Editoriale | Da I Medici a Il Nome della Rosa: la Rivoluzione è Rai
Verso quale direzione sta andando la Rai e cosa riserva il futuro seriale? Analizziamo insieme questo cambio di rotta di Mamma Rai; un'evoluzione che porta sul piccolo schermo nomi internazionali e la storia italiana.
Dopo I Medici e L’amica geniale, è arrivata la terza grande produzione internazionale di Rai Fiction, Il nome della rosa, serie in 8 puntate diretta da Giacomo Battiato, produzione da 26 milioni di euro, realizzata assieme a 11 Marzo Film, Palomar e alla tedesca Tele München. A quasi quarant’anni dalla sua pubblicazione il bestseller di Eco diventa una serie tv, adeguandosi ai tempi e ai linguaggi, realizzando un’opera di 400 minuti, divisi in quattro serate, a partire dal 4 Marzo su Rai 1. Sono varie le riflessioni che genera un prodotto di questo tipo, la prima è su che cosa porti alla produzione italiana una miniserie di questo tipo e in che modo si ponga rispetto al resto, la seconda è dove porterà Il nome della rosa.
Il Nome della Rosa: leggi la nostra recensione
Il Nome della Rosa: una serie tv coraggiosa che punta a un lavoro ben diverso dalle solite fiction Rai
Nel 1986 il libro diventa un film con Sean Connery, nel 2019 è una miniserie televisiva pensata per il mercato internazionale, con un cast altrettanto internazionale, con una sceneggiatura realizzata da Andrea Porporati e dal regista Nigel Williams.
Rai Fiction, dimostrando di avere grandi ambizioni e nessuna paura di affrontare la complessità del libro, porta sul piccolo schermo un’opera titanica che ha sulle spalle il peso di due successi e, proprio per questo, l‘idea sembrerebbe rischiosa sotto molti punti di vista. Questa dunque si pone come una sfida nella sfida.
Guardando il panorama delle opere di fiction Rai è chiaro che lo stampo di questo lavoro è ben diverso. Se la rete ammiraglia ha abituato il suo pubblico a una narrazione ben definita, di eroi nazionali (Salvo D’Acquisto, con l’uomo d’oro della fiction italiana Beppe Fiorello, prima ancora Perlasca, con Luca Zingaretti, prima di interpretare il commissario Montalbano), con un album fatto di santi (Don Matteo) e famiglie del mulino bianco, con le fiction o miniserie co-prodotte mira a portare un altro tipo di testo, a coinvolgere un altro tipo di pubblico, con un altro tipo di messaggio. Già con I Medici (diretta da Frank Spotnitz e Nicholas Meyer, prodotta insieme a Lux Vide, Big Light, Altice Studio), Rai Fiction punta in alto tentando di portare entro i confini nazionali ed oltre ad essi le grandi pagine della Storia italiana e lo fa in maniera “democratica” – prodotti di questo tipo solitamente vengono trasmessi su canali a pagamento che per forza di cose limitano l’utenza e la fruibilità.
Non è banale pensare di raccontare l’ascesa di una delle più grandi famiglie di Firenze ad un pubblico che è abituato ad appassionarsi ad altre vicende, non è banale pensare che un prodotto di questo tipo riesca ad avere successo tanto da realizzare due stagioni e avere in progetto una terza (a gennaio sono iniziate le riprese).
Da I Medici a Il nome della rosa: la Rai cambia pelle e obiettivi e porta nelle nostre cose la Storia Italiana
L’impianto che sta dietro ad una produzione come I Medici, ad esempio, è completamente diverso da una classica Rai, di solito incentrata o “ingabbiata” nel dialetto, nell’inflessione dialettale, abituata ai soliti volti e alle solite storie, mentre qui si recita in inglese, le storie sono quelle dei grandi libri, delle grandi figure della cultura italiana, gli attori sono un centinaio, italiani e stranieri, le comparse sono migliaia, si sono realizzati 7000 costumi. La stessa situazione vale per Il nome della rosa, l’internazionalità non è data solo dal cast, tra cui spicca John Turturro che è Guglielmo di Baskerville, o dagli attori che recitano in lingua inglese (la miniserie è disponibile in doppio audio sia su Rai 1 che su Rai Play), ma anche, e forse sopratutto, per il modo in cui Giacomo Battiato dirige la sua opera. Il regista lavora sugli ambienti, nella scelta delle location, in quella delle scenografie con un respiro differente che avvicina questa produzione più a quelle estere che a quelle italiche – Il nome della rosa è già stato acquistato da molti paesi tra cui Inghilterra e Stati Uniti.
Chi è John Turturro: film, vita privata e curiosità sull’attore
L’impressione è che Rai Fiction ormai sia indirizzata verso questo tipo di percorso, iniziato appunto con I Medici ma anche con L’amica geniale – prodotta insieme a HBO, diretta da Saverio Costanzo, autore apprezzato all’estero come in Italia per le sue storie profonde e tese -, che vuole raccontare al proprio pubblico cosa siamo stati, che cosa abbiamo fatto e portare questo bagaglio culturale, letterario, storico nel mondo. Chiaramente è più facile aprirsi le porte nel grande mercato internazionale con titoli evento come questi che hanno già in sé la vocazione a piacere all’estero.
Eventi come questi che portano con sé un sistema di valori ben specifici, un immaginario ben definito – la figura autoriale di Eco, il mistero su chi sia Elena Ferrante, il mito di una famiglia che ha reso grande Firenze e quindi l’Italia tutta, o più banalmente la passione verso una star internazionale che riveste i panni di uno dei protagonisti (Richard Madden, il Robb Stark di Game of Thrones) – fanno evidentemente notizia, ascolti, creano un bacino d’utenza che volente o nolente amplierà il proprio bagaglio visivo e culturale.
I Medici, L’amica geniale, Il nome della rosa e la grande sfida della Rai ai colossi internazionali
La sfida di Rai Fiction è stata ancor più complessa se si pensa alla competizione globale, ma anche alla concorrenza di Amazon e di Netflix, che consolidano di produzione in produzione il loro valore. Rai Fiction quindi prende le misure, si appoggia e dà sostegno a suo volta. Le case di produzione francesi, tedesche, inglesi possono essere utili per dare vita ad una rete di rapporti mirata alla creazione, al finanziamento e alla coproduzione di serie tv, in grado di competere con la serialità internazionale. Il desiderio è chiaro, dare alla luce progetti ambiziosi, alti, competitivi anche sotto il profilo finanziario; l’alleanza fa si che le produzioni in gioco abbiano la libertà creativa di portare le proprie idee, ma anche la possibilità di apportare modifiche nei lavori dei partner. Un lavoro come Il nome della rosa, qualunque sia il giudizio sull’opera di per sé, non può far altro che dare respiro alla produzione italiana, sia entro i confini sia oltre ad essi: è importante che arrivino all’estero prodotti come I Medici, L’amica geniale, Il nome della rosa perché rompono i soliti cliché dell'”italianità”, raccontano e mostrano gli anni del Rinascimento, l’importanza dell’educazione per salvarsi da un destino segnato, riportano in auge il mito di uno testi più importante della letteratura moderna e del suo autore.
Il nome della rosa – La serie: a che punto siamo e dove si vuole arrivare
Mentre si gioisce per gli ascolti e il successo, ma anche forse si fa i conti con le critiche di chi mal sopporta un lavoro come quello fatto su Il nome della rosa, Rai Fiction sta lavorando ad altri due prodotti che consolidano ulteriormente l’alleanza con le case di produzione francesi e tedesche (France Télévisions e Zdf), anche se per ora quella tedesca non è entrata ancora nei progetti. Il primo lavoro è Leonardo (scritta da Frank Spotnitz e Stephen Thompson), una serie in otto puntate, dedicata a una figura complessa della pittura rinascimentale che dovrebbe uscire nel 2019: il protagonista, visto attraverso gli occhi di una delle sue modelle, è figlio illegittimo, omosessuale, vegetariano e mancino, un vero outsider anticonvenzionale per quell’epoca. Il secondo è La città eterna, un crime ambientato nel 1963 a Roma, in piena Dolce vita, nell’anno della visita di John Fitzgerald Kennedy in Europa e dell’avvio del Concilio Vaticano II. Si parte da un fatto di cronaca, la morte di una giovane attrice francese e il ritrovamento vicino al suo corpo di un’agenda nera con 100 indirizzi di uomini. La Rai potrebbe anche partecipare alla serie proposta dai francesi, Il giro del mondo in 80 giorni, tratta da Jules Verne.
Rai Fiction, grazie a opere come queste, al prezioso biglietto da visite che esse rappresentano, segue una strada coraggiosa, con tenacia e così riesce a intraprendere nuovi percorsi rinnovandosi anche sul suolo prettamente nazionale – si pensi a Rocco Schiavone che si fa notare e si afferma anche a livello internazionale (arriva in Inghilterra e anche in USA) -, e a realizzare coproduzioni sempre migliori.