La regina degli scacchi si basa su una storia vera?
La serie TV Netflix La regina degli scacchi è una storia vera? Ecco chi è la vera Elizabeth Harmon interpretata da Anya Taylor-Joy.
La regina degli scacchi, la serie TV Netflix creata da Scott Frank e Allan Scott e basata sull’omonimo romanzo scritto da Walter Tevis nel 1983, ha attirato i telespettatori grazie allo charme e alla genialità della protagonista Elizabeth Harmon, a cui l’attrice Anya Taylor-Joy dona sfumature, sguardi e movenze che non possono che incatenare cuore e mente di chi la osserva, ingabbiandolo piacevolmente in quelle sessantaquattro caselle bianche e nere all’interno delle quali si agita un mondo prezioso e astruso, talvolta surreale e vivo.
Poco importa se si conoscono o meno gli scacchi, poiché sia giocatori incalliti che profani non possono che provare un profondo senso di curiosità e prestare attenzione alle mosse sferrate da Beth ai suoi avversari. Tuttavia è indubbio che ogni mondo abbia le sue star e anche quello degli scacchi non è da meno: da Bobby Fischer a Garry Kasparov e Magnus Carlsen, sono diversi gli scacchisti che hanno raggiunto la fama, acclamati in tutto il mondo al pari di atleti e star del cinema. Ma la domanda che ossessiona i fan della serie Netflix è: esiste o è esistita davvero Elizabeth Harmon?
La risposta è no, non è mai esistita una donna di nome Beth Harmon nel mondo degli scacchi, quella ragazza così grintosa, elegante e accattivante che vediamo sul piccolo schermo è solo frutto della fantasia di Walter Tevis ma, come è logico immaginare, in essa si condensano le storie di personaggi realmente esistiti che, in un modo o nell’altro, hanno fatto la storia nel mondo degli scacchi.
Beth Harmon, la regina degli scacchi interpretata da Anya Taylor-Joy, non esiste, ma…
Nel caso specifico di Beth, all’epoca della sua nascita, partorita dalla penna di Tevis negli anni ’80, non c’erano molte giocatrici di fama mondiale. Una senza dubbio avrebbe potuto essere la campionessa di scacchi ungherese Judit Polgár (nata a Budapest il 23 luglio 1976), la più giovane scacchista (anche tra gli uomini) a entrare nella top 10 dei 100 giocatori migliori del mondo. Judit però ha conquistato il titolo di Gran maestro solo nel 1991, quando aveva solo 15 anni (anche sua sorella Susan Polgar ha ricevuto il titolo lo stesso anno), battendo il precedente record fissato da Bobby Fischer e venendo a sua volta battuta, nel 1994, da Peter Leko, all’epoca quattordicenne.
Circa Bobby Fischer, sicuramente a lui – dal punto di vista scacchistico – si avvicina Beth, visto che entrambi sono cresciuti vivendo le competizioni negli anni ’60. Fischer divenne campione di scacchi degli Stati Uniti nel 1957 all’età di 14 anni (nel romanzo, Beth compie questa impresa a 16 anni) e per tutti gli anni ’60 Fischer continuò a dominare, anche se conquistò il Campionato del mondo di scacchi solo nel 1972 grazie alla storica partita con Boris Spassky (dell’URSS). Certamente, a differenza di Beth, Fischer non aveva problemi di dipendenza, ma condivide con la giovane regina degli scacchi altri problemi da outsider, come ad esempio il fatto di essere stato espulso dalla scuola e poi abbandonato, la relazione tesa con la madre e di conseguenza il fatto di aver dovuto badare da solo a se stesso in giovane età. In tanti lo hanno descritto come una persona il cui genio non corrispondeva alle sue caratteristiche dal punto di vista sociale, risultando goffo, provocatorio, polemico e infelice. Molto probabilmente era affetto dalla sindrome di Asperger.
In merito all’uso dei tranquillanti alcuni professionisti credono non sia possibile gestire delle partite così complesse in quello stato. Secondo quanto riportato da William Horberg, produttore esecutivo della serie, il personaggio interpretato da Ben Kingsley nel film In cerca di Bobby Fischer (diretto nel 1993 da Steven Zaillian) è basato su Bruce Pandolfini, grande maestro di scacchi. Classe 1947, l’insegnante e allenatore di scacchi americano è stato chiamato in causa per la realizzazione della serie TV Netflix, avendo tra l’altro collaborato con lo stesso autore del libro in qualità di consulente.
Lo zampino di scacchisti di professione come Bruce Pandolfini e Garri Kasparov nella serie TV Netflix
A detta della stessa Anya Taylor-Joy Pandolfini ha insegnato ai membri del cast de La regina degli scacchi come giocare, prestando anche la sua visione e la sua esperienza di vita a favore di una rappresentazione molto più realistica dei fatti narrati nella miniserie, visto che ha frequentato il mondo degli scacchi di alto livello nella metà del XX secolo, entrando in contatto anche con Bobby Fischer e presentando la famosa competizione Fischer-Spassky del 1972.
Sempre grazie a Bruce Pandolfini i creatori hanno avuto modo di avvalersi di altri esperti come Garri Kasparov il quale, a detta di Holberg, “è probabilmente il più grande giocatore di scacchi di tutti i tempi. […] La cosa bella di Garri è che non solo si è consultato con noi sugli scacchi reali nello show, ma la sua autobiografia imita il personaggio principale”.
Nato a Bacù il 13 aprile 1963, lo scacchista e attivista russo Garri Kimovič Kasparov, campione del mondo dal 1985 al 2000, ha raggiunto la maggiore età più o meno nello stesso periodo del personaggio di Beth Harmon e come lei anche lui era un vero e proprio bambino prodigio e di conseguenza ha potuto mettere a disposizione la sua esperienza personale su cosa significhi avere circa sette/dieci anni, essere un genio e vivere situazioni non comuni alla sua età, tra dinamiche familiari, KGB e tornei.
In realtà Kasparov non era così convinto che la serie riuscisse a rendere davvero l’idea di cosa significhi giocare a scacchi, della sensazione che si prova, ma dopo aver visto il risultato ha dovuto ricredersi.
Il personaggio di Beth Harmon è ispirato anche allo stesso Walter Tevis, autore del libro La regina degli scacchi (The Queen’s Gambit)?
Nonostante la serie tragga ispirazione da personaggi reali come Robert Fischer, Boris Spassky e Anatoly Karpov non si può negare l’ispirazione dell’autore del romanzo a se stesso, essendo egli classificato al livello C, che corrisponde a una classifica amatoriale più avanzata rispetto a quella principiante. Tuttavia però Tevis ha dichiarato, in un’intervista rilasciata al New York Times, di aver giocato a un ottimo livello e di avere la capacità di affrontare giocatori di media bravura, ma di non sentirsi per niente all’altezza di interpretare “quei ragazzi che montano le tavole per le strade di Broadway”.
Un’altra caratteristica che lo avvicina a Beth è l’assunzione dei farmaci, che ha dovuto prendere da bambino a causa di alcuni problemi cardiaci, da qui arriva quindi la dipendenza di Beth, che nella serie TV Netflix provvede a distorcere la realtà e ad acuire le visioni a cui è in grado di dare vita, con un risultato grafico dirompente e allettante.
Tevis ha detto al Times che scrivere d Beth è stato liberatorio: “C’era un po ‘di dolore: ho sognato molto mentre scrivevo quella parte della storia. Ma artisticamente non ho permesso a me stesso di essere auto-indulgente”. Inoltre l’autore ha ammesso di essere ossessionato dalla lotta in atto tra la vittoria e la sconfitta, che infatti attanaglia Beth dal primo all’ultimo istante.
Gli attori de La regina degli scacchi si sono ispirati a dei veri giocatori
L’attore Harry Melling, che interpreta il campione di scacchi del Kentucky Harry Beltik nella serie, ha osservato che, sebbene i personaggi siano di fantasia, non è difficile capire a chi e cosa si sono ispirati i creatori e il fatto di aver avuto personaggi come Bobby Fischer come punto di riferimento ha reso tutto di gran lunga più reale. Tuttavia, era necessaria una certa magia televisiva. Così, mentre i viaggi di Beth la portano dalla sua città natale, Lexington (nel Kentucky) a New York, Parigi, Città del Messico e persino a Mosca, le riprese della serie si sono tenute perlopiù a Berlino, che non viene per assurdo mai menzionata all’interno del racconto ma che ha rappresentato un’ottima tela in cui ricostruire i diversi spazi per via della sua architettura così moderna e della storia che la contraddistingue; non dimentichiamo infatti che la capitale tedesca fu distrutta e poi ricostruita negli anni ’50 e ’60, quindi custodisce in sé tutta quella varietà architettonica postbellico e modernista.