Fedeltà, L’amica geniale 3 e il sesso. Quando il piacere è “fastidio”, femminismo, semplice icona
Spoiler alert! Se gli episodi 3 e 4 della terza stagione de L’amica geniale toccano verità profonde sulla sessualità dal punto di vista femminile (e femminista), Fedeltà, che pure sulla sessualità dovrebbe proporre una visione propria, ne confeziona soltanto una rappresentazione plastica, posticcia, patinata. Senza nulla di nuovo – e di vero – da dire.
Nell’episodio 3 della stagione 3 de L’amica geniale, serie attualmente in onda ogni domenica sera su Rai Uno e disponibile alla visione anche su RaiPlay, Lenù incontra Nino Sarratore alla presentazione milanese del suo libro La divagazione. Il giovane assistente universitario, un tempo amato sia da lei sia da Lila, le confida che quest’ultima, con cui ha vissuto una relazione tanto breve quanto appassionata, è “fatta male nel sesso”.
L’amica geniale 3: Lila e Lenù si confrontano sulla difficoltà femminile a godere del sesso, ciascuna identificandosi con l’altra e ignorando sé stessa
La rivelazione, così formulata, non viene subito decifrata da Lenù che, per tutta la sera e le settimane successive, s’interroga sul significato di quelle parole, un giudizio che le risuona come il vaticinio di un oracolo, enigmatico e definitivo. Quando Lila e Lenù, durante una breve pausa da alcune visite mediche trascorsa in riva al mare, trovano finalmente l’occasione di confrontarsi, nasce tra loro uno scambio che, per la rappresentazione seriale mainstream, assume caratteri rivoluzionari.
“Quella cosa là non mi ha mai dato il piacere che credevo da ragazzina”, esordisce Lila, riferendosi al sesso: nell’amica, che ha appena scritto un romanzo dai più giudicato ‘audace’ per le sue tematiche, cerca un rispecchiamento, una ‘stampella’ identitaria che le permetta di capire sé stessa e le ragioni della sua resistenza ad abbandonarsi al piacere sessuale, a godere del e con il suo corpo di e con un altro corpo.
La giovane donna continua la sua confessione: “Io ho fatto tutto quello che un maschio vuole da una femmina: l’ho fatto a forza, per curiosità, per passione. […]. Ma non riesco ad accettare dentro di me neanche un uomo perbene come Enzo. Tutta questa gioia che ti fa uscire pazza mi pare un’esagerazione”. Lenù non sa cosa risponderle e, anche se incalzata da Lila – “Il fastidio di chiavare lo hai raccontato. Se lo hai raccontato, vuol dire che lo conosci” –, resta muta perché la sua penna, nello scrivere, era stata in fondo guidata dall’identificazione con l’amica, dell’idea della sessualità femminile che Lenù si era costruita a partire da Lila, da ciò che credeva lei avrebbe raccontato.
L’amica geniale 3 e “l’infelicità viziosa” del sesso
Il commento affidato alla voce fuori campo di Alba Rohrwacher, la narratrice che guarda ai fatti rappresentati a posteriori e dal punto di vista di Lenù, cerca di fare ordine nella materia caotica della sessualità ed esplicita il rispecchiamento fatale tra le due amiche: “Fatta male nel sesso? Se lo era lei, lo ero anche io”. Benché l’esperienza di Lenù sia diversa da quella di Lila, non riesce a non sentire come propria la sentenza espressa da Nino sull’amica: “Il sesso mi dava piacere e quel piacere lo desideravo, ma ero piena di ansie. Sempre spaventata dalla possibilità di restare incinta o dal giudizio dei maschi: erano loro che ti dicevano come dovevi essere e a criticarti sia che ti tiravi indietro sia che ti abbandonavi. Anche Nino, con quella sua frase, cosa aveva fatto? Si comportavano tutti come se i loro desideri dovessero essere per forza i nostri. Il risultato era che il piacere sembrava un’infelicità viziosa”.
Lenù ha innalzato Lila al ruolo di colei che sola può incarnare ai suoi occhi il segreto della femminilità, colei che possiede l’esito dell’enigma: cosa vuole un uomo da una donna? Così, pure se, come appare evidente nell’episodio 4, la fatica del piacere le è in verità sconosciuta, non può fare a mantenere vivo il fantasma del modello rappresentato dall’altra, l’ideale della ‘vera’ femminilità che lei può solo replicare e che prevede l’ostilità aggressiva e nervosa nei confronti del sesso vissuto come volontà di dominio e come riduzione a oggetto da parte dell’altro maschile.
Certamente, inoltre, quel che L’amica geniale, questa volta nell’episodio 4, mostra con chiarezza, nella rappresentazione affatto misticizzata della vita sessuale di Lenù, è che vi è spesso una sfasatura – una mancata coincidenza – tra l’appagamento sessuale e l’appagamento d’amore, un’esperienza, questa del disallineamento, che erroneamente si crede più maschile che femminile, ed è invece universale. Stefano, il marito, riesce a soddisfare il desiderio sessuale di Lenù, ma fallisce nel rispondere alla sua domanda d’amore, turbinante intorno a un vuoto di sapere che Lenù presume possa riempire solo Lila, la cui intelligenza superiore e tanto profondamente adattativa e ancorata alla realtà fa da puntello, da insegna (illusoriamente) in grado di dare la direzione.
L’amica geniale (Rai) e Fedeltà (Netflix) a confronto
L’amica geniale, grazie alla qualità della sua scrittura e delle interpretazioni, riesce a srotolare una narrazione nuova, perlomeno nella capacità di incanalare in grammatiche semplici verità complesse, sulla sessualità e sul modo in cui le donne la vivono e ne parlano, per la prima volta nel segno sia del riconoscimento sia della messa in discussione dell’influenza che hanno, sulla sessualità femminile, la misura maschile e il ‘fantasma’ di un’altra donna, assunta a modello del tutto virtuale di ciò che un uomo nel sesso si aspetterebbe.
Se confrontiamo L’amica geniale con Fedeltà, la serie disponibile sul catalogo Netflix dal 14 febbraio 2022, ci rendiamo conto che la seconda, sebbene imperniata sul conflitto tra due diverse esigenze – costruire il legame d’amore stabile, da un parte; dall’altra, lasciare spazio alle alternative alla coppia e ad altre relazioni sessuali –, non sembra proporre sulla sessualità e sul suo ‘enigma’ una visione nuova: il sesso è concepito come tentazione o collante, come seduzione attuata e subita, quindi essenzialmente reciproca, ma in nessun momento è visto come territorio di rischio, dubbio, incontro spiazzante e rivelatore con gli altri e, soprattutto, con sé stessi. Le rappresentazioni dei rapporti sessuali appaiono sempre plastiche, posticce, patinate, del resto in linea con l’impostazione complessiva della serie, che fa della superficie estetica delle cose non un codice cifrato di possibili verità da interrogare, ma la pellicola che sigilla e impedisce l’emersione del vero.
Se L’amica geniale 3 rompe tabù su Rai Uno in prima serata – il “fastidio” del sesso, le sue complicazioni–, Fedeltà, da cui ci saremmo aspettati il ricorso a linguaggi contemporanei e l’evocazione di inquietudini nuove, scivola placidamente nella gratuità, e quindi nello sciupio, della rappresentazione della sessualità, ridotta a mera icona da contemplare, senza neppure azzardare un’interrogazione o una sfida.