Altered Carbon su Netflix – i pro e i contro della serie TV
Nulla è mai tutto bianco o tutto nero. Persino la serie cyberpunk di Netflix, Altered Carbon - che è stata innalzata nell'Olimpo delle serie tv o degradata a progetto di serie z - vanta dalla sua tanti pro, quanti contro. Qui vi elenchiamo i motivi per vederla o per evitarla: dipende da voi
Quando si parla di serie tv, bisogna prepararsi ad affrontare i fan sfegatati e i detrattori più violenti. Ci saranno coloro che urleranno al capolavoro e coloro che si giocheranno la carta di Fantozzi davanti alla Corazzata Potemkin (con tanto di 90 minuti di applausi). Ma non c’è dubbio che ogni show abbia i suoi lati positivi e quelli negativi, in fondo così va la vita e così va anche la televisione. Ecco perché quando ha debuttato su Netflix la serie cyberpunk Altered Carbon, ci è sembrato un po’ esagerata la reazione della maggior parte della critica e del pubblico (sia a casa nostra che all’estero).
Qualcuno ha parlato di capolavoro assoluto, di rivoluzione del genere, qualcun’altro ha optato per il più totale disfattismo. Essendo noi per la diplomazia più becera, QUI trovate la nostra recensione della serie, ma in questa sede cercheremo di elencare i pro e i contro di Altered Carbon, sperando che riescano a chiarirvi le idee se sia il caso o meno di imbarcarvi in questa avventura che vi toglierà circa 10 ore della vostra vita.
Ecco tutti i pro e contro di Altered Carbon su Netflix, uscita il 2 febbraio 2018
Pro: le sequenze d’azione di Altered Carbon sono strepitose
Senza se e senza ma. Altered Carbon avrà mille difetti, ma la costruzione delle scene d’azione non è tra queste. I combattimenti sono dinamici, in linea con l’ambientazione futuristica e cyberpunk che tanto viene sbandierata. Le armi sono un prolungamento del corpo e la violenza prende quasi la forma di un balletto classico, tanto è armoniosa.
Contro: l’azione spesso non compensa i momenti vuoti di Altered Carbon
Sequenze di lotta dinamiche e prorompenti, che coinvolgono umani e intelligenze artificiali, fuciloni di precisione e aggressioni a mani nude o armati di coltellacci affilati. Tutto, però, ad un certo punto si appiattisce. Succede circa a metà stagione, quando viene perso un tempo davvero eccessivo a raccontare una storia che già avevamo ampiamente immaginato. L’azione, spesso, non basta.
Pro: l’aspetto visivo di Altered Carbon è da sogno
Ogni elemento realizzato in CGI è assolutamente bellissimo (parola che non usiamo a caso in mancanza di sinonimi migliori, è davvero bellissimo nel senso più puro del termine). Altered Carbon sazia gli occhi degli spettatori con quell’estetica che tanto ci affascina del cyberpunk. I palazzi luminosi, i neon, le strade fangose e i vicoli squallidi da una parte, i grattacieli candidi, le tuniche orlate d’oro e lo sfarzo luminoso dall’altra. Il design della serie Netflix è spettacolare, dalle armature dei soldati del governo, all’uso degli ologrammi. Se c’è una cosa che Altered Carbon è riuscito a fare è sfruttare al massimo la sua componente sci-fi.
Contro: quello di Altered Carbon è uno scenario (estetico e narrativo) già visto
Arrivati ad oggi è molto difficile (anche se non impossibile) immaginare uno scenario sci-fi o cyberpunk mai raccontato. Soprattutto è difficile farlo con elementi visivi mai usati prima in capolavori come il Blade Runner di Ridley Scott o l’anime Ghost in the Shell. Il punto è che siamo abituati alla ripetizione, ci siamo rassegnati all’idea di subire concetti già visti, già sentiti, che ci hanno già meravigliato in passato. E questa è una cosa tristissima.
Pro: l’indagine Bancroft è un’ottimo espediente narrativo in Altered Carbon
Tanto che quando se ne allontana, il castello di carte si infrange, ma questa è un’altra storia. Il protagonista, Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman) viene incaricato dall’iper miliardario matusalemme Laurens Bancroft di investigare su un omicidio… Il suo. Kovacs, inizialmente riluttante, si imbarca in un’indagine poliziesca intrigante e ben costruita che, allo stesso tempo, funge da espediente narrativo per raccontarci ogni aspetto di quel mondo, i dettagli della vita nel 2384, fatta di tecnologia invadente e invasiva, di alienazione sociale e di violenza inaudita.
Contro: quando Altered Carbon si allontana dalla strada maestra, fallisce
Come abbiamo accennato nel punto precedente, quando la storia fa un passo indietro e si allontana dall’indagine Bancroft, noi ci annoiamo a morte. E non perché non sia interessante scoprire il passato del protagonista, i dettagli della sua famiglia, i retroscena della sua preparazione, ma perché ci era già stato raccontato tutto prima, con flashback, reminiscenze e visioni. Quei momenti dedicati al ricordo li percepiamo quasi come una perdita di tempo preziosissimo, che potremmo passare a scavare nei meandri dell’Intelligenza artificiale.
Pro: il dilemma morale non è nuovo, ma Altered Carbon lo rende interessante
Quando si parla di sviluppo folle della tecnologia (pensiamo all’inflazionatissima Black Mirror o a Westworld di HBO) è normale cadere nel cliché del moralismo. Sì, perché l’essere umano è orribile e, non appena i mezzi rendono possibile un’evoluzione della bruttura, ci si ficca. Lo sfruttamento sessuale, una costante quando si parla di tecnologia al servizio dell’uomo, raggiunge picchi di gloria quando chi vuole uccidere una prostituta lo può fare: basta che le compri un nuovo corpo, magari migliore, per farsi perdonare. “Indossare” il corpo di tua madre e farci quello che ti pare, poi, è la cosa più normale del mondo.
Non è di certo un argomento nuovo e innovativo, ma Altered Carbon fa una cosa interessante: ce lo getta lì, davanti agli occhi, quasi con casualità. Non cerca di giudicare, ce lo spiega e basta. Il confine è sottile, ma ci permette di analizzare la situazione senza essere imboccati da colpi di scena o aberrazioni subito definite tali. È lo spettatore a decidere e, anche se giudicherà inevitabilmente sempre allo stesso modo, avrà la possibilità di pensare con la sua testa. Sempre.
Contro: tutto quel sangue, quella violenza e quel sesso in Altered Carbon, sono necessari?
Non fraintendeteci: amiamo l’uso del cinema e della televisione per esporre, come abbiamo già detto, le brutture della società, di ciò che esiste, ma forse arriva un momento dove bisogna porsi un domanda. Tutto quel sangue, quella violenza, quello sfruttamento della nudità (bellissima e sensualissima nudità) sono necessari? Si tratta sempre di abitudine. Ormai viviamo il sesso e la guerra come normalità. Non esiste nulla che ci scandalizzi. Per farci distogliere lo sguardo servono gli snuff movies, quelli dove si muore davvero.
Eppure quella domanda dobbiamo porcela e dobbiamo capire dove porre il limite, senza arrivare mai alla censura. È un dilemma quasi morale, che è ingiusto imputare a una serie televisiva, ma il nostro compito, qui e ora, è interrogarci. Dobbiamo capire dove finisce l’intrattenimento e dove inizia il torture porn. Perché noi che guardiamo siamo tutti normali, no? Noi osserviamo la scena con chirurgica attenzione, osservando quel seno nudo ricoperto di sangue con interesse puramente artistico, ma così non è per tutti. Probabilmente si tratta di un dubbio che, col passare degli anni svanirà nel nulla, sostituito da un uso sempre più agevole della sessualità violenta (dove Ramsey che fa eccitare Theon con due bellissime e disinibite complici, solo per castrarlo subito dopo è il ricordo più vivido che abbiamo di Il Trono di Spade), ma per ora preferiamo pensare che potrebbero esserci delle conseguenze. Oppure no, ma dovremmo vivere 500 anni come Bancroft per scoprirlo.