire e scomparire, rendono il film forte di un ottimo cast. Compreso Stanley Tucci nei panni di un Clive Davis pronto a puntare tutto su Whitney, ma anche a metterla di fronte alla realtà nell’aver bisogno di aiuto. Nonostante questo molte scelte, divergenze o furiose liti tra vari personaggi appaiono forzate e non in linea con la travolgente emozione delle scene delle performance. Viene così dato, in Whitney – Una voce diventata leggenda, una vaga idea del mondo e delle personalità che gravitavano attorno a un’artista che non verrà mai dimenticata e la cui voce segnò un’epoca.