The Last of Us: recensione della serie TV
Dal videogioco alla trasposizione televisiva niente è stato perso del fascino di The Last of Us, dal 16 gennaio su Sky.
La nuova, vecchia frontiera americana. Ci siamo ormai lasciati alle spalle il Far West con cowboy e indiani da un bel po’, tant’è che la narrativa ne ha riscritto i canoni e le figure. La conquista non è più quella di un territorio inesplorato e selvaggio, ma dell’animo. La domanda non è più dove siamo disposti a spingerci, ma quanto della nostra umanità siamo disposti a sacrificare oltrepassato quel limite. Quella di The Last of Us, anche all’uscita del videogioco nel 2013, non era di certo una storia originale, basti pensare al capolavoro di Cormac McCarthy La Strada. Tuttavia, l’esperienza videoludica e una sceneggiatura scritta finemente ne hanno fatto un cult vincitore di qualsiasi premio.
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In questo contesto si inserisce la trasposizione televisiva della HBO, che porta sul piccolo schermo la sua versione di quel gioco tanto amato. I volti cambiano, ma il racconto rimane lo stesso, almeno in parte. Gli ideatori di Chernobyl dilatano il discorso avviato dalla Naughty Dog per approcciarsi a dinamiche attuali, senza mai cedere alla forzatura. Non solo, la storia non sembra neanche risentire delle varie digressioni che servono in realtà alla creazione di un world building complesso e mondiale. Le vicissitudini autoconclusive vanno ad inglobarsi al discorso sull’umano e a ciò che ci rende tali anche quando il mondo sta morendo. Ed è per questo che la serie di The Last of Us ci ha convinto ed entusiasmato.
Pedro Pascal e Bella Ramsey, seppur differenti dalla loro versione videoludica, sono perfetti nei panni di Joel ed Ellie. Il primo, reduce da The Mandalorian, ha ormai fatto sua la pelle del riluttante genitore adottivo. La seconda veste egregiamente l’abito di una giovane sfrontata, sboccata e irriverente. I siparietti tra i due sono ben costruiti, come anche le interazioni con il mondo che li circonda e le persone che li vogliono morti. Dobbiamo dirlo, l’investimento produttivo si vede, e anche bene. Fotografia e regia viaggiano a braccetto, regalandoci suggestive scenografie così reali da chiederci se non abbiano girato veramente in quei luoghi; The Last of Us ha vinto la scommessa.
Il mondo post-apocalittico di The Last of Us
La serie segue in modo pedissequo la storia del videogioco, con la genesi della pandemia nel lontano 2003. Un fungo mutato e distribuito su larga scala nel mondo, presumibilmente attraverso il cibo, rende le persone degli zombie. Passano vent’anni, il mondo è allo sbaraglio. Istituzioni paramilitari tentano di mantenere l’ordine e la sicurezza attraverso la violenza, mentre gruppi ribelli cercano di opporsi adottando gli stessi metodi. La distinzione tra buoni e cattivi non è più così netta. Lo stesso vale per Joel Miller, un contrabbandiere che, insieme all’amica Tess, tenta di sbancare il lunario. Il tutto viene stravolto alla scomparsa del fratello dell’uomo, Tommy, unitosi alle Luci – uno dei gruppi ribelli.
The Last of Us parte da qui, dalla ricerca di Joel che lo porterà a conoscere Ellie, una ragazza tenuta in quarantena dalle Luci e in cui ripongono immense speranze. La ragazza è infatti immune al morso degli infetti e il gruppo vorrebbe usarla per la creazione di un vaccino. A Joel viene proposto un accordo, portare sana e salva la giovane in un avamposto in cambio di rifornimenti. Ovviamente, non tutto andrà secondo i piani e diverse forze in campo si frapporranno tra i due e la loro metà.
Tale descrizione non rende giustizia alla trama di The Last of Us, ma non vogliamo rovinarvi l’esperienza con i soliti spoiler. Come dicevamo, la storia non brilla per originalità e il setting arriva con qualche anno di ritardo rispetto a The Walking Dead, ma non preoccupatevi non ne è un’espansione concettuale. Il videogioco quanto la serie si allontanano ampiamente dalla costruzione narrativa del franchise zombie creato da Kirkman. Craig Mazin e Neil Druckmann spogliano infatti il racconto di una certa vena horror per abbracciare la survivor story e il viaggio di formazione, differente da quella dell’eroe classico. Fin dalle prime battute è chiaro il messaggio che la serie sembra tenderci, senza aloni di mistero e arzigogolate storyline che ne dilatino la durata.
La rivincita della natura e la disgregazione del corpo
Fino ad ora abbiamo parlato della costruzione narrativa di The Last of Us, ma non si può affrontare la serie senza pensare al setting visivo. Le suggestioni arrivano direttamente dal videogioco, come d’altronde la color palette. Il dubbio era che nella versione live action molto sarebbe sembrato posticcio e cubico, come solo il pessimo digitale può restituire. Per nostra fortuna il tutto è stato ricamato con intelligenza e dedizione, tanto da restituirci un mondo reale e tangibile. Le città vengono inghiottite dal verde, la natura si riprende il proprio spazio, mentre fatiscenti grattaceli crollano sotto il peso dell’avidità umana. Ma non è solo questo a stupirci, perché ciò che corrompe il corpo si uniforma alla fauna, sia nei colori che nella forma.
I visi grotteschi deturpati da protuberanze fungine mantengono lo stesso pattern della natura circostante in un’esplosione di verde, giallo e rosso. Ogni infetto è collegato all’altro dalle radici che si dipanano nel suolo, una mente collettiva unita dalla volontà di espandersi. La ferocità della mutazione non si ferma alla singola morte cerebrale, ma alla deformazione di ciò che prima veniva ritenuto umano. Le nostre membra vengono dilaniate in un’inesorabile distorsione fino alla totale disgregazione. Il corpo ritorna così alla terra, si unisce alla mente collettiva e passa alla prossima vittima. Se il gioco di The Last of Us vi aveva convinto la serie saprà fare altrettanto, ma non dimentichiamoci una cosa questa è la HBO.
Quelle tre single lettere, quell’acronimo definiscono uno stile e una volontà, quella di spiazzare violentemente lo spettatore. Lo ha dimostrato fin dalla sua nascita e lo ha scritto a caratteri cubitali con serie come True Detective, Game of Thrones ed Euphoria. Quando entrate nel mondo della HBO dovete dimenticare qualsiasi natura pudica, stereotipo o pregiudizio. Lasciate perdere il mondo dell’arcobaleno dove non esistono nudità, sesso, violenza e parolacce perché la realtà è ben diversa. The Last of Us non è di certo noto per l’erotismo, questo è certo, ma alcune scene potrebbero urtare i “sensibili da tastiera” pronti a scatenarsi sul web per un seno o un bacio gay.
The Last of Us, tra Fedeltà al videogioco e giusti ritocchi
Bisogna ribadirlo, Pedro Pascal e Bella Ramsey incarano lo spirito dei personaggi a cui prestano il volto. A loro si aggiungono altri personaggi, la cui storyline non è mai fine a sé stessa. Pensiamo alla Tess di Anna Torv (l’amata Olivia Dunham di Fringe) o ai personaggi di Bill e Frank, interpretati magistralmente da Nick Offerman e Murray Bartlett. A loro The Last of Us regala un episodio intero, intersecato alla storia di Joel, Ellie e Tess. Non diremo molto per non rovinarvi la sorpresa, ma possiamo dirvi che il tutto funziona perfettamente in armonia con le tematiche del racconto. La serie di Mazin e Druckmann rigetta qualsiasi ipocrisia, imbraccia le armi e scende per strada.
I personaggi, compreso quello di Joel, non sono eroi senza macchia, dei paladini della giustizia bidimensionali e soporiferi. L’uomo interpretato da Pedro Pascal viaggia in un grigio substrato di violenza, risentimento e cinismo. È una persona fallace, inciampa e sbaglia, ritorna sui propri passi e tenta di redimersi. Passo per passo riscopre un cuore in compagnia di Ellie, una ragazzina tutt’altra che innocente. La vita nel mondo di The Last of Us rende subito adulti. Ellie non ha mai conosciuto la realtà prima del crollo e vive le “meraviglie” del passato con occhio sorpreso e stupito. A questo si aggiunge una certa violenza insita nelle azioni della giovane e Bella Ramsey riesce a restituirci tutte le sfumature del suo carattere.
Concludiamo rassicurando i fan, la serie è fedele al gioco, non solo nella storia ma in diverse riprese e scene. Gli episodi sono carichi di easter eggs e rimandi all’esperienza videoludica. Anche il taglio di molte inquadrature riprendono la cifra dei videogiochi, con luci puntate sui protagonisti e il mistero fuori dalle mura sicure. The Last of Us farà sicuramente discutere, nel bene e nel male. Quel che è certo è che secondo i canoni di una certa narrativa seriale, il prodotto ha in mano delle carte vincenti per conquistare il pubblico, con noi ci è già riuscito.
Composta da 9 episodi, The Last of Us andrà in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW dal 16 gennaio in contemporanea assoluta con HBO.