Doc – Nelle tue mani 2 e l’irruzione del Covid. Era proprio necessario?
SPOILER ALERT! La squadra di medici guidata da Andrea Fanti (Luca Argentero) perde uno dei suoi componenti più amati. La fiction vorrebbe confrontarsi con la realtà, ma non va fino in fondo e finisce soltanto per deludere.
DOC – Nelle tue mani è (era?) una meraviglia di medical drama all’italiana. Ispirata, con molte licenze romanzesche, alla vera storia di Pierdante Piccioni, medico che, a seguito di un incidente, perdette dodici anni di memorie, la fiction segue le vicende di alcuni dottori che lavorano al reparto di Medicina interna del Policlinico Ambrosiano di Milano.
Nella prima stagione il primario Andrea Fanti (Luca Argentero), medico appassionato e idealista che nel tempo è però divenuto cinico, interessato per vanagloria soltanto alla risoluzione dei casi clinici e indifferente alle vite emotive dei suoi pazienti, si prende un colpo di pistola in testa e perde la memoria degli ultimi dodici anni della sua esistenza, ritrovandosi alle prese con la ricostruzione di sé nonché con l’accettazione e l’elaborazione – in certi casi, persino la risoluzione concreta o simbolica – di alcuni eventi rimossi: la fine del suo matrimonio, la morte del figlio minore per arresto cardiaco, l’allontanamento dalla figlia maggiore, la relazione nel frattempo allacciata (e appunto dimenticata) con Giulia (Matilde Gioli), una collega-allieva dal forte temperamento.
Realtà e fiaba intrecciate: Fanti e i suoi discepoli sono medici-eroi affaticati dall’ospedale, ma tutti giovani, belli e innamorati
Lo staff di Fanti, composto da collaboratori giovani e giovanissimi (tra cui quattro specializzandi), si distingue per gli altissimi standard estetici e l’indiscutibile charme di ognuno: son tutti belli e affascinanti, con un diverso segreto che li fa soffrire e un amore, spesso contrastato o (auto)sabotato, che li fa palpitare. Come qualsiasi medical drama che si rispetti, il realismo – non solo il confronto con la malattia e la morte, ma anche e soprattutto le ordinarie e straordinarie fatiche professionali e relazionali – si stempera nella fiaba, e la credibilità diviene, a ragione, concetto aereo e negoziabile: dopo almeno una dozzina di ore in corsia, freschi come rose, i nostri medici trovano sempre e comunque tempo ed energie per provare a far luce nel guazzabuglio del loro cuore ferito o (provvisoriamente) messo a tacere. Di fronte a ogni finzione che si rispetti, è richiesta la sospensione d’incredulità, e guai se gli sceneggiatori non riuscissero a mantenere l’equilibrio tra frustrazione del sogno e rinnovamento della speranza in un debito happy ending.
In Doc – Nelle tue mani 2 il Covid entra nella fiction e la priva di uno dei suoi principali interpreti, ma era davvero necessario?
Ora che DOC – Nelle tua mani è tornato, per una seconda stagione che si protrarrà per due mesi, qualcosa sembra essersi rotto: nel primo episodio irrompe il Covid; nel secondo, ambientato a distanza di qualche mese, scopriamo che è già stato superato – il focus si sposta sugli strascichi, anche psicologici, che ha lasciato dietro di sé – e che, sul campo, è rimasta una vittima, il dottor Lorenzo Lazzarini (Gianmarco Spaurino), il quale, dopo una brevissima parentesi di felicità, chiude gli occhi per sempre, e tanti saluti.
L’uscita di scena colpisce per la sua precocità: il personaggio, immolato a esigenze più simboliche che narrative, finisce per incarnare il sacrificio compiuto dai medici durante la fase più acuta della pandemia. Vedremo come gli autori hanno scelto di affrontare il tema dell’elaborazione della perdita da parte dei colleghi di Lorenzo e hanno declinato gli spunti già disseminati nelle puntate iniziali.
Viene da chiedersi, tuttavia, se fosse davvero necessario fare della fiction – un luogo che dovrebbe preservarsi in certa misura alieno alla cronaca – una replica di quanto già trova larga e quotidiana rappresentazione mediatica e, soprattutto, fino a che punto linguaggi e codici della fiction siano in grado di rappresentare con la giusta finezza la complessità di un reale che ancora ci sfugge proprio perché tuttora nel processo di compiersi. Da una serie Rai ci saremmo aspettati, forse ingenuamente, altro: un respiro e un sollievo, se non appunto, come promesso dal titolo del primo episodio, addirittura una vita nuova.