MotherFatherSon: il ritorno di Richard Gere sul piccolo schermo
La miniserie in onda su Sky Atlantic segna il ritorno dell’attore americano in un progetto seriale dal quale mancava da più di qurant’anni. Scopriamo il come e il perché di questa “allergia” al piccolo schermo e cosa gli ha fatto cambiare idea.
Chi conosce o ha quantomeno memoria del percorso sin qui fatto da Richard Gere sa quanto l’attore statunitense abbia dimostrato una certa “allergia” nei confronti dei progetti televisivi. Non siamo noi a dirlo, ma la sua quasi cinquantenaria carriera trascorsa davanti la macchina da presa, per lo più su set cinematografici al servizio di moltissimi film che hanno lasciato il segno, a cominciare dalla doppietta formata da American Gigolò e Ufficiale e gentiluomo che lo ha consacrato come nuovo sex symbol degli anni Ottanta. Il resto è ampiamente scritto nelle cronache del grande schermo, con all’attivo diverse pellicole di successo, tra cui Pretty Woman, Schegge di paura, La frode e Chicago, grazie al quale ha vinto un Golden Globe per il miglior attore in un film commedia o musicale e uno Screen Actors Guild Award come parte del miglior cast. E pensare che il battesimo di fuoco è avvenuto proprio nel tubo catodico con il tv movie Chelsea D.H.O. nel lontano 1973, un medical-drama firmato da John Trent nel quale interpretava il giovane tormentato Milo, paziente dello psicologo Dr. Sam Delaney.
La prima e unica interpretazione di Richard Gere da quarant’anni a questa parte in una serie risale al 1976, come guest star in un episodio de Il tenente Kojak
Da quel momento in poi, la Settima Arte ha preso il sopravvento sulla sua carriera con l’esordio due anni sul grande schermo nel 1975 con il film Rapporto al capo della polizia, seguito nel biennio 1977-’78 dalle performance degne di nota in In cerca di Mr. Goodbar e I giorni del cielo. Il resto è ben noto, con qualche performance per a fare capolino nel CV, riconducibile a pochissime unità confinate nel dimenticatoio, a cominciare dal personaggio di puntata nella pilota della quarta stagione de Il tenente Kojak dal titolo Birthday Party, nel quale indossava i panni di Geno Papas, uno dei componenti della banda che rapina il liquor-store provocando la morte di un agente di polizia.
Dunque la prima e unica comparsa sino ad oggi in una serie risale al 1976, ma si tratta comunque di una partecipazione nelle vesti di guest star. Poi non vi è più traccia sino al 1993, anno in cui prese parte, nel ruolo di un coreografo, all’adattamento televisivo di Roger Spottiswoode del romanzo And the Band Played On di Randy Shilts. Anche in quel caso però si tratta di un personaggio secondario di un tv movie e, in quanto tale, la partecipazione si consuma in una sola timeline e non sulla distanza frammentata di una serie. Sembrerebbe tutto, ma andando a spulciare accuratamente nella biografia di Gere spunta qualcos’altro, anche se si tratta di impegni non particolarmente gravosi e impegnativi per l’attore, dei quali non ci sono moltissime informazioni in circolazione. Ciò che sappiamo è che si tratta in entrambi i casi di docu-serie alle quali ha prestato la voce: Freedom: A History of US (2003) e Cosmos: Odissea nello spazio (2014).
Richard Gere e la serialità: disinteresse, mancanza di stimoli o nulla di tutto questo?
Ora il motivo preciso di tale lontananza – sempre che ce ne sia uno – non è dato sapersi visto che non vi è traccia di dichiarazioni in merito. Disinteresse per la serialità, mancanza di stimoli o nulla di tutto questo? Sinceramente non abbiamo una risposta e bisognerebbe chiederlo al diretto interessato, ma nel frattempo possiamo avanzare qualsiasi tipo di ipotesi o semplicemente prendere per buona la versione che prima di MotherFotherSon non siano giunte sulla scrivania proposte ritenute valide da lui e dal suo entourage. Fatto sta che scorrendo la sua filmografia, eccetto rarissime occasioni non particolarmente significative, non figurano esperienze degne di nota. Non si tratta dunque della prima e unica apparizione in una serie, ma lo è di un certo per quanto concerne la durata dell’impegno, il numero di pose distribuite nell’arco degli episodi (otto per la precisione da una sessantina di minuti cadauno) e per il peso specifico del personaggio che gli è stato affidato e che ha accettato di interpretare.
In MotherFotherSon, psico-thriller familiare ambientato nel mondo dei media e della politica, l’attore si è trasformato in Max Finch, un ricco e potente editore americano che decide di lasciare le redini del suo impero al figlio Caden, con il quale ha un rapporto conflittuale che rappresenta il fulcro narrativo sue e intorno al quale si sviluppa la miniserie. Il ragazzo, infatti soffre enormemente la figura dura del padre. La pressione delle responsabilità e il non voler deludere le aspettative del padre, porteranno il giovane ad assumere comportamenti autodistruttivi che potrebbero colpire anche l’impero costruito nel corso di una vita da Max. L’ex moglie Kathryn, una ricca ereditiera impegnata con associazioni benefiche, si riavvicinerà alla famiglia, nonostante la separazione dal marito, per tutelare gli interessi dei Finch che potrebbero vacillare proprio a causa del figlio. Da parte sua, Gere ha dato corpo e voce a un uomo che, in virtù del proprio potere e lavoro, può persino arrivare a influenzare le elezioni e a plasmare la politica, ma è al contempo una figura paterna così ingombrante da incutere paure devastanti nel figlio. Insomma, l’identikit è quello di un “carnefice” in grado di mietere “vittime” dentro e fuori dalle mura domestiche. In che modo? Sarà lo schermo a dircelo.
Quali sono i fattori che hanno influito sulla decisione di Gere di accettare il ruolo di Max Finch?
Sulla decisione di accettare il ruolo avranno sicuramente influito diversi fattori, a cominciare dalla generosità del cachet intascato e dalla bontà del prodotto in questione, certificata dalla scrittura di Tom Rob Smith, già autore di The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story. Senza dimenticare ovviamente il cast, che vede impegnato al suo fianco tra gli altri il volto noto della serialità televisiva Helen McCrory (tra i personaggi principali della serie Netflix Peaky Blinders che qui interpreta l’ex moglie di Finch, Kathryn) e il giovane talentuoso Billy Howle (visto in Dunkirk e Star Wars: L’ascesa di Skywalker, al quale è stato affidato il ruolo di Caden). Un altro fatto che potrebbe averlo convinto è il fatto che il livello generale della serialità alle diverse latitudini – e non solo oltreoceano – si è alzato in maniera esponenziale e non c’è più quel pregiudizio che vedeva gli attori e le attrici frequentatori abitudinari del piccolo schermo, etichettati prima e rilegati poi nella sfera degli artisti di serie B.
I tempi e la forma mentis per fortuna sono cambiati, lo dimostra l’altissimo numero di professionisti del settore di fama internazionale che hanno preso, stanno prendendo e prenderanno parte, a prodotti seriali sulla media o lunga distanza. Nell’ultimo decennio, infatti, le produzioni si sono quintuplicate per fare fronte alla crescente richiesta del pubblico e gli addetti ai lavori provenienti dal cinema hanno iniziato sempre più a passare senza soluzione di continuità da progetti per il grande al piccolo schermo e viceversa. Viene da sé che ad essersi ricreduto, a patto che il nodo sia stato proprio questo, c’è anche Gere che ha preso in consegna il personaggio e se l’è cucito addosso come da consuetudine.
In MotherFatherSon, Richard Gere interpreta un “carnefice” in grado di mietere “vittime” dentro e fuori dalle mura domestiche
A giudicare dalle voci di corridoio giunte dagli Stati Uniti, laddove il debutto di MotherFotherSon è avvenuto su BBC Two a marzo del 2019, per concludersi quasi a fine aprile, sono più che positive. Ma l’incredulità di San Tommaso è passata alla storia e preferiamo constatare con i nostri occhi se le suddette voci circa l’apprezzabile performance dell’attore americano nei panni di Max Finch corrispondono a verità. Dovremo però attendere l’8 giugno, data di messa in onda su Sky Atlantic del pilot, per farci un’idea più precisa, per poi pronunciarci in via definita al termine della visione dell’intera stagione. Nel frattempo i frammenti del trailer e le prime clip della miniserie diffusi in queste settimane, lasciano ben sperare. Alla visione l’ardua sentenza.