Così And Just Like That… ha “riscritto” i personaggi di Sex and the city
Dopo circa vent'anni ci ritroviamo faccia a faccia con le protagoniste di Sex and the city, come sono cambiate e cosa le ha cambiate?
Si torna a parlare di Sex and the city dopo vent’anni grazie al revival And Just Like That…, su Sky Atlantic e NOW con un totale di 10 episodi.
La serie Sex and the city è sicuramente una delle più famose di tutti i tempi e non solo perché ebbe (e continua ad avere) un successo clamoroso, ma perché ha rappresentato, meglio di mille trattati sociologici, i cambiamenti dei costumi femminili (soprattutto sessuali) di inizio millennio. Le avventure di Carrie, Miranda, Samantha e Charlotte, quattro amiche sui 35 anni, donne indipendenti con lavori favolosi, che appartengono all’upper class, frequentano la più elitaria vita mondana newyorchese fatta di club esclusivi (una delle ragazze è una top p.r.), vernissage in gallerie ultrachic, ristorantini esotici e soprattutto sfilate di moda, è entrata nell’immaginario collettivo.
Carrie, la protagonista che scrive sulle abitudini sessuali di queste donne, è diventata iconica, come la sua ossessione (tipicamente femminile) per le scarpe e la moda, il suo modo di gestire la propria vita sessuale come una giostra impazzita in cui si susseguono fidanzati e trombamici ma che vede alla fine trionfare l’amore romantico per Mister Big.
La serie prodotta da HBO dal 1998 al 2004, ebbe poi due film usciti al cinema, sequel diretti da Michael Patrick King, lo stesso regista che dirige oggi And just like that…, la miniserie su Sky che continua dopo circa vent’anni il racconto delle quattro donne ormai ultracinquantenni.
Da Sex and the city a And just like that… Che cosa è cambiato a distanza di circa vent’anni?
In And Just Like That… le protagoniste sono invecchiate insieme ai telespettatori. Come sappiamo non è presente Samantha, la più anziana del gruppo, interpretata dall’attrice Kim Cattrall, che ha rifiutato il sequel per motivi legati a scelte professionali. La prima cosa positiva che balza all’occhio in questo sequel è che non ci troviamo davanti a ultracinquantenni tragicamente devastate dal botox ma a donne (attrici) “vere”, al naturale, fiere delle proprie rughe e orgogliosamente grey (vedi Miranda/ Cynthia Knox). E questo è un elemento post-femminista meraviglioso che ce le rende simpatiche. A parte Charlotte che in effetti, pur in modo blando e accettabile, è un po’ plastificata ma comunque rientra nella psicologia del suo personaggio, dato che è particolarmente vanitosa e ossequiosa al glamour. Si nota insomma lo sforzo degli autori e produttori di evitare l’effetto patetico del forever young a tutti i costi. E inoltre si sa che il pubblico si rispecchia nelle protagoniste come vecchie presenze amiche e prova tenerezza nel rivedere in loro il riflesso del proprio invecchiamento.
La seconda cosa che notiamo con piacere è una raggiunta maturità nella recitazione: sono diventate tutte e tre molto più brave (a parte la solita Charlotte che, ma solo ogni tanto, si ostina a fare le sue classiche faccette da bambolina).
Il politically correct e il cambio di atmosfera dopo la grande recessione del 2007 e la pandemia Covid
In questa miniserie è molto sottolineato l’impegno politically correct in difesa dei diritti Lgbt, gender e in generale contro ogni tipo di razzismo: talmente ostentato da divenire un tantino urticante perché palesemente forzato. Va benissimo difendere i diritti “civili” ma i diritti “sociali” dei lavoratori (o meglio delle lavoratrici), non sembrano interessare agli autori in questione, che raccontano queste donne che per l’appunto continuano ad appartenere alla privilegiata upper class.
Ma il cambiamento più forte rispetto alla serie precedente, almeno nei due primi episodi che abbiamo visto, è un drastico mutamento di atmosfera: non più le feste della giovinezza spensierata nei club ma il confronto con il tema della morte e il lutto che caratterizza la maturità. E qui ci sono a monte fattori storici importantissimi: la serie HBO terminò nel 2004, dopo c’è stata la grande recessione fra il 2007 e il 2013, con relativa bolla finanziaria, che fece collassare l’economia e soprattutto la recente pandemia globale. L’impoverimento della popolazione e la recente strage di morte dovuta al covid, sembra aver raffreddato l’atmosfera gioiosa e anche un po’ incosciente in cui vivevano le protagoniste di allora. I tempi sono cambiati: meglio non ostentare troppo i privilegi dell’upper class e riflettere su temi più profondi come la morte e l’amicizia maggiormente consoni alla maturità e all’epoca attuale. Questo, in sintesi, sembra il messaggio della nuova serie.