Il tatuatore di Auschwitz: la vera storia d’amore dietro alla serie Sky Original
Le storie d'amore riescono a fiorire anche nei luoghi peggiori.. come la storia di Lale e Gita.
La serie Il tatuatore di Auschwitz, basata sul bestseller di Heather Morris, rivela una storia di amore e coraggio ambientata nel cuore dell’Olocausto. Lale Sokolov, interpretato da Jonah Hauer-King, è un ebreo slovacco deportato ad Auschwitz nel 1942, dove diventa uno dei tatuatori incaricati di marchiare i prigionieri. È in questo contesto oscuro che incontra Gita, interpretata da Hanna Próchniak, una ragazza appena arrivata nel campo di concentramento. Nonostante la loro sembri una semplice storia da film, non è così: dietro questo racconto c’è una storia vera che vede protagonisti due giovani pronti a sfidare ogni cosa per il loro amore.
Come nasce il romanzo Il tatuatore di Auschwitz
Lale Sokolov, originariamente Ludwig “Lale” Eisenberg, nacque da genitori ebrei in Slovacchia nel 1916. La sua storia d’amore con Gita Fuhrmannova iniziò quando, nel 1942, le fu assegnato il compito di tatuare il numero di identificazione “34902” sulla sua pelle ad Auschwitz. Durante il loro tempo nel campo, i due riuscirono a mantenere viva la loro relazione attraverso lettere contrabbandate e incontri segreti nel blocco di Lale, prima di essere separati al momento della liberazione.
Dopo la loro riunione a Bratislava, si sposarono nel 1945 e fuggirono in Australia per iniziare una nuova vita insieme. Sokolov mantenne per oltre 50 anni il silenzio sulle sue esperienze ad Auschwitz, fino a quando decise di condividerle con l’autrice Heather Morris nei tre anni precedenti alla sua morte nel 2006. Il libro risultante, Il tatuatore di Auschwitz, pubblicato nel 2018, narra l’incontro di Sokolov con Gita e la loro vita insieme in Australia dopo la fine della seconda guerra mondiale.
L’inizio della vita nel campo, la storia vera de Il tatuatore di Auschwitz
L’ingresso di Sokolov ad Auschwitz nel 1942 segnò l’inizio di un’esperienza straziante e surreale. Giunto al campo all’età di 26 anni, fu subito colpito dal tifo, una malattia che avrebbe potuto essere fatale in quel contesto spietato e privo di cure. Fortunatamente, trovò un alleato in un prigioniero francese che, nonostante le terribili circostanze, volle prendersi cura di lui. Fu questo uomo a tatuare sul suo braccio il numero del campo, 32407, in un atto che, sebbene brutale, in qualche modo lo legava alla sopravvivenza.
Così, da lui, Sokolov imparò rapidamente il mestiere e divenne il principale tatuatore del campo, un ruolo che gli permise un certo grado di privilegio e protezione. La sua abilità nell’arte del tatuaggio, unita alla sua conoscenza di diverse lingue, lo rese un assetto prezioso per gli ufficiali delle SS, che lo impiegarono nell’ala politica del campo. Tuttavia, dietro questo apparente vantaggio, si celava una realtà cupa e inquietante: Sokolov era costretto a marchiare centinaia di migliaia di prigionieri, segnando le loro vite con numeri che li riducevano a mere statistiche in un sistema di orrore e distruzione.
“Non si è mai e poi mai considerato un collaboratore. Ha fatto quello che ha fatto per sopravvivere. Ha detto che non gli era stato detto che avrebbe potuto avere questo o quel lavoro, e che era meglio accettare qualunque cosa ti venisse offerta con gratitudine, perché significava che forse ti saresti svegliato la mattina dopo”. Ha dichiarato l’autrice del libro Il tatuatore di Auschwitz alla BBC.
L’incontro con Gita e la storia d’amore segreta
Nel luglio del 1942, la vita di Lale Sokolov prese una piega inaspettata quando il destino gli affidò il compito di tatuare il numero 34902 sul braccio di una giovane donna nel campo di concentramento di Auschwitz. Ma quella giovane donna, Gita Fuhrmannova, divenne più di un semplice numero da registrare sulla pelle; i suoi occhi catturarono immediatamente il cuore di Lale. Nonostante le avversità e il terrore che li circondava, Lale trovò il coraggio di instaurare un contatto clandestino con Gita, sfidando le severe regole del campo. Con l’aiuto di una guardia delle SS, che curiosamente si era affezionata a lui, Lale riuscì a far pervenire a Gita delle lettere, a fornirle razioni extra di cibo e persino a migliorare la sua assegnazione lavorativa all’interno del campo. Fu così che la loro storia d’amore andò avanti nel campo.
Non appena la situazione lo permise, Lale e Gita cominciarono ad avere incontri segreti al di fuori del loro isolamento nel campo di concentramento. Gita, nonostante i suoi dubbi e paure, mantenne viva la speranza di un futuro migliore, e così anche Lale. Nel tumulto del 1945, quando l’arrivo dei russi significava la fine dell’orrore di Auschwitz, Gita fu tra coloro che furono scelti per lasciare il campo. Mentre Gita partiva, Sokolov rimase, deciso a ritrovare il suo amore.
Tornato nella sua città natale, Krompachy, in Cecoslovacchia, Lale, usando i gioielli rubati ai nazisti, si mise alla ricerca di Gita. La notizia della sopravvivenza della sua famiglia, inclusa sua sorella Goldie, portò un po’ di conforto, ma il vero desiderio di Lale era rivedere Gita. Con il cuore colmo di speranza, si recò a Bratislava, sperando di incontrarla sulla strada del ritorno in Cecoslovacchia. Seguirono settimane di attesa alla stazione ferroviaria, finché finalmente un’indicazione lo portò alla Croce Rossa. Fu lì, tra le strade trafficate e il frastuono della vita che ricominciava, che i loro sguardi si incrociarono di nuovo.
Dopo il loro matrimonio nell’ottobre del 1945, la vita di Lale e Gita fu ancora una volta messa alla prova quando Sokolov fu arrestato per il suo coinvolgimento nel sostegno finanziario a Israele. Determinati a proteggere il loro amore e la loro famiglia, decisero di fuggire dall’Europa, intraprendendo un viaggio attraverso Vienna e Parigi prima di stabilirsi in Australia. A Melbourne, trovarono una nuova casa e una nuova vita, liberi dalle ombre del passato. Qui, Lale avviò una fiorente attività tessile mentre Gita coltivava la sua passione per la moda, disegnando abiti. Nel 1961, i due ebbero un figlio e rimasero sempre insieme.
Leggi anche Il tatuatore di Auschwitz: Harvey Keitel rivive l’orrore dell’Olocausto nel trailer della serie