Cuori: recensione finale della fiction in onda su Rai Uno
Cuori, la fiction medical drama in costume in onda su Rai Uno termina il suo primo atto abbastanza convincente, promettendo una seconda stagione.
Tirare delle somme con un’ultima puntata che lascia chiaramente tutti gli snodi narrativi aperti rende difficile il compito di delineare se Cuori, medical drama in costume di Rai Uno prodotto da Rai Fiction e Aurora Tv Banijai per la regia di Riccardo Donna, sia riuscito a mettere a segno le buone impressioni che abbiamo colto ad inizio stagione nella prima puntata. La sensazione è che la fiction abbia un pacchetto estetico efficace, ben riuscito, curato e accattivante – la ricostruzione di un periodo temporale che va dagli anni ’50 agli anni ’60 è davvero molto accurata -, ma le tematiche sociali che all’inizio sembrava dovessero essere sviluppate nel corso delle puntate finiscano in secondo piano, portando lo spettatore a concentrarsi più sugli sviluppi sentimentali, le vicende e gli screzi tra i personaggi, che su una riflessione legata a dinamiche sociali e al progresso scientifico del tempo.
Cuori è composta da otto puntate composte da due episodi ciascuna e della durata di circa 50 minuti. Ora tutte disponibile in streaming su Rai Play.
Cuori: la trama dell’ultima puntata della fiction in onda su Rai Uno
Cesare (Daniele Pecci) ormai non può più nascondere la sua malattia cardiaca: sua figlia Virginia ha scoperto da alcune radiografie che le condizioni di salute di suo padre sono molto gravi e informa anche Delia (Pilar Fogliati), che chiede ad Alberto (Matteo Martari) di trovare insieme una soluzione. L’unico modo per salvare Cesare è donargli un cuore nuovo: per l’ospedale Molinette di Torino sarebbe anche un evento importante, perché si trarrebbe del primo trapianto di cuore in Italia.
Dinanzi a questa notizia, Delia e Alberto capiscono di dover mettere da parte il loro passato e la possibilità di riscrivere il loro presente, per concentrarsi totalmente sulla possibilità di salvare Cesare, cercando anche un’alternativa al trapianto che li preoccupa molto ma fortemente voluto da Cesare. Intanto per Corvara si incrina anche la sua situazione lavorativa: Mosca (Andrea Gherpelli) infatti riesce a diventare il nuovo primario della clinica grazie all’intervento del padre della meglio, venuto a conoscenza delle condizioni di salute di Corvara.
Cuori: il triangolo amoroso tra i protagonisti rischia di schiacciare le potenziali ambizioni della fiction
Da un punto di vista estetico ma anche tecnico si può dire che Cuori è un prodotto di manifattura raffinata: gli attori sono sempre perfettamente credibili, persino quelli occasionali che ricoprono il ruolo temporaneo dei pazienti dell’ospedale riescono a lasciare un segno e ad essere memorabili – dettaglio non scontato, dal momento che questo generi di personaggi nelle fiction è spesso abbozzato per mandare avanti la trama principale -, i costumi e le ambientazioni sono un fiore all’occhiello della fiction, e ci immergono pienamente nell’epoca con una fotografia che con il suo calore ne valorizza la finezza.
A ciò va aggiunta e menzionata la scelta ricercata della musica anni ’60, non tanto quella narrativa ma la selezione di brani stranieri dell’epoca che di tanto in tanto s’improvvisano durante un’operazione o in un momento intimo dei personaggi: non si tratta mai di una musica d’evasione, la scelta dei brani enfatizza il filo malinconico che trascina la storia e unisce tutti i personaggi di Cuori. Una buona confezione però non sempre è garanzia della bontà che vi troveremo al suo interno.
Pur se chiaramente in cantiere una seconda stagione, e quasi annunciata allo spettatore con il finale della prima stagione che lascia tutti gli snodi narrativi aperti, il triangolo amoroso tra Corvara, Brunello e Ferrara è così imponente da far sì che l’aspetto documentaristico della fiction, come quello di raccontare come si sia arrivati a svolgere il primo trapianto di cuore in Italia o anche i pregiudizi e le difficoltà vissuti dalle donne dell’epoca per emergere in un ambiente maschilista, ma anche le cure psichiatriche dell’epoca con un maggior approfondimento – sia schiacciato da un love drama che riesce fortunatamente a contenere le sfumature melò. Se a ciò aggiungiamo anche le vicissitudini amorose degli altri medici, accade che lo spettatore finisca per essere indirizzato solo e unicamente sull’aspetto sentimentale di un prodotto dalle ottime premesse e potenzialità, ma che rischia continuamente l’effetto soap. Ci si sarebbe aspettati che la lotta tra ragione e sentimento si respirasse un po’ meno nelle liason sentimentali e un po’ di più in corsia – al di là dei casi dei pazienti di turno -, e che fosse stato dato più spazio ai personaggi in quanto medici, in un equilibrio più omogeneo con il loro vissuto sentimentale.