Caleidoscopio: recensione della miniserie TV Netflix
La recensione della miniserie heist-thriller creata da Eric Garcia con Giancarlo Esposito e Paz Vega, disponibile da Capodanno 2023 su Netflix.
Quale modo migliore per iniziare il nuovo anno se non quello di vedere una buona serie. Lo dice, parafrasando, anche l’antico proverbio “chi ben comincia è a metà dell’opera”. Nel caso di Netflix, il colosso dello streaming a stelle e strisce ha voluto inaugurare il 2023 e quello dei suoi milioni di abbonati alle varie latitudini rilasciando a Capodanno uno degli show più attesi tra quelli precedentemente annunciati. Si tratta di Caleidoscopio, la miniserie creata da Eric Garcia, già autore del romanzo Matchstick Men e sceneggiatore dell’adattamento Il genio della truffa diretto da Ridley Scott, con quest’ultimo che ha preso parte alla serie in questione nelle vesti di produttore esecutivo della serie con la sua Scott Free Productions. Credits, questi, che certificano, almeno sulla carta, la qualità di un prodotto seriale che come avremo modo di vedere si caratterizza per l’architettura narrativa e drammaturgica, oltre che per la presenza davanti la macchina da presa di un cast di all stars (Giancarlo Esposito, Paz Vega, Rosaline Elbay, Jai Courtney, Rufus Sewell, Tati Gabrielle, Peter Mark Kendall, Niousha Noor, Jordan Mendoza, Soojeong Son e Hemky Madera) e dietro la cinepresa di un team di registi variegato e affidabile, composto da José Padilha, Everardo Gout, Mairzee Almas e Robert Townsend.
Caleidoscopio: il titolo è già di per sé una lettera d’intenti che anticipa e riassume alla perfezione i modus operandi adottati per tessere la struttura narrativa e per trasferirla sullo schermo
Con e attraverso il rispettivo lavoro prendono forma e sostanza gli otto episodi da 45 minuti cadauno che vanno a comporre Caleidoscopio, il cui titolo è già di per sé una lettera d’intenti che anticipa e riassume alla perfezione a chi vedrà la miniserie quali siano i modus operandi adottati per tessere la struttura narrativa e per trasferirla sullo schermo, trovando un calzante riferimento proprio nello strumento ottico chiamato in causa. Questo si serve di specchi e frammenti di vetro o plastica colorati per creare una molteplicità di strutture simmetriche, le stesse che lo showrunner ha generato in fase di scrittura per disegnare le linee verticali dei singoli episodi e il loro ensemble orizzontale. A ogni capitolo, infatti, viene associato come titolo il nome di un colore, che a sua volta rappresenterà anche un ricorrente cromaticamente dominante. Ciascuno di essi altro non è che un frammento di un caleidoscopio drammaturgico e al contempo il tassello di un mosaico che una volta riuniti offriranno allo spettatore la visione completa del tutto. Solo a quel punto ci si potrà rendere conto che tutti questi pezzi avevano un grande e preciso ruolo ai fini della comprensione e della risoluzione un cervellotico puzzle.
Caleidoscopio: la serie è contraddistinta da una struttura narrativa molto originale che permette di vedere gli episodi senza un ordine preciso
Il compito di assemblare i pezzi che il narratore gli ha messo a disposizione per fare luce sulla storia però toccherà al fruitore, chiamato a uscire, come gli capita solo di rado, dalla comfort zone che la visione tradizionale è solita costruire intorno a chi guarda. Ecco allora materializzarsi l’intuizione del creatore della miniserie Eric Garcia, che ha voluto dare al singolo spettatore una posizione non più passiva, bensì attiva. In sostanza, gli spettatori possono scegliere l’ordine in cui guardare gli episodi che portano al finale e farlo in assoluta autonomia non necessariamente dal primo all’ultimo. Il ché per certi versi riporta la mente allo scherma utilizzato in Orange is the New Black, con il quale Caleidoscopio condivide anche la scomposizione dei piani temporali e la ricomposizione degli stessi per riportare all’ordine. Dunque la serie è contraddistinta da una struttura narrativa molto originale che permette di vedere gli episodi senza un ordine preciso, attraverso una progressione per può cambiare di volta in volta, anche in maniera assolutamente casuale. Ma al di là delle combinazioni possibili una cosa però è certa: pur cambiando l’ordine degli addendi la somma non cambia come per la proprietà commutativa delle addizioni. Nel caso della storia narrata l’epilogo rimarrà invariato. Di conseguenza in nessun modo la successione scelta potrà modificare gli eventi e il destino dei personaggi che sono già scritti. Di contro sarà lo spettatore a tracciare il percorso per giungere alla conclusione.
Caleidoscopio si ispira a una rapina passata alle cronache e che romanzata rivive sullo schermo attraverso gli stilemi e gli schemi coinvolgenti e collaudati dell’heist-thriller
Il risultato è un’esperienza filmica diversa dal solito, originale e inedita per quanto concerne le procedure messe in atto. Questo crea di default curiosità e aspettative da parte del pubblico nei confronti di una modalità di fruizione non convenzionale. Una modalità che segue un percorso frammentato e non lineare, muovendovi in avanti e a ritroso lungo un arco temporale che copre venticinque anni, prima, dopo e durante una spettacolare rapina messa a segno dal protagonista e dalla sua banda. Ma qui non è tanto ciò che si racconta, piuttosto il come lo si racconta, anche se la vicenda narrata ha dell’incredibile, a maggior ragione perché ispirata alla storia vera dei sette miliardi di dollari in obbligazioni scomparsi da un caveau apparentemente impenetrabile nel centro di Manhattan durante l’uragano Sandy. Un colpo che è passato alle cronache e che romanzato rivive sullo schermo attraverso gli stilemi e gli schemi coinvolgenti e collaudati dell’heist thriller, quelli che hanno contribuito ad alimentare e a fare la fortuna di La casa di carta o Inside Man, piuttosto che di Ocean’s Eleven, Now You See Me o I soliti ignoti, tanto per fare qualche titolo.