Cannes 2017 – Fortunata: recensione del film di Sergio Castellitto
In Fortunata, una donna provata dalla vita è ancora una volta la protagonista di un film di Sergio Castellitto. Ma dopo i fasti di Non ti muovere, questa volta è proprio la sceneggiatura di Margaret Mazzantini a deludere.
Fortunata è la nuova donna dalla vita difficile ma dalla volontà di non soccombere, protagonista di un film di Sergio Castellitto. Una protagonista che non può non far correre la mente all’Italia di Penelope Cruz in Non ti muovere, purtroppo qui penalizzata da una sceneggiatura disorganica, firmata dalla moglie del regista, Margaret Mazzantini, che impedisce ad una pur bravissima Jasmine Trinca di rendere il suo personaggio iconico ed intenso quanto la sua interpretazione.
Una storia potenzialmente molto bella, come lo sono le premesse gettate da una regia accurata e coronata dall’ottima fotografia, perfetta per rendere vivido e tangibile il caldo torrido e soffocante della giornate di una donna che – in antitesi rispetto al significato del proprio nome – è costretta a correre e lottare per ottenere il minimo indispensabile da una vita che continua a provarla.
Reduce da una recente separazione da un uomo gretto e violento, che le ha dato una bambina affettuosa ma dall’indole ribelle, Fortunata passa le giornate rimbalzando da un luogo di lavoro all’altro, facendo la parrucchiera in nero di casa in casa, in attesa del denaro necessario per aprire un negozio tutto suo, modesto e meritatissimo sogno nel cassetto.
Ad appoggiarla solo il sensibile ma instabile Chicano (Alessandro Borghi), un ragazzo bipolare con una madre con problemi psichici, che Fortunata conosce fin da quando era bambina e viveva con i nonni, data la prematura scomparsa di entrambi i genitori. Fino a quando nella sua vita affannata si affaccia Patrizio (Stefano Accorsi), uno psicoterapeuta infantile interpellato dal tribunale che deve decidere in merito alla custodia della piccola Barbara, un uomo che – per la prima volta – tratta Fortunata con gentilezza e pazienza, insegnandole a rispettarsi e a fermarsi, prima di riprendere la sua infinita corsa.
Fortunata: una protagonista forte per un film dalla scrittura debole
Fortunata mette in scena una donna forte e fragile allo stesso tempo, arricchendosi di numerose simbologie (forse troppe) strada facendo, ma senza riuscire a svolgerle conferendo un senso di organicità. Ad essere principalmente sacrificato è l’approfondimento delle dinamiche tra i personaggi, l’origine delle cui relazioni viene solo accennato per poi esplodere sullo schermo in maniera invadente, cogliendo lo spettatore impreparato.
Ed è un vero peccato perché quello interpretato da Jasmine Trinca è un personaggio molto forte, dipinto in bilico sui tacchi e su una vita traballante, sulla quale gradualmente imparerà a poggiarsi a piedi nudi, ritrovando una qualche forma equilibrio. Ma il prezzo da pagare sarà l’inevitabile sofferenza che sospendere il suo bisogno di controllo su tutto implicherà, una svolta necessaria a permetterle di lasciarsi andare alle emozioni ma dal caro prezzo, dato il suo ruolo di madre contrastata da un marito che non vuole arrendersi a perderla, e che crede ancora di poterla possedere per mezzo di minacce e manipolazioni.
I personaggi sull’orlo (e oltre) di una crisi di nervi, così cari alla penna e allo sguardo della coppia Mazzantini-Castellitto, non riescono in Fortunata a trovare una collocazione comoda all’interno di un quadro al quale mancano dettagli fondamentali, indispensabili per dare un senso ad un finale che affida ad una sola immagine (pur significativa) il sunto di una storia che poteva volare ma che – purtroppo – rimane ancorata a dei difetti di fondo non compensabili da regia e recitazione.
Fortunata è in concorso a Cannes 2017 nella sezione Un Certain Regard; nel cast anche Edoardo Pesce, Nicole Centanni e Hanna Schygulla.