Stranger Things 3: la spiegazione del finale di stagione
ALLERTA SPOILER! La spiegazione del finale di stagione di La spiegazione della serie tv Stranger Things 3, una serie fatta di cambiamenti ed emozioni forti!
Stranger Things ha stupito, commosso, intrattenuto, divertito, ha raccontato un’epoca e un’intera generazione, ha insegnato che un personaggio femminile, una ragazzina, Eleven, può salvare il mondo grazie a poteri straordinari e coraggio da vendere e lo fa ancora di più Stranger Things 3. I fratelli Duffer hanno “cavalcato” il Demogorgone, il sottosopra, le paure di uno straniero ma nel vero senso della parola, un extra terrestre che vuole distruggere e distruggerci. Questa terza stagione è importante per il futuro dello show, per le vita dei suoi personaggi e per la serialità in genere.
Stranger Things 3: l’ennesimo enorme successo dei fratelli Duffer
Stranger Things: la spiegazione del Sottosopra
Dopo due stagioni da grandi numeri, dopo tanta attesa è arrivato Stranger Things 3 che non ha deluso. I fratelli non avevano una sfida facile, accontentare gli amanti della serie che, come spesso capita quando ci si innamora di uno show, temono di rimanere delusi, lavorare ad una materia complicata, l’adolescenza, per un gruppo di amici che fino a ieri passavano la giornata a sfidarsi con i giochi da tavolo, tirare fuori dal cilindro una storia accattivante, divertente, commovente e “spaventosa” addirittura. Stranger Things 3 riesce in tutto questo; dopo un paio di episodi di rodaggio per rimettere a posto i pezzi, corre a perdifiato, lungo gli 8 episodi, per arrivare all’ultimo che porta con sé guerra, dolore e malinconia. Stranger Thing 3 è ancora di più una storia di amore e amicizia, di ostacoli da superare e di tappe esistenziale da raggiungere e superare ma è anche il racconto “citazionista” di un decennio, gli anni 80, che ha visto, sotto molti aspetti, l’età dell’oro.
Stranger Things 3: un stagione che si conclude con un finale struggente
Quello della stagione 3 è un finale coinvolgente e struggente in cui ci si sente un po’ più soli, perfettamente in linea con ciò che le puntate precedenti hanno raccontato. Quello di Eleven e Mike è un gruppo cambiato, cresciuto, un gruppo che non senza sforzi deve accettare e capire che i mutamenti terrorizzano sì, ma sono necessari, anche quando vogliono dire rimanere soli (Eleven), perdere qualcuno (Max) o parte di sé (Will e la sua fanciullezza e ingenuità) ma, alla fine, i ragazzi comprendono che questo non basta a cancellare il loro legame. Se lungo l’intera stagione il gruppo si è diviso per litigi, differenze di opinioni o cause di forza maggiore (Dustin è rimasto intrappolato insieme a Steve, a Erika, la sorellina di Lucas, e a Robin nella sede russa), nell’ultimo episodio, come in un abbraccio “riappacificatore” e di scuse per ciò che non si è compreso, ragazzini, giovani e adulti si ritrovano anche se per poco, – come per dire che nonostante tutto, loro restano un’unica grande famiglia – nello Starcourt, il grande magazzino dove si terrà la grande e terribile battaglia tra il mostro e Billy da una parte e Eleven, Mike, Lucas, Max, Jonathan e Nancy dall’altra.
Stranger Things 3: il trionfo degli anni ’80 nella colonna sonora della serie TV
Questa stagione si è costruita intorno al tema del cambiamento: Mike e Eleven preferiscono passare il pomeriggio insieme invece che seguire Will nei suoi giochi e la stessa cosa vale per Lucas e Max; Dustin, tornato a Hawkins, dopo le vacanze in un campo estivo per nerd dove ha conosciuto Suzie – fondamentale per la storia, è lei ad aiutare Dustin con la Costante di Planck ed è sempre lei che darà vita ad uno dei momenti più teneri della stagione: lei e Dustin cantano insieme The NeverEnding Story -, si aspetta che tutto ritorni come prima ma non sarà così. Tale aria di trasformazione nel paese di Mike e Eleven non può non smuovere come un terremoto anche l’interno di Stranger Things 3: le vicende narrate che coinvolgono i personaggi, i rapporti tra loro, il carattere dei ragazzi e i turbamenti dei loro genitori – la relazione tra Joyce e Hopper è sempre più intensa fino ad arrivare al momento in cui la donna decide di invitare l’uomo a cena per “festeggiare” la buona riuscita della loro ennesima avventura. Ogni cosa viene risucchiata da un “tutto scorre” eracliteo, perfettamente spiegato dalle parole scritte da Hopper – il discorso che non mai fatto a Eleven e a Mike e che la ragazzina leggerà tra le lacrime – nell’ultimo episodio.
“E quando la vita ti farà male, e te ne farà, ricorda quel dolore. Il dolore fa bene”
Stranger Things 3: un finale che mostra uno dei temi fondamentali della stagione, il cambiamento
La terza stagione di Stranger Things 3 è una giostra di emozioni e sta proprio in ciò il suo punto di forza e nella capacità di giocare con il pathos, in un climax ascendente senza posa. Se da una parte c’è La battaglia di Starcourt in cui Eleven, ormai senza forza e privata dei suoi poteri, rischia la vita, dall’altra ci sono Joyce e Hopper che insieme a Murray, “Aquila calva”, tentano di sigillare nuovamente il portale in modo da distruggere il corpo mostruoso, creato nel mondo reale, che, perso il legame con il Mind Flayer, morirebbe. Il gruppo diviso è comunque in contatto grazie al Cerbero creato da Dustin e lo è anche perché sono uniti da un crudele destino: è impossibile non lasciare nessuno sul campo perché la missione è fin troppo pericolosa. Da una parte Max perde il fratello, Billy che è stato “posseduto” dal mostro, ma che proprio in questo episodio, grazie alle parole e alla forte e delicata sensibilità di Eleven, si risveglia e muore per proteggere la ragazzina, dall’altra a perdere la vita è Hopper che si sacrifica per il mondo. La parola d’ordine è sacrificio che si compie tra parole, sguardi e silenzi: Eleven guardando negli occhi, tra le lacrime, Billy riporta a galla il dolore di lui bambino ed è la gentilezza di lei a smuovere l’umanità di lui, lo si può chiamare in senso lato amore, lo stesso che, tra altrettante lacrime, fa sì che, Joyce e Hopper comprendendosi con un solo sguardo, scelgano la vita degli altri e la morte dell’uomo.
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La morte di Hopper spezza i cuori, quello di Eleven per cui l’uomo è stato un padre, quello di Joyce e quello degli spettatori. Hopper è un uomo burbero ma buono, ama da impazzire Eleven – in quelle parole scritte di suo pugno si capisce quanto per lui sia importante – , ne è geloso ma è consapevole che le cose devono cambiare e nell’ultima puntata, tornando sui suoi passi, chiede a Mike di proteggere sua figlia. Rimane impresso il volto disperato e coraggioso dell’uomo quando dà il segno a Joyce di fare ciò che è giusto, rimane impresso il volto di Joyce che ha perso l’uomo che avrebbe potuto amare e rimane impresso anche il volto rigato di lacrime di Eleven mentre sta leggendo il discorso, che ora diventa una sorta di testamento, di Hopper.
Stranger Things 3: l’epica del “Tutto è cambiato”
Stranger Things 3: guida al cast e ai personaggi della terza stagione
Perdere, lasciare, mettersi da parte: sono sempre state queste le parole che hanno spinto i personaggi di Stranger Things a immolarsi per gli altri immergendosi in un sentimento forse ingenuo, forse puerile ma autentico. Dopo quelle due notti nessuno sarà più lo stesso e i fratelli Duffer proprio per dimostrare questo spostano la narrazione di tre mesi e ciò che appare davanti allo spettatore è lacerante: Joyce, Will, Jonathan e Eleven, ormai da sola senza Hopper, stanno traslocando per lasciarsi alle spalle morti, paure e avventure. “Tutto è cambiato” si sente dire in un servizio in tv che racconta cosa è successo a Hawkins – in cui i ragazzini e Hopper sono diventati degli eroi – ma gli ultimi minuti ci mostrano soprattutto come è cambiata la vita dei personaggi perché il dolore c’è ma come ha detto Hopper è necessario per evolversi e crescere: Eleven e Mike dicono di amarsi; Steve e Robin vengono assunti in una videoteca; Max, Lucas e Dustin scherzano e si prendono in giro, riprendendo ciascuno la propria vita; Dustin e Will consegnano, come una sorta di passaggio di testimone, a Erika il loro gioco. L’unica promessa, tra abbracci e lacrime, è rivedersi presto.
“Though nothing will drive them away
We can beat them, just for one day
We can be heroes, just for one day”
Si celebra con questo finale, sulle note di Heroes – eroi come sono eroi i piccoli e grandi protagonisti di Stranger Things in grado di salvare il mondo con sacrifici e dolore – con la voce di Peter Gabriel una stagione iniziata in punta di piedi con episodi di raccordo necessari che forse non hanno convinto a pieno i fan della serie ma che poi è stata in grado di conquistare secondo l'”epica” del cambiamento che diventa metafora della vita stessa, raccontando così, nonostante mostri, poteri, sottosopra le esistenze anche nostre.
Poi nero, ma non è finita qui…
Stranger Things 3: il post-credit fa sperare
Le immagini veramente importanti per sciogliere vari nodi di questa stagione sono quelle post-credit. Con il dovuto spaesamento chi guarda si trova in Russia, dei soldati camminano tra le celle chiuse, vorrebbero fermarsi davanti ad una di queste ma uno dei soldati dice: “L’americano no”. Queste parole danno speranza allo spettatore memore che Hopper veniva chiamato proprio l’americano, e cullato dalla speranza dunque che l’uomo si sia salvato – non c’è il corpo morto dello sceriffo di Hawkins. Questa battuta dà il via ad innumerevoli riflessioni, congetture e pensieri da parte dei fan della serie e soprattutto di Hopper uno dei personaggi più amati di Stranger Things. I soldati poi prelevano un altro prigioniero, un russo e lo costringono a entrare in una gabbia nella quale, da una botola, vediamo entrare il Demogorgone. Si parla dopo questa terza stagione, una sorta di spartiacque per lo show, di una quarta stagione che porterà risposte e aprirà nuove strade da percorrere, stagione che viene già attesa dal pubblico.