Il sorpasso: 10 cose che non sai sul classico di Dino Risi
Dennis Hopper, Alberto Sordi e una fortunatissima giornata di sole. Ecco a voi 10 cose da sapere su Il sorpasso, capolavoro di Dino Risi del 1962 con Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant.
Pochi film nella storia del cinema italiano sono riusciti a replicare con altrettanta incisività i risultati raggiunti da Dino Risi con Il sorpasso. Proporre, cioè, un immagine dell’Italia e dell’italianità valida sempre e insieme perfettamente calata sul tempo storico del film. Veicolare un’impietosa satira di costume sul boom e i suoi discutibili protagonisti, anticipando persino il brusco risveglio alla realtà, nella cornice di un cinema commerciale e per niente pretenzioso. On the road in perfetto equilibrio tra umorismo e morte, mix di umori constrastanti, il consumato canovaccio è quello della commedia all’italiana.
Si aggiunga poi che di autori capaci di raccontare l’estate, i suoi languori, le sue speranze e le sue promesse con lo stesso grado di umorismo, poesia e verità di Dino Risi, se ne contano pochini. Il più grande regista “stagionale” della storia del cinema italiano? Probabile. Tra l’altro, magari non sembra, ma è un gran complimento. Il sorpasso esce nei cinema italiani nel dicembre del 1962 ma è il film meno invernale che si possa immaginare. Il giorno di Ferragosto del 1962 Bruno Cortona (Vittorio Gassman), sbruffone e invadente ma con una buona dose di vitalità e un bel rapporto con il tempo che passa, carica sulla sua Lancia Aurelia B24 il timido, delicato ma anche troppo remissivo Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant). Lo porterà in giro da Roma a Castiglioncello circa, lungo il fascinoso serpentone della via Aurelia, la consolare tirrenica tutta tornanti e scenari mozzafiato. La tappa finale del viaggio è nota, le dieci curiosità sul film che seguono magari no. Come da tradizione, dunque, buona lettura.
1. Il sorpasso non è il titolo originale del film che invece era focalizzato su uno dei protagonisti
Come spesso capita per i film che superano agevolmente la prova del tempo, anche per Il Sorpasso viene difficile immaginare nomi diversi da quelli che figurano poi sul cartellone. In realtà, è piuttosto vero il contrario. Quello che a posteriori appare come il risultato di un inevitabile allineamento dei pianeti, il più delle volte è il frutto di convergenze produttive estemporanee, anche se fortunatissime. Il sorpasso è un manifesto dell’imprevedibilità della vita e del cinema. Tanto per cominciare, all’inizio non si chiamava nemmeno così. Una delle chiamate alternative era Il giretto. Il primo titolo, l’originale, scelto dal grande Rodolfo Sonego (sul suo ruolo nel film si parlerà più avanti) era un altro ancora, più esplicito, tarato sulla psicologia di uno dei protagonisti. Doveva chiamarsi Il diavolo, a suggerire la demoniaca (e letale) presa esercitata da Vittorio Gassman sull’incolpevole e malcapitato Jean-Louis Trintignant. Sonego riutilizzerà il titolo in questione per un film del 1963 di G.L. Polidoro con Alberto Sordi. Ecco, appunto, Sordi.
2. Il sorpasso è un film suggerito da Franco Fabrizi, pensato per Alberto Sordi e girato da Vittorio Gassman
Alberto Sordi in questa storia fa la parte del convitato di pietra. Se diamo retta alla versione dei fatti presentata da Il cervello di Alberto Sordi, la monumentale e imperdibile cronaca firmata Tatti Sanguineti su vita, morte e miracoli di Rodolfo Sonego, gigantesco sceneggiatore, padre nobile della commedia all’italiana, strettissimo collaboratore di Sordi, le cose stanno così. La scintilla per Il sorpasso nasce in Rodolfo Sonego dall’insoddisfazione di Franco Fabrizi, vitellone con Fellini ma sempre più stanco di essere etichettato da produttori e registi come “adorabile stronzo”. Il trattamento però Sonego non lo scrive per lui, ma per Alberto Sordi e Gérard Blain. Trenta cartelle che anticipano con dovizia di particolari il tono generale e l’itinerario dell’operazione. Ma perché poi Sordi non gira il film? Secondo l’attore romano, che considerò il mancato approdo su Il sorpasso il più grande rimpianto della sua carriera, la ragione era da attribuirsi all’intransigenza di Dino De Laurentiis. A quanto pare De Laurentiis, con cui era sotto contratto all’epoca, non vedeva di buon occhio l’idea di prestarlo alla concorrenza, nel caso specifico Mario Cecchi Gori che si occupava del film di Risi. Sordi, tra l’altro, accusava De Laurentiis di avergli fatto perdere per le stesse ragioni anche Divorzio all’italiana, originariamente pensato da Pietro Germi proprio per la super coppia Sordi/Giulietta Masina.
3. Perché Sordi non gira Il sorpasso? La versione di Rodolfo Sonego e Dino Risi
Il sorpasso è un film diretto da Dino Risi su soggetto e sceneggiatura dello stesso Risi, di Ettore Scola e Ruggero Maccari. Pure, una certa discussione sulla paternità del progetto c’è sempre stata, con focus sul contributo (c’è stato/ non c’è stato?) di Rodolfo Sonego. Che Sonego abbia fatto parte del film nei suoi primi momenti Risi non lo ha mai negato, arrivando però a contraddire lo sceneggiatore sulla questione dello spunto originale. Nella versione di Risi è lui, non Sonego, a farsi venire l’idea e a parlarne all’altro. Entrambi però concordavano su un aspetto importante, anzi due, anzi tre. E cioè che 1) Si cominciò a parlare del film sul set di Una vita difficile (1961), regia di Risi su script di Sonego. 2) All’inizio, effettivamente, si pensò a Sordi per la parte che poi andrà a Gassman. 3) Fu però un indeciso Sordi a perdere il film, non il contrario. A sentire Sonego l’attore romano, anche per via di un cattolicesimo oltranzista, si sentiva a disagio all’idea di interpretare un diavolo tentatore appiccicoso e invadente, che addirittura finiva per causare la morte del compagno di viaggio. Risi era anche più esplicito, del Sordi riluttante riportava pure le parole “questo mi sembra un film in cui io mi do da fare tutto il tempo e poi il merito se lo prende quell’altro, il buono!”.
4. Il film di Ferragosto parte con Jacques Perrin, anzi no
Fatica anche per scegliere il compagno di viaggio di Vittorio Gassman. Probabile che Scola, Maccari e Risi avessero in testa sin dall’inizio di affiancare, alla vitalità esuberante e molto cialtrona del guidatore, sensibilità e fattezze non italiane per l’altro, il timido, Roberto. In realtà tra i papabili ci furono anche interpreti nostrani come Umberto Orsini. Non poteva andare; Il sorpasso è dall’inizio un film bilingue italo-francese, ma il francese in questione è diverso da quello scelto poi. Originariamente la parte era di Jacques Perrin, a condizione però che le ripresero cominciassero entro il giorno di Ferragosto del 1962, che è anche il momento in cui parte la storia. Il traguardo mancato allontana Perrin dal film, forzando Risi a cominciare le riprese girando quel il possibile con le controfigure. Per Jacques Perrin una grossa occasione persa, non gli mancherà comunque l’occasione di lasciare il segno anche da noi, se pensiamo per esempio alla collaborazione con Valerio Zurlini per La ragazza con la valigia (1961), Cronaca familiare (1962) e Il deserto dei Tartari (1976). Ma anche a Giuseppe Tornatore, che lo volle, tra l’altro, in Nuovo Cinema Paradiso (1988).
5. Jean-Louis Trintignant deve molto alla sua controfigura
Ancor più incredibile è il modo con cui Jean-Louis Trintigant viene scelto per la parte di Roberto. Scritturato per l’intelligenza, la sobria eleganza, il talento smisurato? Ma neanche per sogno. Ovvio che il calibro professionale abbia giocato la sua parte, ma la verità è che Trintignant, che come il collega Perrin in Italia lavorerà parecchio, collaborando tra gli altri con pezzi grossi come Ettore Scola, Valerio Zurlini, Sergio Corbucci e Bernardo Bertolucci, entra nel film per una ragione spicciola. Le riprese del film dovevano iniziare il giorno di Ferragosto del 1962, ma la data salta per cui Risi è costretto a cominciare Il sorpasso mentre ricomincia il casting per uno dei due protagonisti, data la defezione di Perrin. Si comincia, in assenza di alternative migliori, girando alcune scene con le controfigure. Per Roberto si prevedeva un tipo biondo, dall’aria timida, basso di statura. Risi era talmente soddisfatto della controfigura scelta che indicò semplicemente alla produzione di cercare un attore che gli somigliasse. Trintignant non sapeva neanche chi fosse, ma dal momento che fisicamente i due sembravano quasi gemelli, lo scritturò su due piedi!
6. Per Vittorio Gassman Il sorpasso è il film della svolta
Vittorio Gassman comincia a flirtare con il cinema alla fine degli anni Quaranta. Teatrante prestato al grande schermo (che non ama), da principio viene utilizzato in parti da cattivo e in ragione della sua fisicità importante, vedi il passaggio memorabile su Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis. Verrà poi un periodo hollywoodiano non si sa se più disastroso o umiliante, cui seguirà il mesto ritorno in patria e la necessità di reinventarsi. In questa seconda vita la commedia gioca un ruolo importantissimo, a cominciare dal film della svolta, I soliti ignoti (1958). Qui Gassman fa ridere perché Monicelli e i suoi sceneggiatori, Age, Scarpelli e Suso Cecchi d’Amico, si battono per vederne riconosciuta la verve comica. I produttori invece non si fidavano, tanto è vero che lo accettano ma solo a condizione di circondarlo di attori di sicura presa come Marcello Mastroianni, Renato Salvatori e Totò. In questa fase, inoltre, è comico sempre e solo camuffandosi fisicamente. Il sorpasso è il film della svolta perché non solo ci mostra un Gassman protagonista pienamente affermato. Ma anche perché il film è la prima commedia di rilievo in cui si mostra al pubblico senza trucchi e o interventi che ne alterino la fisicità. Bruno Cortona è un’invenzione senza filtri di Vittorio Gassman al massimo della naturalezza. Il personaggio, nel bene e nel male, se lo porterà dietro per il resto della carriera.
7. Quella volta che il meteo salvò il cinema italiano
Dino Risi è un regista e le sue necessità sono di tipo artistico e commerciale (alimentare). Mario Cecchi Gori è un produttore e le sue ragioni sono di tipo commerciale e poi, soltanto poi, artistico. Stessi termini, differenti priorità, in mezzo ci passa un oceano ed è proprio quest’oceano, spesso, a decidere le sorti di un film. C’è stato un momento in cui Il sorpasso ha ballato pericolosamente sull’orlo del precipizio artistico, per via della riluttanza del produttore Mario Cecchi Gori ad accettare il finale (cupo) fortemente caldeggiato da Dino Risi. Cecchi Gori immaginava i due protagonisti che sfrecciavano felici verso l’ignoto, al che un disperato Risi ribatteva che così facendo il film perdeva di senso e vendeva l’anima. Fortuna che Mario Cecchi Gori era un produttore avveduto e intelligente e sapeva ben contrastare i suoi peggiori istinti professionali. Pur non abbracciando fino in fondo la soluzione proposta dal regista, accettò un compromesso di carattere metereologico. Se al momento di girare le scene sotto esame ci fosse stato bel tempo, Risi così ricordava la scommessa, si sarebbe girato il finale pessimista. Brutto tempo, si sarebbe fatto al modo del produttore. Quella mattina fatidica c’era un gran bel sole, ricordava un eternamente grato Dino Risi.
8. Dino Risi e quel legame possibile con Dennis Hopper
Il sorpasso ebbe una vita fortunata anche fuori d’Italia, particolarmente nei mercati latini e anglofoni. La cialtroneria vitalistica di Vittorio Gassman, il contrappunto di delicatezza offerto da Jean-Louis Trintignant, l’anima on the road. Molti elementi contribuirono al successo estero del film, anche al di là della complessa architettura morale della commedia all’italiana, che per la verità fuori dai nostri confini fu sempre abbastanza fraintesa. In Francia uscì con l’impagabile titolo Le Fanfaron, negli Stati Uniti invece, dove ebbe buon feedback soprattutto presso il pubblico universitario e i cinefili delle grandi città, si chiamò The Easy Life. Più di un commentatore ha evidenziato al proposito somiglienze strutturali forti (on the road, titolo, finale violento, la coppia di protagonisti) tra il film di Risi e Easy Rider (1969) superclassico della controcultura americana a firma Dennis Hopper (e Peter Fonda). Avanzando tra l’altro l’ipotesi che Hopper avesse rielaborato, per il suo film, temi e spunti di quello del 1962. Lo stesso Dino Risi non escludeva una connessione. Intervistato da Claudio Carabba per L’Europeo nel 1993, il regista riteneva assolutamente possibile, anche se non certo, che Il sorpasso, in quanto esempio illustre di cinema da viaggio, avesse potuto influenzare Hopper e Easy Rider. Dei due film, a invecchiare meglio è stato l’italiano, senz’ombra di dubbio.
9. Il sorpasso tra riconoscimenti prestigiosi e un sequel mancato
Se è vero che il mito del film si è costruito per lo più retrospettivamente, strada facendo, non sono mancati i riconoscimenti anche in tempo reale. Per esempio il doppio colpo di Vittorio Gassman, che vince come Miglior attore protagonista sia il David di Donatello sia il Nastro d’Argento del 1963. Nello stesso anno Dino Risi vince come Miglior regista al Festival di Mar del Plata. Dal 2008 è uno dei 100 film italiani da salvare, “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”, elenco stilato da professionalità del mondo del cinema e della critica. Sul versante produttivo si può accennare pure a un sequel mancato. Ne parla Dino Risi sempre a Claudio Carabba per L’Europeo, di questo possibile Il sorpasso atto II. Traslocato negli anni Novanta e adattato ai tempi che cambiano, l’idea era di riempirlo di corse in aereo, niente più macchine, tra miliardari e grandi latitanti. Mettere mano a un monumento è impresa non scevra di rischi, ma chissà come sarebbero andate le cose.
10. Il sorpasso ha un film gemello, anche se meno riuscito
Circa un anno dopo Il sorpasso, la coppia Jean-Louis Trintignant e Vittorio Gassman si incontrerà nuovamente in un film a suo modo gemello, esito e proporzioni a parte, del capolavoro di Risi. Si chiama Il successo, è del 1963 e teoricamente diretto da Mauro Morassi. Anche qui però c’è lo zampino di Dino Risi, che partecipa alla regia anche se da non accreditato. Ancora una volta satira di costume, ancora una volta analisi della realtà italiana, ancora una volta esplorazione intima dei suoi protagonisti, ancora una volta equilibrio sottile tra umorismo e malinconia, il film flirta con Il sorpasso in più di un modo, ma non riesce a replicarne fino in fondo la forza emotiva e la ricchezza narrativa.