Dark: spiegazione del finale della prima stagione
Il finale della prima stagione di Dark lascia aperte molte possibilità per la trama della seconda stagione, in arrivo a giugno sulla piattaforma Netflix.
Tra i prodotti originali Netflix del 2018, Dark risalta sicuramente essendo la prima produzione seriale tedesca firmata dalla piattaforma streaming. Pur raccontando una storia molto accattivante, piena di misteri e intrighi che viaggiano sia nello spazio che nel tempo, il risultato complessivo non riesce a convincere pienamente il pubblico, riducendo sotto molti aspetti la serie a una cupa (e a tratti non-sense) rivisitazione in salsa teutonica dell’iconica Stranger Things.
La sparizione del piccolo Mikkel mette in moto le indagini di suo padre, della sua famiglia e dei suoi amici, svelando nel corso degli episodi molti segreti che collegano diverse vicende che coinvolgono molte persone vissute in decenni diversi. La possibilità, più o meno volontaria, di spostarsi nel tempo oltre che nello spazio rivela la connessione tra casi irrisolti di bambini scomparsi, tutti afferenti alla stessa area di provenienza intorno al paese di Winden.
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I 10 episodi che compongono la prima stagione di Dark scorrono seguendo le varie indagini che si intrecciano tra loro: quelle ufficiali che vedono polizia e ricerche istituzionali che mantengono un forte attaccamento alla razionalità quotidiana innescano disappunto e frustrazione tali da provocare in alcuni personaggi, primo fra tutti il padre di Mikkel, la volontà di cimentarsi loro stessi nelle ricerche. L’uomo, preso dalla disperazione e dalla rabbia, si dimostra sicuramente più incline a concepire soluzioni alternative, intravedendo la possibilità di spostarsi nel mondo non solo in modo lineare, ma di poter aprire anche varchi verso altre dimensioni. Si innesca così una catena di viaggi nel tempo che mettono continuamente a confronti i vari personaggi (in cui la percentuale di elementi maschili raggiunge vette altissime) con la loro versione del passato cercando d’incanalare le scelte dei protagonisti in modo da rettificare o comunque non inficiare il continuum spazio-tempo.
Dark: una prima stagione dal finale aperto.
Questi continui spostamenti frammentano il finale di Dark in diverse zone temporali (nel 1953, nel 1986, nel 2019 e nel 2052) e spingono verso la chiusura del varco che li permette. Il finale non ha un bilancio del tutto positivo, provocando la morte di Helge (almeno nella sua versione adulta) e lo svelamento di Jonas nei panni dell’aguzzino, il quale cerca di distruggere il tunnel che provoca i viaggi nel tempo. La vera rivelazione, però, è che proprio il tentativo di distruggerlo creerà questo punto di accesso ad altre dimensioni temporali; nel momento in cui lo status quo iniziale, quello che il pubblico ha conosciuto nella prima puntata viene di fatto ripristinato con la creazione di questo wormhole temporale, alcuni personaggi saltano attraverso di esso. Jonas si trova così nel 2052 in un mondo distopico in cui affronta subito, soccombendo, personaggi armati.
Il finale della prima stagione di Dark è evidentemente volto a lasciarsi aperti quanti più orizzonti possibili, sfruttando una logica narrativa non esattamente incentrata sulla fidelizzazione del pubblico quanto sulla persecuzione dello stile e della trama a livello artistico. Se le premesse sono quindi encomiabili, la mancanza di legame reale tra spettatore e serie provoca noia e frustrazione, riducendo il labirinto spazio-temporale descritto a un ammasso di escamotage bui e cupi che lascia sicuramente tutte le possibilità aperte per il proseguo della storia ma che non promettono, almeno sulla carta, un reale avvicinamento con il pubblico, a cui gioverebbe un appianamento lineare delle vicende raccontate nella prima tornata di episodi.
La seconda stagione di Dark è in arrivo sempre su Netflix (anche in 4k) a partire dal 21 giugno prossimo.