La regina Carlotta: Una storia di Bridgerton – La storia vera dietro la serie Netflix
Più longeva regina consorte dopo Filippo, Carlotta fu allieva di Bach, amica di Maria Antonietta e madre di quindici figli. Interessata alla cultura e alle arti, fece sposare tardi le sue figlie perché potessero terminare i loro studi. Storia di una seconda scelta che divenne prima in tutto. Ma fu mulatta solo in ritratto.
Bridegrton torna sì su Netflix, ma non con la sua terza stagione, molto attesa e già preannunciata come dedicata a Penelope e Colin, bensì con un prequel/spin-off ispirato alla vita della giovane regina Carlotta (India Ria Amarteifio), scritto da Shonda Rhimes in persona.
La serie mostra l’arrivo a Londra, a diciassette anni, dalla Germania natìa, di Carlotta, promessa sposa a re Giorgio III, monarca, e soprattutto futuro marito, che però non ha mai incontrato prima. A dispetto dell’iniziale riluttanza ad accettare una vita che altri hanno pianificato al suo posto, Carlotta finisce per innamorarsi dell’uomo impostole.
La regina Carlotta: chi era davvero la protagonista nel nuovo show Bridgerton, che divenne regina grazie a una lettera
Carlotta di Meclemburgo-Strelitz, nata a Mirow nel 1744, fu la più piccola dei figli del duca Carlo Ludovico Federico di Meclemburgo-Strelitz e della principessa Elisabetta Albertina di Sassonia-Hildburghausen. Di sangue soltanto ducale e principesco, non aveva parenti re se non due bis-bis-bis-bisnonni: Gustavo I di Svezia e Federico I di Danimarca. Una parentela troppo oscura e remota perché potesse condurla a un matrimonio reale. Almeno sulla carta. Le cose sarebbero andate diversamente.
Cresciuta nel castello della Mirow natale, più simile a una dimora di campagna che a un lussuoso palazzo, nella sua infanzia e prima adolescenza sperimentò un ambiente semplice, molto diverso dalla Corte che avrebbe conosciuto da sposata. Alla madre premeva, però, molto la sua educazione: Carlotta ne ricevette una varia, che comprendeva lo studio delle lingue e delle lettere, delle scienze e dell’economia domestica, oltre a discipline pratiche quali il ricamo e il cucito. La passione per le arti l’avrebbe coltivata per tutta la vita. Per un periodo, già regina, chiamò ad impartirle lezioni di musica persino Johann Sebastian Bach. Di confessione luterana, con le nozze poi abbandonata a favore dell’anglicanesimo, la duchessa venne seguita durante l’infanzia da Gentzner, un pastore che la istruì anche alla botanica, disciplina nella quale, nel tempo, avrebbe raggiunto l’eccellenza.
Divenuta adolescente, s’interessò alla scrittura, specializzandosi nella letteratura epistolare. In un’occasione, inviò al Re di Prussia una lettera in cui lamentava la condotta non esemplare dell’esercito prussiano nel Meclemburgo ed era talmente ben scritta che venne stampata, così da arrivare all’attenzione di Giorgio III, che prese in considerazione di chiederle la mano. Il giovane aveva, però, valutato anche altre possibilità e Carlotta non sarebbe stata la sua prima scelta se non fosse stato per il colonnello Graeme, inviato dal re a passare in rassegna al suo posto tutte le candidate tedesche in modo da aiutarlo a scegliere la più adatta.
Di ritorno a Londra, Graeme gli riferì di aver incontrato una ragazza non particolarmente attraente, a dir il vero né brutta né bella, la quale, però, lo aveva colpito per la sua viva intelligenza e per l’espressività di un viso che sembrava rivelare un temperamento vitale, curioso, sensibile. Quella ragazza era Carlotta e su Carlotta cadde, infine, appunto dietro ‘consiglio’, la scelta del re.
Carlotta e Giorgio: un matrimonio combinato che si rivelò felice, longevo e prospero
Nonostante le premesse – un fidanzamento breve, perlopiù virtuale, tra sconosciuti che non si sono scelti dopo un incontro – e la fredda accoglienza che Augusta di Sassonia-Gotha-Altenburg, madre del re, riservò alla nuora, il matrimonio tra Carlotta e Giorgio III fu lungo, felice e fecondo: la coppia restò sposata 57 anni e 70 giorni, un vero record, battuto soltanto dalla Regina Elisabetta e dal principe consorte Filippo, ebbe 15 figli (di cui solo due non raggiunsero l’età adulta) e non fu turbata da nessun pettegolezzo, neanche una minima illazione su possibili infedeltà, unilaterali o reciproche. Del marito, Carlotta fu anche consigliera politica. Amica intima di Maria Antonietta, rimase impressionata all’apprendere la sua morte sulla ghigliottina, nel 1793: per questo, consigliò al marito di alleggerire la pressione fiscale così da stornare nel Paese il pericolo di rivoluzioni cruente quanto quella francese. Consiglio che il marito seguì ciecamente. Soltanto gli ultimi anni furono funestati dalla malattia di cui iniziò a soffrire il re, una patologia ereditaria che gli storici identificano nella porfiria, alterazione nella sintesi enzimatica del sangue che coinvolge pelle e sistema nervoso, provocando sintomi cutanei e neuropsichici.
Le condizioni di salute del re deteriorano in fretta e, nel 1811, fu necessario nominare come reggente il figlio Giorgio, che, alla morte del padre, divenne re con il nome di Giorgio IV. Per questo, il periodo storico compreso tra il 1811, data dell’assunzione della reggenza, e il 1820, anno della morte di Giorgio III, viene definito dagli storici regency era, epoca in cui sono ambientati tutti i romanzi dedicati ai fratelli Bridgerton. La regina Carlotta morì due anni prima del marito, nel 1818.
Carlotta: dalla leggenda della sua pelle nera alla verità delle sue idee anticonformiste in quanto a educazione femminile
La regina Carlotta è tornata a vivere per il piccolo o grande schermo tre volte (a cui presto se ne aggiungerà un’altra): la prima grazie all’attrice Frances White nella serie della BBC del 1979 Prince Regent; la seconda grazie a Helen Mirren, nel film La pazzia di Re Giorgio (1994); infine, è stata interpretata da Golda Rosheuvel nella serie Netflix Bridgerton. Ed ora, come ricordato sopra, India Ria Amarteifio ne assume il ruolo per i primi anni della sua vita da regina consorte. Soltanto le ultime due, delle quattro, sono attrici di colore.
La ragione di questa riscrittura, operata da Shonda Rhimes, radica in alcuni studi condotti dallo storico Mario de Valdes y Cocom, specializzato nella ricerca intorno ai fatti della diaspora africana, studi che si basano principalmente su una descrizione della regina redatta dal suo medico personale, il quale, in una nota, assicura che la sua assistita “ha una faccia da vera mulatta“. Un’osservazone che sembra trovare riscontro anche nei dipinti della sovrana realizzati da Sir Allan Ramsay.
I tratti meticci di Carlotta potrebbero essere un’eredità di Margarita de Castro e Souza, antenata portoghese che visse nel XV secolo, figlia di Alfonso III del Portogallo e di una sua amante di non meglio precisate origini africane. Tuttavia, dato il grado di parentela piuttosto distante (il sesto), sembrerebbe che la ricostruzione sia più fantasiosa che plausibile e, nel tempo, è servita, più che altro, come argomento di sostegno alle rivendicazioni abolizioniste. Si tratterebbe, perciò, di una deformazione ideologica, attuata a partire da esili indizi.
Se, dunque, la pelle della regina fu, con tutta probabilità, assai pallida, non è invece un mito quello che la vorrebbe una femminista ante litteram. La sovrana non permise a nessuna delle sue figlie di sposarsi prima di aver terminato gli studi e gran parte di loro finì per trovare marito a un’età che, all’epoca, sarebbe risultata sconveniente per qualunque altra donna. La regina Carlotta mise al mondo molti figli, ma non sostenne mai che la maternità fosse l’unico destino per una donna. Anzi, di lei si racconta che accogliesse ogni nuova gravidanza con spirito di sopportazione, ma senza particolare gioia o vocazione all’accudimento.