Chi è Spadino? L’evoluzione di Alberto Anacleti nella serie Netflix Suburra
Tutti i cambiamenti di Spadino, protagonista di Suburra.
Ci sono villain che riescono a farci innamorare – molti, leggendo la serialità con uno stucchevole moralismo, credono che così non dovrebbe essere – e questo è proprio il caso di Alberto Anacleti, interpretato da Giacomo Ferrara. Spadino è il più giovane figlio degli Anacleti, è sinti ed omosessuale, è un criminale ma non sa/può uccidere, è nemico all’inizio degli Adami ma, lungo questa serie, diventa amico, fratello, amante – nel senso etimologico – di Aureliano, il forte, tenebroso uomo della Roma più terrigna e potente; è proprio sul rapporto tra i due uomini che si costruisce la storia e proprio sul loro avvicinarsi ed allontanarsi che si fonda la serie. Spadino compie azioni crudeli, è spesso spietato, ma è cresciuto così, non conosce altri linguaggi, non conosce altra grammatica se non quella della violenza, del potere, del danaro.
Spadino: un personaggio che rompe i cliché
Spadino è un personaggio che rompe i cliché, lui è diverso dagli altri, non si vuole sporcare però lo fa, deve avere una donna al fianco perché questo rende felici – dice la madre -, però lui questo non succede perché ama gli uomini. Se l’Aureliano di Borghi, con la postura e il fisico massiccio, l’andatura di chi si prende tutta Roma, lo sguardo da belva che brucia chiunque è il maschio che nasconde dietro al corpo la propria fragilità, lo Spadino di Ferrara si mostra già con il corpo in maniera differente, come personaggio un po’ spaccone ma anche disperato, arrabbiato e bisognoso d’affetto e di tenerezza. Un uomo nuovo nella serialità.
“Zingaro e frocio. Però mo a casa mia comanno io. La musica cambia”
I due aggettivi, attributi di un soggetto ancora in prigione – seppure dorata -, lo definiscono. Da lì tutto parte, da lì si costruisce ogni cosa. Canta, balla, si veste con uno stile esagerato, tutto collane, cappucci, giacche di pelle e creste in testa. Basta l’esteriorità per creare un personaggio? No, sicuramente no, ma sicuramente crea un immaginario, un sistema di valori che fanno di Spadino una macchia in un mondo già creato, prestabilito. Matrimonio, figli, l’attesa che arrivi il proprio momento sono tappe di un percorso che il personaggio distrugge e crea anche grazie ad Aureliano un nuovo universo.
Spadino: il rapporto con il fratello Manfredi
Spadino ci permette di calarci nel panni di chi si spinge oltre, di chi è infelice, immorale, contorto ma profondamente umano. Nella prima stagione è incastrato in un cono d’ombra dietro le spalle dell’ingombrante fratello, Manfredi che ha plasmato, costruito il fratello minore facendogli credere che c’era solo un “re” per loro, solo un detentore del potere ed era lui stesso: Manfredi. L’uomo, fino ad ora, per il ragazzo è un padre, colui che bisogna/si deve seguire, è impossibile solo pensare di allontanarsi da lui, da ciò che rappresenta; questo vuol dire anche ricevere in eredità un nemico, Aureliano. La realtà poi è diversa, quando Aurealiano e Spadino si conoscono, come una sorta di lotta Montecchi e Capuleti si incontrano/scontrano e capiscono che devono stare dalla stessa parte e per “sopravvivere” Spadino ha una sola possibilità: svincolarsi dalla figura paterna (Manfredi). Inizia a farlo e questo va di pari passo con il suo avvicinamento a Aureliano.
Tutto si fa più complicato quando, uscito dal coma Manfredi, si trova di fronte ad un giovane uomo molto più sicuro che non sta più al gioco. Il giovane non vuole tornare indietro soprattutto ora che lui e Aureliano sono vicini alla vittoria.
Spadino: la gratitudine verso chi salva
“Tu m’hai cambiato la vita Aurelià”
Con queste parole il giovane ringrazia in più di un’occasione Aureliano che è per lui tutto, è stato un nemico, che lo ha smosso e che lo ha spinto a migliorarsi, è un “collega” con cui “lavora”, è parte di quella triplice alleanza costituita insieme a Lele – che si è perso proprio perché lui non è stato cresciuto nella criminalità, secondo un certo tipo di sistema di valori -, è diventato amico con cui ha gioito quando Angelica è rimasta incinta, che ha sofferto insieme a lui quando le spire della Serpe (Manfredi, Cinaglia, la Chiesa, una certa Roma) stanno intorno al loro collo.
Spadino è affascinato da quell’uomo così diverso da lui, ne è innamorato e questo sentimento lo spingerà lungo tutta la serie anche se tra i due c’è solo un bacio nella prima stagione.
Spadino: il rapporto speciale con Aureliano
Aureliano è un fratello – uno dei punti cardine è la famiglia, non quella che ti cresce ma quella che ti scegli -, per lui Spadino prova un amore profondo, sentimento che fa sì che Suburra sia anche e per certi versi soprattutto una storia d’amore, bromance intensa e avvincente. Sotto molti punti di vista la relazione ha molti punti di contatto con quella tra Ciro e Genny di Gomorra: tra pistole puntate, lotte corpo a corpo che si trasformano in abbracci, occhi pieni di lacrime, livorosi e perduti, avvicinamenti e rapidi allontanamenti, i due amici/amanti – non si parla solo di impulso sessuale che Spadino ha nei confronti di Aureliano ma di qualcosa che va al di là – si fanno da spalla, porto sicuro, sostegno, rappresentati della dinamica fratello maggiore/fratello minore, colui che protegge e l’altro che viene protetto. Aureliano è già fisicamente forte, preparato nel corpo, tutto muscoli guizzanti e tatuaggi, armatura che cela dolori, sofferenze, ferite difficili da cancellare, agisce, attacca, sbrana il nemico – la terza stagione ad esempio vira molto nell’azione. Spadino è già fisicamente più fragile, meno schermato dal mondo, dalla famiglia, dalla società e per questo ha bisogno dell’amico per superare molti momenti; preferisce stare al fianco di Aureliano, non è colui che agisce per primo ma fa da spalla all’altro.
Quello di Spadino è un percorso complicato, lungo e difficile che ha come sottotitolo una parola: indipendenza – a questo deve mirare per diventare uomo -, dalla famiglia, dalla società, dalla sua cultura, da sé stesso e, alla fine, anche dall’amore più grande della sua vita. Vuol dire tagliare i ponti, trovare la propria identità, crescere, distruggere la casa paterna, metterla a ferro e fuoco (elemento fondamentale, in più di un’occasione il ragazzo brucia qualcosa) e solo a quel punto può costruirne una propria.
Spadino: la famiglia e Angelica, la (non) madre di suo figlio
“So io quello che devo fà in famija”
Questo è il primo momento di svolta, non segue ciò che c’è scritto nel suo sangue, nella sua educazione, capisce di avere il suo posto in famiglia quanto Manfredi (l’uomo entra in coma e così la strada per Spadino è spianata). La presa d’atto di sapere vuol dire però distruggere gli equilibri della famiglia (la madre, i parenti non apprezzano il cambio di rotta del gioane). Vuol dire costruire una dinamica tipica a quella delle tragedia shakespeariana: una guerra fratricida – soprattutto quando esce dal coma Manfredi e torna desideroso di riprendersi tutto quello che era suo.
“Angelica: E nun me pare, te fai parlà dietro, Spadì. E io non vojo scoprì d’esserme sposata co un pupazzo!
Spadino: Hai sposato n’omo! E ji devi porta rispetto, chiaro?! E mo mettete a dormì!”
Nel dialogo sopracitato tra Angelica e Spadino ci sono due punti importanti che si ricollegano ad un solo tema: mascolinità. Angelica vuole un uomo, non un pupazzo che per lei vuol dire prendersi le proprie responsabilità, per Spadino invece maschio e uomo sono sinonimi e vanno di pari passo con la virilità. Per lui è difficile accettare di essere omosessuale perché significa essere meno uomo.
La ragazza, dopo un primo momento difficile, è sempre dalla sua parte perché è la sua sposa, perché per molti versi è ancorata alla tradizione/cultura sinti, perché lei è innamorata di Spadino e perché lei, come anche Nadia, la ragazza di Aureliano, vuole avere finalmente un posto in questa guerra fra uomini. Lei c’è quando tutto cade a pezzi, nonostante sappia perfettamente che Spadino non la amerà mai come lei vorrebbe essere amata.
Per il loro matrimonio e anche per la costruzione dell’uomo Spadino il momento più importante è la gravidanza. Angelica porta in grembo il futuro Cesare, colui su cui Spadino può riversare tutto l’amore che lui non ha avuto, crescerlo con i principi per lui fondamentali. Significa non essere più figlio, ragazzino da accudire, ma uomo, padre, colui che dà inizio ad una nuova dinastia. Spadino è talmente entusiasta da correre a prendere una culla, ma è importante sottolineare non assieme ad Angelica ma con Aureliano, una culla meravigliosa in stile Anacleti in cui il loro virgulto verrà venerato come un piccolo dio.
Interessante è il fatto che questo bambino, che poi è una bambina, non nascerà mai – il diventare padre non è nel suo percorso – perché Angelica perde la creatura che porta in grembo durante una fuga in macchina. La donna dà la colpa a Spadino perché ancora una volta non si è comportato da uomo; la sua totale assenza di spina dorsale è causa di tutto. Il “non sono riuscito”, il mettere lei in secondo piano, lo rende un inetto agli occhi della giovane moglie che però non smette mai, fino all’ultimo, di amarlo.
Spadino: la strada per l’indipendenza
“Da oggi in poi io so n’omo libero e decido io d’a vita mia, chiaro?! Saluti a tutti, Spadino se ne va”
Spadino si libera, elimina quell’aura di santità da Manfredi e incomincia a pensare di valere qualcosa. Conosce se stesso, ha fatto pace con la sua omosessualità e ha ormai creato un rapporto speciale con Aureliano che è fondamentale per il suo percorso. Nell’ultima stagione ormai è completamente sganciato da lui – nonostante gli basti poco per credere alle (false) parole del fratello – ed è al fianco di Aureliano, pronto all’unione tra due famiglie che fino a poco prima erano lontane anni luce l’una dall’altra. Simbolicamente siedono su due troni, uguali, che stanno ad indicare che il loro regno si fonda sull’uguaglianza, su due monarchi diversi che non vogliono sovrastare l’altro.
In Suburra gli uomini crollano uno alla volta e cadono soprattutto quando seguono i sentimenti, l’amore, che li rende infragiliti, fallimentari. Spadino non spara al fratello, non riesce a difendere Angelica quando viene colpita in maniera crudele dal destino – il paradosso è che inconsapevolmente è Aureliano a diventare carnefice. Non si dimostra totalmente cresciuto e freddo come un leader dovrebbe essere. La stessa cosa capita al suo sodale che nell’ultima stagione tentenna, dà segni di debolezza, dà tempo al nemico di colpirlo, si sacrifica per quel fratello/compagno/amico da difendere. Sarà proprio questo sacrificio a cambiare radicalmente e per sempre Spadino, a farlo diventare uomo e a fargli compiere l’ultimo passo del suo percorso. Senza Aureliano, ormai è chiaro, non può tornare alla vita di prima, non può mentire ad Angelica, non può essere ancora un Anacleti.
Lui è lui grazie a quel padre, a quel fratello, a quell’amore così potente da trasformarlo. Nell’ultimo episodio, in quella immagine fortissima, Spadino che tiene tra le braccia il corpo di Aureliano, prima di gettarlo in mare – da solo, senza neppure aspettare l’arrivo di Nadia -, c’è la causa della sua maturazione. In quel sacrificio c’è il motivo per cui Spadino abbandona la sua vita e dà inizio ad un viaggio in solitaria, quella morte dà modo – cosa che non aveva fatto Angelica – a Spadino di vendicarsi del fratello.
Se per tutta la vita gli uomini della sua famiglia l’hanno condizionato, facendolo rimanere bambino fino ad ora, Aureliano è stato invece motore della sua crescita e senza di lui, probabilmente, sarebbe rimasto solo il fratello di Manfredi. Spadino ormai è cresciuto, è diventato grande, il suo percorso è finito e quindi anche la sua storia in Suburra è finita.