Profondo rosso: 8 curiosità sul cult di Dario Argento
Il capolavoro targato Dario Argento torna al cinema in versione restaurata in 4K
Tra le viscere del thriller, nella più remota profondità dell’horror, irrorata dal sangue, dalla tintura scarlatta che ne contraddistingue visivamente l’identità; Profondo rosso è storia, Profondo rosso è cinema, uno degli esempi più evidenti del trionfo del genere in Italia, quando il giallo assume una sfumatura più purpurea, volgendo il più classico thriller verso l’orrorifico, verso il terrore. Il capolavoro di Dario Argento, al suo 5° lungometraggio da regista, esce nel 1975 imponendo un nuovo modo di fare arte, nell’unione tra il cinema dell’angoscia e il soprannaturale, che cerca di fratturare la pratica comune in vista di una maggior libertà di espressione, alla ricerca dello shock, alla ricerca del piacere dell’estetica nella sua forma più sublime.
Partiamo dall’origine di un titolo, la cui efficacia e aderenza al contenuto raramente hanno trovato eguali, per parlare delle più interessanti curiosità che ruotano attorno a un’opera unica e fondamentale, un’opera che dal 10 luglio torna al cinema in versione restaurata.
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1. La storia di un titolo leggendario
Il successo di un progetto parte dal suo nome ed è fuor di dubbio che Profondo rosso abbia iniziato a smuovere interesse quando ancora era solamente un titolo, un’idea, una suggestione. Non molti però sanno che inizialmente l’opera era stata pensata per essere distribuita con tutt’altra titolazione: la prima idea fu La tigre dai denti a sciabola, nome che avrebbe dato continuità e avrebbe calcato l’onda mossa dalla precedente trilogia degli animali, diretta dall’autore (L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code, 4 mosche di velluto grigio). Successivamente, nel 1974, si era diffusa la voce che il film in produzione sarebbe uscito come Chipsiomega, un’improbabile crasi tra le tre lettere finali dell’alfabeto greco. Fu poi la tintura sanguigna che apre e chiude il film, dal velluto al sangue, a far sì che la produzione virasse su un titolo che ha fatto la storia.
2. L’evidente mano del regista
Come a tanti suoi colleghi, anche a Dario Argento piace metter mano al proprio film, figurando come comparsa, o celandosi in bella vista all’interno della pellicola. In Profondo rosso, così come nella maggior parte dei suoi lungometraggi successivi, le mani dell’assassino sono puntualmente quelle del regista stesso.
3. Profondo rosso e l’elemento sonoro
Dopo la collaborazione per Le cinque giornate, l’idea del regista fu quella di chiamare nuovamente Giorgio Gaslini per occuparsi della colonna sonora del film, vista anche la sua grande passione per il jazz e l’affinità del genere al personaggio di Marc. A causa di ritardi di produzione e della contrastante visione artistica dei due, l’autore non volle utilizzare il lavoro di Gaslini, pur decidendo poi di accreditarlo. Il sogno di Argento era, a quel punto, quello di collaborare con grandi band, arrivando persino a contattare i Deep Purple, ma furono il suo collaboratore Carlo Bixio e Daria Nicolodi, grande appassionata di musica, a consigliargli i giovanissimi Goblin, un gruppo progressive rock, formato da Claudio Simonetti, Walter Martino, Massimo Morante e Fabio Pignatelli. La band firmò all’incirca il 90% della colonna sonora e ad essi si aggiunse un organo di chiesa per dare un senso ancora più solenne all’atroce propagarsi del terrore anche a livello sonoro.
4. David Hemmings, Daria Nicolodi e Clara Calamai
Parte dallo sceneggiatore Bernardino Zapponi, l’idea di provinare la giovane Daria Nicolodi, che con i primi tre lungometraggi della sua carriera era riuscita ad ottenere parti in film di grandi registi, come Francesco Rosi (Uomini contro), Carmelo Bene (Salomé) ed Elio Petri (La proprietà non è più un furto). Dopo un periodo di forte titubanza da parte del regista, il quale insisteva perché l’attrice provasse le battute sino allo sfinimento, i due iniziarono ad andare d’accordo, scoprendo diversi interessi in comune e divenendo presto compagni, non più solamente sul set.
Al fianco della Nicolodi, David Hemmings, celebre per il ruolo da protagonista in Blow-Up (1966), di Michelangelo Antonioni, viene scelto direttamente dall’autore per ricoprire il ruolo del pianista Marc, dato che era noto che lo stesso interprete fosse un virtuoso dello strumento. Anche nella scelta della giusta attrice per il ruolo della madre di Carlo, Argento fece un ragionamento analogo: dovendo, infatti, rappresentare un’attrice la cui notorietà era andata scemando fino quasi a scomparire, decise di ingaggiare Clara Calamai, dato la corrispondenza della sua storia personale.
5. Le location di Profondo rosso
Pur essendo Roma ad ospitare l’intreccio intessuto da Argento assieme allo sceneggiatore Bernardino Zapponi, storico collaboratore di Sergio Corbucci, Federico Fellini e Dino Risi, la maggior parte delle riprese sono state girate tra Perugia e Torino, oltre che nella capitale. La lugubre villa del bambino urlante, all’interno della quale il protagonista Marc rinviene uno dei cadaveri, è in realtà Villa Scott e si trova in Corso Giovanni Lanza, a Torino (ai tempi collegio femminile e oggi residenza privata).
L’iconico Blue Bar in cui Carlo (Gabriele Lavia) si esibisce fu allestito appositamente per il film e, pur essendo collocato in Piazza C.L.N. (Torino), non vi si trova realmente. La location è stata pensata e realizzata come chiaro omaggio al dipinto di Edward Hopper, Nightwalks, tanto che, durante la scena, gli attori rimangono pressoché immobili, per dare quel senso di staticità proprio dell’arte pittorica.
6. Effetti ‘speciali’
Tutti gli effetti speciali della pellicola sono a cura di Germano Natali (Suspiria, Il gatto) e, soprattutto, di Carlo Rambaldi, il talentuosissimo effettista italiano, morto nell’agosto del 2012, che tra i moltissimi riconoscimenti ottenuti in carriera può vantare anche 3 delle statuette più prestigiose al mondo: 1 oscar per Alien, 1 per E.T. e, infine, quello per il King Kong del 1976. Profondo rosso segna l’unica collaborazione tra Rambaldi e Dario Argento, che ha invece poi rincontrato Natali per diversi suoi progetti.
7. Da La donna che visse due volte a Profondo rosso
Per la promozione di Profondo rosso compare, nel 1974, una locandina del tutto sembiante a quella iconica de La donna che visse due volte, pellicola targata Alfred Hitchcock e uscita nel 1958; la vertiginosità in cui affondano i corpi di James Stewart e Kim Novak viene riconsiderata nel senso dello sprofondamento interno ad un vortice dalla colorazione scarlatta.
8. Ispirazioni e modelli
L’omaggio al maestro della suspense ci fa intendere quanto fosse imprescindibile la ripresa del modello: come Hitchcock, anche gli autori italiani più rappresentativi per il genere horror e per il thriller vengono ripresi dall’autore, in maniera più o meno chiara: Mario Bava, Elio Petri, Carmelo Bene, quasi tutti quegli autori con cui, come abbiamo visto nel paragrafo dedicato agli interpreti, la protagonista femminile, Daria Nicolodi, aveva già collaborato in precedenza.
In merito alle influenze e ai riferimenti, va poi ricordato come la scena di apertura del film, in cui la sensitiva tedesca Helga Ulmann rimane brutalmente uccisa, è tratta direttamente dal reale, ispirata all’omicidio di una donna che il regista stesso aveva conosciuto durante l’infanzia, avvenuto quand’egli era ancora bambino.
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