Suburra 3: spiegazione del finale di stagione
Come finisce Suburra 3? Il finale della serie e tutti i colpi di scena spiegati.
Avevamo atteso con terrore la terza e ultima stagione di Suburra 3 che ha diviso il pubblico e non è piaciuta a tutti ma in un modo o nell’altro ha sciolto tutti i nodi intrecciati nelle precedenti stagioni. La serie è stata un racconto di formazione, una storia d’amore e d’amicizia, e una tragedia in cui in palio c’erano sempre potere e denaro.
Suburra 3: Angelica e la bambina che porta in grembo
Angelica è incinta, porta in grembo il figlio di Spadino, creatura che ha un doppio significato nella narrazione, da una parte la maturazione di un ragazzo a uomo, dall’altra una nuova era che potrebbe avere inizio da quella nascita. Cesare così si sarebbe dovuto chiamare quel bambino se fosse stato maschio ma poi, alla fine, la ragazza scopre che nella sua pancia sta crescendo una femminuccia. Se quel maschio era tanto voluto, una bambina per Spadino è un problema, non saprebbe come comportarsi con lei e chiede alla moglie: “Cosa ci faccio?”.
Angelica perde il bambino. Una tragedia. Un destino infausto che la pun
isce. Lei è in macchina con Manfredi quando Aureliano tenta di speronarlo per poi puntargli una pistola addossa, la paura per la ragazza è troppa e le causa l’aborto; questa è una perdita che grava su di lei e che la fa sentire sola e disperata. Trova in Spadino un capro espiatorio: lui non ha ucciso Manfredi, ha fatto sì che Aureliano si sentisse in dovere di attuare un piano per eliminare l’Adami. La perdita ha causato un primo strappo tra la coppia, il primo passo verso lo slabbramento finale. Spadino vorrebbe stare accanto ad Angelica, in fin dei conti quella creatura è figlia di entrambi ma lei non vuole.
Suburra 3: Cinaglia o il lato oscuro della politica (corruttibile e oscura)
Amedeo Cinaglia è ormai malato nel midollo, immerso nel male di una Roma avvelenata, avvizzita, corrotta. L’uomo sa che deve eliminare ogni ostacolo che si frappone fra lui e la meta finale: avere la Città nelle sue mani, diventare il nuovo Samurai. Lui farebbe di tutto per vincere, la moglie, Alice, invece è pura, fin troppo, chiede al marito più e più volte di tornare sui suoi passi, tornare ad essere quello di un tempo ma ormai la sua discesa agli inferi è quasi completata. Prova a convincerlo fino ad arrivare a dire che potrebbe denunciarlo e per questo Cinaglia arriva a compiere il gesto più bieco, brutale, amorale: uccidere la madre dei suoi figli, spingendo Alice giù da un parapetto inscenando un suicidio. Amedeo pensa a tutto, prende il telefono della morta, lo pulisce – per eliminare ogni traccia – e manda un messaggio a se stesso con le parole “Addio amori miei”.
Il suo percorso non è finito perché la trasformazione sarà compiuta completamente quando, dopo la morte di Sibilla, sodale di Samurai, riceve le carte che gli permetteranno di comandare su Roma.
Suburra 3: Aureliano e Spadino contro tutti
Nell’ultimo episodio c’è l’inevitabile scontro tra Spadino e Manfredi Adami. L’uomo si dirige con il padre di Angelica, Sale, nella piazza dell’autodemolitore dove avverrà l’imboscata contro Manfredi, ma emerge subito la verità: l’imboscata è stata pensata per lo stesso Spadino; gli zingari lo accerchiano e a quel punto compare Manfredi, suo fratello che l’ha formato, cresciuto ma è diventato anche il suo più grande Nemico. All’improvviso, grazie al gesto di Angelica che ha chiesto l’aiuto di Nadia e così come un’epifania compare la macchina di Aureliano chiamato dalla propria compagna. Travolge il clan degli zingari permettendo a Spadino di nascondersi dietro una macchina e ha inizio così una guerra senza esclusione di colpi in cui si uccide per non essere uccisi; i due ragazzi non hanno abbastanza munizioni, sono in minoranza. La suspense sale di minuto in minuto: Aureliano spara e uccide gli uomini di Sale e Manfredi, arriva a colpire il Nemico alla gamba. I ragazzi sono sfiniti e spaventanti e Aureliano capisce sempre di più che per salvare Spadino c’è una sola possibilità fargli da scudo e sacrificarsi. Basta uno sguardo e Spadino capisce cosa l’amico vuole fare, vorrebbe fermarlo ma non ne ha il tempo; in quegli occhi c’è tutto, l’amore, l’amicizia, ci sono la cura e la protezione che Aureliano ha sempre avuto per Spadino. Il corpo di Aureliano viene colpito più e più volte, cade e ormai Spadino può fare solo una cosa piangerlo.
Spadino: l’analisi del personaggio di Suburra 3
Suburra 3: Il dolore di Spadino
Spadino non crede ai suoi occhi, il giovane uomo, compagno di avventure, fedele sodale non può morire, ma non c’è più nulla da fare: Aureliano è morto. Spadino non può smettere di piangere ma ora c’è solo una cosa che gli resta: vendicarsi. Il giovane Anacleti raccoglie un coltello da terra e con quello lo uccide. Spadino non può aspettare, quel momento è solo loro e così porta al mare il corpo dell’amico morto per lasciarlo cadere nello stesso liquido da cui è nato; questa è una scena lunga, disperata in cui emerge chiaramente il forte legame che unisce i due. Lui, come la Madonna nella Pietà, tiene stretto a se il corpo dell’altro, appoggiandosi alla sua guancia, senza possibilità di placare i suoi singhiozzi e il suo dolore.
Arrivano gli altri, Flavio, il fratello di Aureliano, Nadia, Angelica, Spadino non ha avuto neppure per un attimo il pensiero di permettere agli altri di dare l’ultimo, estremo saluto a quell’uomo che si è sacrificato per lui. In un primo momento non è chiaro cosa lui faccia lì, ma poi, quando Spadino non fa altro che stringere a sé, senza parole Nadia tutto è chiaro.
Il giovane alla fine sale in macchina e, tra le lacrime, parte verso un viaggio in solitaria.
Suburra 3: Angelica e Nadia
Spadino ha deciso: non ha bisogno di niente e di nessuno, non tornerà più a casa. Con gli occhi pieni di lacrime, lo dice ad Angelica che lo prega di restare. Quella morte però ha fatto capire all’uomo che non può dare a nessuno amore, anche perché l’unica persona verso cui l’ha provato ormai non c’è più. Ora ad Angelica e a Nadia non resta che abbracciarsi, appoggiandosi l’una all’altra pensando al futuro che aspetta solo loro.