Diavoli: la regia contemporanea di Nick Hurran e Jan Maria Michelini
Anche l’occhio vuole la sua parte, per questo abbiamo rivolto uno sguardo approfondito sul lavoro dietro la macchina da presa di Diavoli, la serie financial-thriller co-diretta da Nick Hurran e Jan Maria Michelini.
La creazione di una serie TV ha poche, semplici e fondamentali regole d’ingaggio da rispettare per condurre in porto la lavorazione di turno. Regole, queste, alle quali ci si deve giocoforza attenere, indipendentemente dal numero di episodi, dalle figure che ruotano all’interno della serie e dalla natura del progetto. Una volta che la fase di scrittura si è detta conclusa e i vari script consegnati nelle mani della produzione, il testimone per gli ultimi metri della staffetta passa al o ai registi coinvolti. A questi spettano non solo i compiti tradizionali che un regista deve svolgere ogniqualvolta si siede dietro una macchina da presa, che riguardano tanto la direzione degli attori quanto quella tecnica delle singole inquadrature che vanno a completare le scene, ma devono prima di tutto seguire il principale punto del vademecum, alla quale – salvo eccezionali disposizioni dettate dai piani “alti” – bisogna sottostare. Si tratta dell’omogeneità della confezione, resa possibile da un’unità stilistica che consente alla serie di avere una veste precisa e costante per l’intero ciclo di puntate. Il che consente al prodotto di mantenere una linea e una cifra riconoscibili.
Diavoli: la regia è il frutto di una condizione paritaria a livello decisionale e di un’unità d’intenti
Se la serie in questione vede la firma di un solo regista, allora il problema non sussiste, poiché sarà lui e soltanto lui, secondo il modus operandi che lo caratterizza o che caratterizza l’opera, a darle forma e sostanza. Ma mettete il caso che la presenza dietro la cinepresa sia molteplice, con un numero che generalmente può variare dalle due alle quattro unità, a quel punto che le carte in tavola cambiano e il mantenimento dell’uniformità non è più così scontata. Diventa perciò determinante la figura dello showrunner, che può essere rivestita da uno dei registi coinvolti, oppure trovarsi al cospetto di una condizione paritaria a livello decisionale frutto di un’unità d’intenti come quella che caratterizza la regia di Diavoli, la nuova serie Sky Original tratta dal best-seller omonimo di Guido Maria Brera, che vede al timone Nick Hurran e Jan Maria Michelini.
Diavoli: Hurran e Michelini hanno saputo mescolare alla perfezione gli ingredienti a disposizione e le proprie competenze
Scorrendo i rispettivi curriculum, sulla carta diversi ma entrambi di grande prestigio, la prima impressione è quella di un’apparente inconciliabilità, destinata al termine della visione dei dieci episodi a svanire. Al primo sono toccati il pilot e gli episodi dal 2 al 5, mentre al secondo i restanti. L’equa distribuzione ha dato ampio margine di manovra a entrambi, mettendo ulteriormente in mostra le ormai indubbie qualità registiche emerse in precedenza: da una parte Hurran ha potuto lavorare a progetti per il piccolo e grande schermo (tra cui The Prisoner, Doctor Who, Sherlock e Altered Carbon), al contempo il collega si è fatto le ossa su set importanti come assistente e regista della seconda Unità (da The Passion di Mel Gibson ad Angeli e Demoni di Ron Howard, passando per I Medici) per poi prendere le redini di serie di successo come la recente DOC – Nelle tue mani. Le moltissime esperienze maturate sul campo a livello internazionale hanno di fatto appianato le distanza, consegnando alla serie un efficace, compatto e pregevole linguaggio comune, dove la qualità va di pari passo con l’estetica. Del resto l’occhio vuole sempre la sua parte, con Hurran e Michelini che hanno saputo mescolare alla perfezione gli ingredienti a disposizione e le proprie competenze. Il risultato è meritevole di attenzione, capace di tenere testa a moltissime serie d’oltreoceano.
Diavoli: una messa in scena dal forte impatto visivo
La cifra stilistica del cineasta britannico ha così incontrato quella dell’italiano e viceversa, mescolandosi senza soluzione di continuità in una messa in scena dal forte impatto visivo, eclettica e dotata di un variegato campionario di soluzioni tecniche degne di nota, al fine di per assecondare la componente genetica di genere, che fa capo nello specifico al financial-thriller. In quanto tale, la confezione di Diavoli necessitava di una regia veloce e dai continui cambiamenti di fronte e ritmo, così da permettere alla narrazione e alla sua messa in quadro di accelerare e decelerare a seconda delle situazioni. Sono gli stessi registi a confermarcelo nelle rispettive note di regia, con Hurran che ha dichiarato: “ho scelto di adottare un approccio molto cinematografico, mantenendo uno stile e un tono moderni, decisi come il ferro e il vetro delle architetture di Canary Wharf: veloce, patinato, riflettente; nei toni abbiamo rappresentato una realtà dura, che interpretasse le sceneggiature e incorniciasse le performance. Il montaggio che ho voluto è veloce, contemporaneo, creativo: voglio che tu sappia che stai guardando Diavoli”.
Michelini sulla regia di Diavoli: “utilizzo di materiale di repertorio come schegge di verità che connettessero lo spettatore con il realismo della storia”
Parole alle quali hanno fatto seguito quelle di Michelini: “La serie è molto di più di un thriller finanziario. Oltre alla storia di Massimo, sveliamo i retroscena di quanto accaduto fra il 2009 e il 2011, quando l’Europa era sotto un severo attacco finanziario e in una profonda crisi politico – economica. Per fare questo abbiamo trovato una soluzione stilistica forte, con l’utilizzo di materiale di repertorio come “schegge di verità” che connettessero lo spettatore con il realismo della storia e rafforzassero i legami con l’attualità. Ho cercato di dare alla serie uno stile moderno, innovativo e realistico, macchina a mano in contrasto con una composizione sempre attenta ed elegante, tesa allo sdoppiamento dei campi visivi, che ricerca un utilizzo dell’high-speed nei momenti cruciali del sentire del protagonista. Un linguaggio insomma che sottolinea come lo spotlight, il punto focale di interesse, può essere indirizzato dove convenga quando conviene. Un linguaggio visivo che vuole riflettere il metodo usato dalla finanza quando si fa strumento politico”.
Diavoli: raffica di dialoghi e di inquadrature scaricate sullo schermo
A conferma di tutto ciò, è sufficiente il folgorante incipit dell’episodio inaugurale per scoprire tutte le carte in tavola, con la raffica di dialoghi e di inquadrature scaricate sullo schermo a intervallare la caduta nel vuoto di un corpo non identificato dai piani alti del grattacielo della sede londinese della banca americana che farà da cornice alla guerra intestina tra il CEO Dominic Morgan (interpretato da Patrick Dempsey) e l’Head of Trading Massimo Ruggero (interpretato da Alessandro Borghi). La location principale ha anch’essa influenzato – e non poco – lo stile, con la regia che ha “giocato” moltissimo con le superfici vitree presenti, insistendo sui riflessi dei personaggi negli specchi e nelle vetrate con effetti di distorsione, sdoppiamento o frammentazione corporea. Il messaggio è chiaro: tutti sono sotto gli occhi di tutti, compresi quelli degli spettatori, ma i segreti no, quelli no e devono restare sepolti.