Quanto Sherlock c’è in Dracula? Le serie tv di Gatiss e Moffat a confronto
Un confronto tra la nuova creatura di Moffat e Gatiss, Dracula, e Sherlock, la loro opera più riuscita, accomunate da somiglianze evidenti, ma anche divisi da sfumature più o meno sottili e fortune alterne.
I primi giorni del 2020 sono stati accolti dai tre episodi di Dracula, la nuova serie, prodotta in collaborazione tra BBC e Netflix, di Steven Moffat e Mark Gatiss, due autori non proprio nuovi all’adattamento di grandi pezzi della letteratura classica in un prodotto seriale. Un rischio, ovviamente, data la quantità enorme di materiale in questo campo, ma calcolato, stando alla loro grande originalità e al loro successo recente, Sherlock, of course!
Ebbene, come ampiamente preventivabile, è risultato palese agli occhi degli spettatori che i due lavori abbiano ben più di un punto in comune, ma anche qualche differenza, scopriamole insieme.
Dracula e Sherlock: un duello tra menti
Dracula: leggi qui la recensione della serie TV Netflix di Gatiss e Moffat
Il lavoro fatto sul personaggio di Dracula (Claes Bang) è molto importante e il risultato apprezzabile è frutto di una combinazione di scrittura ben realizzata e recitazione oltremodo impegnata e azzeccata. Mentre, fin dalla prima apparizione, l’intelligenza sopra le righe della Van Helsing è evidente, anche se, al contrario dei personaggi di Sherlock, ha in sé la promessa di poter e dover evolversi durante la serie, facendo venire meno quel senso di onniscienza a cui ci avevo abituato Gatiss e Moffat con i loro personaggi
Il loro modo di autodefinirsi è invece rimasto pressoché lo stesso. Il “Non sono uno psicopatico, sono un sociopatico altamente funzionante.” di Holmes è un’affermazione assolutamente sovrapponibile al “[Sono] Ogni tuo incubo in una volta: una donna istruita in un crocifisso.” pronunciato dalla Van Helsing nella sua presentazione al mostruoso dirimpettaio.
I primi due episodi di Dracula sono ambientati alla fine del 1800, mente il terzo si sposta ai giorni nostri, ma tutti seguono il duello all’ultimo sangue (letteralmente) tra Agatha Van Helsing e il vampiro più famoso di sempre. In ognuno di questi episodi è possibile rintracciare delle analogie con le soluzioni narrative di Sherlock. Il primo episodio è incentrato per quasi tutta la sua durata sugli interrogatori di Van Helsing prima a Jonathan Harker (John Heffernan) e poi al conte stesso, per cercare di capire meglio la natura dei vampiri. Nel secondo episodio, Dracula stesso interpreta il ruolo di detective (anche se falso) in una struttura alla Dieci piccoli indiani, oltre alla riproposizione del confronto con suor Agatha e ad uno scioglimento scritto sulla falsa riga dei confronti da Holmes e Moriarty. Per quanto riguarda il terzo, guardando oltre il palese richiamo dovuto al cambio di scenario e nonostante i confusi cambi di marcia, non è difficile scorgere il proseguo del duello, anche se uno dei due contendenti è presente in modo indiretto, anche questa, per altro, una cosa peculiare anche in Sherlock.
Dracula e Sherlock – la stilizzazione dello stile registico e narrativo di Steven Moffat e Mark Gatiss
Lo stile registico altamente stilizzato è stato uno dei tratti distintivi di Sherlock, la cui messa in scena è stata sempre messa (giustamente) al servizio dell’illustrazione dei ragionamenti dei protagonisti. Gli indizi che appaiono sullo schermo, il riavvolgimento delle azioni e, soprattutto, i vari tentativi di ricreare visivamente i percorsi mentali di Holmes tramite la costruzione di una dimensione onirica parallela.
Ora, sebbene Moffat abbia più volte indicato il budget ridotto durante il suo percorso come penna principale di Doctor Who come causa dell’impossibilità di ricreare il suo tanto caro immaginario, Dracula ha chiaramente ricevuto il sostegno finanziario richiesto per ricostruire quel sistema di effetti, ma ciò non è bastato a replicare il successo avuto in Sherlock. Zoom su micro-dettagli, rallenty come se piovessero, proposizione di piani metaforici, eventi ordinati secondo percorsi logici invece che cronologici, riprese fotografiche, scritte su schermo e via dicendo riempiono infatti gli occhi degli spettatori della miniserie Netflix, ma non riescono ad essere credibili, funzionali né tanto meno all’altezza qualitativa della resa nella serie sul detective londinese.
Dracula e Sherlock: la divisione democratica dell’intelligenza
Paradossalmente, una delle differenze tra Dracula e Sherlock è nascosta all’interno della somiglianza più appariscente, perché se è vero che la serie Netflix/BBC ha il suo canovaccio narrativo principale in un gioco a scacchi sul tavolo della logica, è anche vero che le qualità per prendervi parte sono distribuite tra i personaggi, venendo meno alla solita esclusività che gli viene riservata.
In Sherlock abbondano le spiegazioni. Una buona parte di ogni episodio viene speso per permettere di seguire il detective inglese nei passi che lo hanno portato a risolvere il mistero e a spiegare come ogni altro non poteva riuscire ad arrivarci. In Dracula esse, sebbene abbondino, sono più equamente distribuite.
In qualche modo l’arroganza e l’intelligenza di Sherlock sono divise in più personaggi, tra cui ovviamente Dracula, il primo a pavoneggiarsi, e Agatha Van Helsing, sempre ironica e sopra le righe, ma anche parzialmente nella madre superiora, in Jack, in Lucy, persino, e, figuriamoci, nel Renfield di Gatiss. In sostanza, dove Sherlock si affida interamente al suo protagonista per rappresentare il percorso logico che caratterizza l’intera serie, Dracula consente ai personaggi di sfondo i loro momenti di brillantezza.