Servant – Stagione 3: analisi e spiegazione del finale della serie Apple TV+
La situazione, in casa Turner, sembra ormai essere definitivamente degenerata. Quale sarà il destino di Leanne e di Dorothy, dopo il colpo di scena che chiude la terza stagione?
Proviamo ad analizzare e spiegare il finale di stagione di Servant 3, la serie Apple TV+ firmata da M. Night Shyamalan, ma attenti agli spoiler!
Uno dei meriti principali della serie TV Servant (uno dei prodotti di punta di Apple TV+, che sta ampliando il suo catalogo con prodotti originali di qualità spesso superiore alla media) è quello di essere riuscita a creare personaggi a tutto tondo, sfaccettati e ben definiti. Caratteri – nell’assurdità del contesto in cui la storia si svolge – umani e quindi spesso contraddittori. Pensiamo alle tribolazioni di Sean, che non mette mai in dubbio il fatto di stare al fianco della moglie Dorothy nonostante la situazione si faccia via via sempre più insostenibile; o alla medesima Dorothy, animata da sentimenti di puro amore e pura invidia, spesso per la stessa persona.
Oppure ancora, ovviamente, a Leanne, la servant del titolo: una ragazza ambigua dal passato difficile, che riesce al contempo a incarnare ingenuità e malizia. È su di lei che la terza stagione di Servant, creata da Tony Basgallop ma prodotta e in generale “coordinata” da M. Night Shyamalan, sembra finalmente concentrarsi, dopo la ribellione definitiva alla setta da cui è fuggita e in seguito all’eliminazione fisica di zia Josephine, al termine della seconda stagione. Il terzo ciclo, dopo una manciata di episodi dedicati alla paura della giovane, terrorizzata alla sola idea di un’uscita nel parco antistante la villa in cui vive, pone al centro una sottile ma inesorabile evoluzione della sua personalità, come ampiamente dimostrano le ultime due puntate.
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Servant 3: ingannevole è la famiglia più di ogni altra cosa
In una stagione molto più narrativamente rallentata e riflessiva (per i detrattori, vuota e priva di contenuti) delle precedenti, i due episodi conclusivi (rispettivamente Commitment e Mama) si sono fatti portatori degli scossoni emotivi e strutturali più importanti. Entrambi riguardano molto da vicino Dorothy, e la rovinosa involuzione del suo rapporto con Leanne: la donna non sopporta più le ingerenze della ragazza, la ritiene pericolosa per il futuro della sua famiglia e per quello di Jericho. Il problema, però, è che senza di lei né il bambino né l’unità familiare esisterebbero più: con l’avanzare della vicenda abbiamo infatti capito che Leanne possiede la misteriosa capacità di procurare tragedie e drammi, quasi inconsciamente.
Dorothy, per sbarazzarsi di lei, architetta due piani che si riveleranno fallimentari: dapprima cerca di allontanarla con le buone iscrivendola a forza in un istituto con annessa scuola di danza, e poi – molto più pragmaticamente, e togliendosi definitivamente la maschera della tutrice comprensiva – forza la mano chiedendone una perizia psichiatrica e il successivo internamento. La mossa le si ritorcerà contro: sarà infatti lei, con il benestare di suo padre, a essere ritenuta instabile e bisognosa di un aiuto medico. Una sentenza alla quale la donna sembra arrendersi fin troppo placidamente, mentre ovviamente medita una via di fuga per trarsi d’impaccio.
Cosa succede nel finale di Servant 3?
Il season finale di Servant 3 riserva le sue armi migliori quasi a ridosso dei titoli di coda. Per tutto l’episodio, infatti, serpeggiano un malcontento e un’atmosfera ossessivo-paranoide che si trascinano ben oltre le aspettative: Dorothy è sedata, l’armonia familiare sembra ristabilita e Leanne ha ripreso a frequentare senza particolari impedimenti i senzatetto che si sono stabiliti nel parco sotto casa, che la venerano per la sua capacità di ribellione ai dogmi della setta. La calma è, va da sé, apparente, preludio di una travolgente tempesta: Dorothy finge di accettare le nuove regole imposte all’interno della villa, che nel frattempo sta andando letteralmente a pezzi e marcisce sotto gli occhi distratti dei suoi abitanti.
In verità, come intuiscono anche abbastanza facilmente sia Sean che il di lei fratello Julian nel corso della puntata, non si è mai rassegnata e medita di scappare nottetempo assieme al piccolo Jericho. Gli ultimi minuti condensano un plot twist e un cliffhanger degni della creatività di Shyamalan: Leanne scopre il tentativo di abbandono della donna, e non è assolutamente disposta ad accettare una nuova frammentazione familiare. Anzi, riconoscendo in Dorothy la genitrice che non ha mai avuto le propone addirittura di fuggire assieme. Idea che verrà ovviamente bocciata, e che scatenerà l’ennesima e definitiva catastrofe, con la caduta nel vuoto di Dorothy e il sipario che si chiude sul suo corpo martoriato e in fin di vita.
M. Night Shyamalan, ma non solo: i registi che hanno contribuito al successo della serie
Lo abbiamo già detto, e qui lo ripetiamo: per quanto Servant sia stata ufficialmente creata e coordinata dal britannico Tony Basgallop (già autore per la soap opera EastEnders, uno degli show più popolari nel Regno Unito, e per la serie tv 24), non possiamo fare a meno di associarla a M. Night Shyamalan e al suo modo di fare cinema e audiovisivo. Sua è la fotografia, sue sono le svolte, sua è l’atmosfera di un prodotto che è stato paragonato anche all’ultimo Twin Peaks. Un’esagerazione? Forse, ma non si può negare che Servant riesca a tenere altissima l’asticella della tensione anche nei suoi momenti di totale e filosofica stasi. È altresì vero, però, che in questi tre anni anche altri registi hanno avuto modo di mettersi alla prova con uno o più episodi della serie, contribuendo alla creazione di un lavoro eterogeneo e incredibilmente sfaccettato, che dialoga con la medesima naturalezza con la psicologia e con il sovrannaturale.
Tutti nomi emergenti del cinema d’essai, o appartenenti al sottobosco dell’horror indipendente contemporaneo. Pensiamo a Carlo Mirabella-Davis, dietro la macchina da presa per il gelido Swallow; o alla coppia austriaca formata da Veronika Franz e Severin Fiala, conosciuti per l’agghiacciante Goodnight Mommy. E ancora a Julia Ducournau, vincitrice della Palma d’Oro 2021 con il controverso Titane, e all’ungherese Nimrod Antal, premiato anch’esso a Cannes nel 2004 per Kontroll. Raramente capita che un gruppo così ampio di registi affermati dia il proprio sostegno in modo così compatto al progetto di un altro autore: è, anche questo, un segnale importante, che stabilisce e sancisce come Servant rappresenti un unicum per nulla trascurabile all’interno del mondo estremamente fluido della serialità.
Cosa accadrà in Servant 4, l’ultima stagione della serie Apple TV+?
Mai come ora è difficile immaginare cosa Servant riserverà per il futuro, considerando anche che la quarta sarà l’ultima stagione prevista. Molto dipenderà dal modo in cui si deciderà di far sopravvivere Dorothy (sempre che sopravviva, anche se pare improbabile una sua uscita di scena) e dalle modalità in cui interagirà con la famiglia. Prendendo in esame il forte attaccamento di Leanne per i Turner, è possibile prevedere che la ragazza si senta fortemente in colpa, avendo per la prima volta ferito uno dei membri (il più importante, per lei) del “branco”. Di sicuro, la quarta stagione inizierà con la piena presa di coscienza delle sue facoltà, non solo da parte di noi spettatori ma anche del gruppo di protagonisti.
La ricomparsa improvvisa del redivivo zio George farà poi probabilmente il resto: l’uomo non si è affatto arreso e, come dichiarato al termine della stagione 3, sente che la fine è vicina e che tutto sta rapidamente marcendo. In che modo cercherà di rientrare a contatto coi Turner? Forse compiendo a sua volta un miracolo (salvando Dorothy?), come quello realizzato da Leanne con la bambola reborn. La filmografia di Shyamalan ci insegna molto, in tal senso: aspettiamoci molti colpi di scena – i famosi e famigerati Shyamalan twist – e molte svolte stranianti. Con un pizzico di satira sociale, umorismo nero e caustica presa in giro: potremmo scoprire, ad esempio, che Jericho è davvero figlio di Leanne, e che le sue virtù magiche sono solo frutto della nostra fantasia.