LOL 2: siamo davvero sicuri che fa ridere?
Lo show di Amazon Prime dispensa meme che fanno più ridere di quanto non facciano il gioco stesso e i suoi partecipanti.
Non è questione di nomi, di fama, di carriera: Corrado Guzzanti e Virginia Raffaele, tra i protagonisti di Lol 2, non hanno certo bisogno di presentazioni; Maccio Capatonda e Mago Forest neppure! E anche coloro che sembrerebbero meno conosciuti al grande pubblico e abitanti di quella zona ibrida e sovrappopolata che coincide con il micromondo social e i suoi adepti (pensiamo a Maria Di Biase, Gianmarco Pozzoli, Alice Mangione, Diana Del Bufalo, Max Angioni e Tess Masazza) si sono difesi bene. Alcuni di loro più che bene.
Il problema non è neanche l’evaporazione dell’effetto novità rispetto alla prima stagione di LOL: in molti sostengono che ormai il format è prevedibile, che non si ride più come la prima volta semplicemente perché non è più la prima volta, ma due stagioni sembrano a rigore troppo poche per provocare la saturazione. Molti hanno dato una chance a LOL – la stagione 2, ma c’è pure chi, sull’onda, ha cominciato dalla prima – seguendo la scia dei meme che vi s’ispirano e che è impossibile non incrociare durante le ‘scrollate’ di routine: questi sembrano promettere un El Dorado di divertimento.
LOL 2: un programma troppo scritto che non riesce a nascondere nella necessaria sprezzatura l’artificio
Eppure, se il meme o il frammento caricato su TikTok ci solleticano, quando si passa alla visione dell’intero programma, il game-show di Amazon Prime non sembra riservare le risate promesse dai suoi derivati e sconfessa la sua stessa legittimità: se ridere non è poi così difficile, ed anzi bisogna sforzarsi, che senso ha un gioco in cui vince chi, sottoposto a stimoli spiritosi, trattiene la risata a fior di labbra?
Ecco LOL 2, in breve: dieci comici sono chiusi in una stanza per sei ore, devono far ridere gli altri ed evitare di ridere loro stessi, così si prodigano in una serie di sketch, freddure, spettacoli, trovate nei loro intendimenti più o meno esilaranti, ma perlopiù camminano convulsamente tenendo in movimento i muscoli facciali tanto da inibire qualsiasi deformazione del volto riconducibile all’atto del ridere.
Lo fanno di default, spesso lontano da una fonte di possibile ilarità. Tutto ciò mentre i due conduttori – Fedez e Frank Matano, già concorrente del primo LOL – li osservano e, di tanto in tanto, spingono un pulsante in grado di pilotare lo loro azioni o, anche se non proprio di pilotarle, di ravvivare il gioco introducendo una variante.
Fedez e Matano, conduttori ridanciani di Lol 2 che sottolineano con la loro risata ciò che dovrebbe (!) suscitare il riso
Loro, i due conduttori, possono ridere in libertà e di quella libertà, negata ai concorrenti, sembrano persino abusarne tanto sono frequenti, sguaiate e didascaliche le loro risate: “ecco, qui si dovrebbe ridere, lo facciamo noi al vostro posto, lo facciamo ad alte frequenze così magari capite e ci imitate” sembrano dire allo spettatore.
Il riso nasce come atto radicalmente sconveniente, che si inibisce laddove subentra il principio opposto, quello della convenienza, e ugualmente quando si percepisce che c’è qualcun altro che quella convenienza la trae e la mette a profitto: nessuno ride mai di fronte a qualcuno che deliberatamente si propone di farlo ridere e che dichiara l’intento.
La percezione della costruzione di una gag o di una battuta e la certezza del calcolo dietro quella gag o quella battuta ne vanificano sempre la riuscita: i comici bravi sono coloro calibrano al millimetro i loro pezzi nel ritmo e nei diversi snodi, ne sono in pieno controllo, ma nondimeno comunicano l’impressione di essere eccellenti improvvisatori e, soprattutto, di non avere interesse – economico; narcisistico – a far ridere.
LOL: i meccanismi del programma non solo non celati o apertamente dichiarati, ma persino ostentati
Quando il compito di suscitare il riso, anziché espresso implicitamente, è esplicitato da una consegna scolastica, è chiaro che si ride più difficilmente. Quando la sottolineatura – si vedano i due conduttori, il montaggio, l’effetto da pesci nell’acquario che risulta dell’esperimento della segregazione – è perfino eccessiva, ridere diventa di fatto impossibile. Chi ride di fronte a LOL è probabilmente uno spirito eletto. E ciò non dipende solo dalla qualità delle trovate dei suoi concorrenti, di per sé non spregevole (e, infatti, quelle trovate se isolate nei meme sono divertenti), ma dalla stessa struttura del programma, dai suoi meccanismi non solo non celati o dichiarati, ma persino ostentatamente forzati. E non perché li si voglia forzare, ma perché non si è in grado di fare altrimenti. Di fare meglio.
Molti degli show di Prime Video, a partire da quelli più mediatici come The Ferragnez – La serie o Celebrity Hunted, riconoscono il proprio limite in un eccesso di scrittura, e quindi di determinazione meccanica, che non riesce a trovare una compensazione o un camuffamento adeguati: la naturalezza, che sia conseguenza di una nobile sprezzatura o di un calcolo misuratissimo, è la prima cosa che risulta sacrificata.
LOL non fa eccezione: lo si segue, le puntate scorrono, ma non si ha mai la sensazione di trovarsi di fronte a uno show autentico, non viene mai il dubbio di sospendere per un momento l’incredulità e di credere davvero che a quei dieci saltimbanchi chiusi in uno stanzone colorato importi qualcosa di divertirsi o divertire né tantomeno che i conduttori ridano di gusto, e non per effetto di un mero (e assai prezzolato) sforzo muscolare.