Squid Game 2: la storia vera dietro la serie TV Netflix
Quanto c'è di vero in Squid Game? Scopriamo alcuni fatti reali che per certi versi si collegano alla serie TV coreana targata Netflix
Squid Game 2, al netto delle critiche, sta riscuotendo su Netflix il successo sperato. Come per la prima stagione, questi nuovi episodi ci mettono di fronte a nuovi giochi da portare a termine per tentare di salvarsi la vita e accaparrarsi il bottino.
Il vincitore della scorsa edizione, Seong Gi-hun’s (Lee Jung-jae), nonostante la cospicua cifra ottenuta e la possibilità di cambiare vita, non riesce a dimenticare le atrocità viste e, dopo aver impiegato tre anni per cercare l’uomo che l’ha condotto in quel posto segreto, finalmente riesce a rientrare nel gioco sperando di fermarlo e di riportare a casa tutti i partecipanti.
Vista la delicata situazione sociale e politica coreana, non è strano domandarsi quanto e se ci sia qualcosa di vero nella serie TV.
Squid Game è ispirato a una storia vera?
La serie creata da Hwang Dong-hyuk ruota attorno a un mondo che trae certamente spunto dalla realtà: i ricchissimi da una parte e i poverissimi dall’altra e tra quest’ultimi c’è chiaramente chi, per tentare di sopravvivere, si è indebitato a causa del gioco d’azzardo, chi vende gli organi, chi truffa il prossimo.
Il creatore di Squid Game ha svelato che per la storia del licenziamento del protagonista, Gi-hun, si è ispirato ai licenziamenti di massa fatti dalla Ssangyong Motor (una delle più importanti aziende automobilistiche della Corea del Sud) nel 2009, che ha portato a un’ondata di scioperi da parte dei dipendenti e al licenziamento di oltre 2.600 lavoratori.
L’occupazione dello stabilimento di Pyeongtaek, durata ben 77 giorni e caratterizzata da scontri con la polizia, ha portato a una delle lotte sindacali più violente della Corea del Sud.
L’origine dei giochi nella serie TV Netflix
Tuttavia, a ispirare Hwang Dong-hyuk sono state anche le sue difficoltà finanziarie e i fumetti giapponesi, che alleggerivano la sua noia mentre stanziava presso i bar: “ero anch’io in difficoltà economiche e passavo molto tempo nei bar a leggere fumetti, tra cui Battle Royale e Liar Game e ho iniziato a chiedermi come mi sarei sentito se avessi preso parte ai giochi”, ha detto a Variety.
L’idea di introdurre giochi per bambini è arrivata perché quelli presenti nei fumetti sembravano fin troppo complessi. Lo stesso titolo della serie allude a un gioco tradizionale coreano. Questo dettaglio ci induce a fare dei paragoni tra ciò che ci mostra la finzione seriale e quanto accade nella vita reale: il gioco infatti è emblema dell’innocenza, della spensieratezza e del divertimento, ma qui si tramuta esclusivamente in una lotta per la vita e tutta la serie non diviene altro che un’allegoria della moderna società capitalista, in cui tutti sono disposti a tutto pur di soverchiare il prossimo, pur di avere più soldi.
Squid Game e il Brother’s Home, altrimenti noto come l’Auschwitz della Corea
Secondo una teoria che ha iniziato a circolare su TikTok il luogo in cui si tengono i giochi mortali in Squid Game è ispirato a una location reale, ovvero il campo d’internamento Brother’s Home sito a Busan, in Corea del Sud.
La storia di quello che è stato soprannominato dalla stampa coreana l’“Auschwitz della Corea“, è rintracciabile nella politica di repressione del vagabondaggio adottata nel 1981 dal Presidente ChunDooHwan, il quale aveva messo in piedi una serie di centri di assistenza sociale, con l’intento di formare e reinserire i senzatetto nella società. Ma nella realtà solo una bassa percentuale di oltre i 4.000 detenuti era realmente da considerare “senzatetto”, poiché per la maggior parte si trattava di avversari politici o persone con disabilità, perfino bambini, rapite per strada e condotte presso il centro di detenzione, dove erano costretti ai lavori forzati e a subire violenze fisiche.
Nonostante il creatore abbia detto di non essersi ispirato a questo posto, è pur vero che la strategia di Park In-keun era molto simile a quella che viene messa in scena in Squid Game: detenuti che abusavano di altri detenuti al fine di sopravvivere.
Ultimo tassello di presunta realtà è il luogo in cui si svolge la serie, ovvero quelle scale dai colori pastello che i giocatori percorrono per raggiungere le sale dei giochi. Molti hanno rintracciato dei posti simili e sui social sono sbucati fuori diversi post, ma la verità è che non esistono: sono stati creati con l’intelligenza artificiale.