I Bastardi di Pizzofalcone 3 – recensione della prima puntata della Fiction Rai
Più azione e qualche equilibrio corale pronto a sovvertirsi: i Bastardi di Pizzofalcone 3 mettono da parte il carattere più intimista della serie per sciogliere la matassa di un dramma comune.
L’appuntamento con i bastardi di Maurizio De Giovanni, dai libri alla fiction, è tornato: I Bastardi di Pizzofalcone 3, questa volta per la regia di Monica Vullo, sicuramente uno dei più attesi della stagione di Rai Fiction, prodotto insieme a Clemart. Terminata infatti la seconda stagione nel 2017, tanti gli interrogativi del pubblico dinanzi ad un finale che ha finto di essere quasi conclusivo e conciliante per concludersi poi con lo scoppio di una bomba pochi secondi prima dei titoli di coda.
Che si respira un’aria decisamente diversa, più drammatica rispetto alle stagioni precedenti è evidente sin dalla fotografia, più scura, più vera, potremmo dire anche più internazionale, e una regia che privilegia maggiormente uno sguardo corale: in questa stagione infatti gli scheletri dell’armadio di ciascuno dei bastardi vengono messi da parte, per affrontare insieme un dramma e un pericolo comune.
La fiction andrà in onda ogni lunedì alle 21.30 su Rai Uno fino al 25 Ottobre per un totale di sei puntate, ed ogni episodio sarà disponibile dopo la messa in onda anche su Rai Play.
I Bastardi di Pizzofalcone 3: la trama del primo episodio, Fuochi
Ai bastardi è andata meglio di quanto potessero immaginare: Lojacono (Alessandro Gassman), Ottavia (Tosca D’Aquino), Pisanelli (Gianfelice Imparato), Palma (Massimiliano Gallo), Aragona (Antonio Folletto), Alex (Simona Tabasco) e Romano (Gennaro Silvestre), sono sopravvissuti alla bomba scoppiata alla Trattoria di Letizia (Gioia Spaziani), che lotta tra la vita e la morte, ma i loro scheletri nell’armadio sono oggetto di analisi della squadra di Luigi Pennacchi, giunto in commissariato per condurre le indagini sull’attentato ai bastardi.
Nonostante l’ordine del vicequestore Palma di non indagare autonomamente sul caso, i bastardi pur non avendo ancora ripreso ad essere operativi iniziano ciascuno a mettere un tassello per arrivare alla verità: Lojacono insieme alla PM Piras (Carolina Crescentini) scioglie il primo dubbio che l’attentato potesse essere rivolto a lui, dati i suoi trascorsi pericolosi e qualche nemico che ancora cerca vendetta, ma intanto le indagini proseguono, e i bastardi iniziano a risalire al Saraceno, colui che avrebbe realizzato la bomba. Una pista che inizia a sciogliere solo in piccola parte una matassa che appare molto complicata e pericolosa, e che metterà a dura prova le vite di ciascuno dei bastardi.
I Bastardi di Pizzofalcone 3: un primo episodio che apre una stagione d’azione
Nelle prime due stagioni abbiamo imparato ad affezionarci ai bastardi, alle loro vite, alle loro fragilità: la regia prima di Carlo Carlei, poi di Alessandro D’Alatri, ha sempre privilegiato tra un’indagine poliziesca e l’altra, un’altra indagine, quella della geografia dei sentimenti di ciascuno di loro. E se ad oggi quei figli che piacciono alle gente, come li ha definiti De Giovanni, sono diventati per lo spettatore così tanto carta conosciuta al punto da poter immaginare cosa direbbe e cosa farebbe un Lojacono in una data circostanza, lo si deve senz’altro ad un ottimo lavoro di sceneggiatura e regia compiuto sin dalla prima stagione. Adesso alla regista Monica Vullo, il compito di raccontare forse la prova più difficile che segna ulteriormente la vita di ciascuno dei bastardi.
Ne I Bastardi di Pizzofalcone 3 perciò appare più evidente che dopo aver conosciuto a lungo ed esplorato i personaggi nel proprio intimo, adesso c’è l’esigenza di prenderli tutti insieme, di continuare un discorso anticipato alla fine della seconda stagione: far dialogare coralmente il passato e il presente di ciascuno di loro, che si incontra in unico dramma, in quell’attentato che ha senz’altro sovvertito un equilibrio, ma ha consolidato il loro legame. Sin dalle prime scene dell’episodio Fuochi che apre la terza stagione, spicca la bellezza della fotografia di Valerio Evangelista e Aic Imago, che stavolta suggerisce una Napoli più misteriosa, meno quotidiana, quella bellezza e inferno, così come la definisce Lojacono, dove alla festosità dei suoi vicoli e dei suoi colori, si affiancano ombre che prima o poi ed inspiegabilmente spesso invadono le vite di chi vi sopravvive.