The Last of Us riscrive gli standard dell’adattamento. Sarà dura superarli!
The Last of Us è il miglior adattamento di un videogioco di sempre, in grado convincere critica, pubblico e fan.
Il multiverso dell’adattamento cinematografico e televisivo è costellato di insuccessi difficili da mandar giù. I fan di videogiochi, fumetti e romanzi si son visti traditi da produzioni che del materiale originale hanno fatto carta straccia. Non è facile traslare un racconto da un medium ad un altro, soprattutto quando la storia di partenza si presenta ben distante dalle regole base della settima arte. Se pensiamo al passato ci vengono in mente film come Dragon Ball Evolution, Eragon, Street Fighter o al recente Monster Hunter. Nel particolare, nel corso del tempo è sembrato che l’esperienza videoludica poco si approcciasse al cinema quanto al piccolo schermo, come se fossero due linee rette parallele. Poi è arrivato The Last of Us, e sembra che tutto sia cambiato.
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Il videogioco della Naughty Dog ha dalla sua un racconto già di per sé cinematografico, con tanto di montaggio e schemi narrativi propri di un film o una serie TV. Inoltre, tra i creatori troviamo proprio Neil Druckmann, ideatore di The Last of Us. Insomma, uno scheletro di partenza già consolidato che preannunciava un lavoro ben svolto, ma i timori aleggiavano lo stesso nell’aria, reduci di somme delusioni. La riuscita del prodotto non era così scontata, anche perché bisogna sempre fare i conti con la risposta dei fan più accaniti e del pubblico generalista. Si deve scendere a compromessi, centellinare le idee originali e non indugiare troppo sul fanservice. Siamo difronte ad un lavoro minuzioso e calcolato, in cui ogni elemento dev’essere dosato ai mini termini.
Questo è il caso di The Last of Us, una serie che è riuscita a coniugare fedeltà al materiale originale e spirito d’iniziativa. Tant’è che da molti è stata definita un’esperienza bonus del videogioco, in quanto va ad espandere alcune storyline non trattate fino in fondo. È la trasposizione che tutti i fan di una storia vorrebbero vedere, la risposta al quesito se fosse possibile adattare decentemente un videogioco per il cinema o la televisione. The Last of Us getta uno standard per le serie a venire difficile da superare. Gli investimenti produttivi riservati ai prodotti seriali è notevolmente aumentato, basti pensare ai casi di Game of Thrones e The Rings of Power, e si auspica una maggiore attenzione alle storie di appartenenza.
Tra narrazione televisiva ed esperienza videoludica, da un medium ad un altro
Come dicevamo, The Last of Us aveva dalla sua un’esperienza videoludica di base già di per sé cinematografica. Rimanendo in territorio statunitense, se pensiamo ai romanzi di Joe. R. Lansdale non è difficile immaginarsi tagli di montaggio, cliffhanger e dissolvenze. La scrittura dell’autore ben si presta alla trasposizione live action, ed è ciò che è avvenuto con grande successo. Dai suoi romanzi sono stati tratti film come Bubba Ho-Tep e Cold in July, mentre per la televisione la saga di Hap and Leonard. Questi sono solo alcuni dei casi della fusione tra un medium ed un altro, ma ciò non vuol dire che non si possano stravolgere totalmente le carte ed ottenere comunque un ottimo prodotto; vedasi Legion o The Magician.
Tuttavia, il caso dei videogiochi è ben diverso, in quanto l’esperienza di gioco ha delle caratteristiche neurologiche ben diverse. L’utilizzo del Joystick e l’immersione attivano parti del nostro cervello specifiche, attività difficile da replicare al cinema. L’adattamento viene così spogliato del cosiddetto gameplay, parte centrale dell’esperienza videoludica. La storia deve così far propri quei meccanismi in modo totalmente diverso, innescandoli attraverso scene d’azione adrenaliniche o orrorifiche. Non solo, il fan deve ritrovare quel setting che tanto ha amato, e in un certo senso dev’essere ricompensato per la sua attenzione.
Ed è qui che interviene un altro fattore, l’originalità. Un rimaneggiamento televisivo non può seguire in modo pedissequo il materiale d’appartenenza, perché ne diverrebbe soltanto una copia sbiadita. E allora bisogna scegliere con attenzione quei momenti che possono essere rimodellati, quelle storie che possono essere approfondite oppure totalmente rimosse. Ancora una volta dobbiamo affermare come The Last of Us riesca in tutto ciò e andando anche oltre, confermandosi non solo un ottimo adattamento ma un’eccellente serie televisive.
Lontani da un immaginario collettivo ormai rodato
Vi chiederete perché siamo qui a tessere le lodi di The Last of Us come se l’avessimo ideata noi, ma abbiamo pronta la risposta. Per chi scrive di cinema diventa sempre più estenuante confrontarsi con prodotti mediocri, realizzati per il solo fine economico. Gli strabordanti palinsesti delle piattaforme streaming hanno saturato il mercato, a tal punto da dover scegliere tra qualità e quantità. Vedere invece una serie realizzata con passione e rispetto riempie il cuore ed allarga il sorriso.
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Oltre ad un investimento produttivo riscontrabile in ogni ambito della serie, dalla CGI alla regia, dalla fotografia alla recitazione finanche al comparto musicale, The Last of Us rigetta qualsiasi parallelo con altre serie similari. La storia sembra così emanciparsi da un immaginario collettivo consolidato da prodotti come The Walking Dead, The 100, The Rain o Z Nation, solo per citarne alcuni. La parola zombie è sempre seguita da horror, ma con questo genere la serie sembra intrattenere ben poco, o almeno il minimo indispensabile. A Druckmann e Craig Mazin non interessano Jumpscare o suspense hitchcockiane, ma il viaggio introspettivo dei personaggi.
Joel ed Ellie sono i protagonisti indissolubili del racconto, ogni digressione rispetto alla loro storyline serve ad ampliarne il senso, donandogli così profondità. Pedro Pascal e Bella Ramsey sono perfetti nel ruolo, sono riusciti a cogliere l’anima dei loro personaggi portandoli così ad un livello superiore. Il Joel di Pascal si presenta più sfaccettato e umano rispetto alla controparte videoludica e da alcuni fan è stato definito il miglior Joel di sempre. Dal canto suo Ramsey ha colto una certa vena sadica nel personaggio di Ellie, una ragazzina ignara del mondo prima del crollo, cresciuta tra fughe e paura. L’unica parola che conta nel mondo di The Last of Us è sopravvivenza, ma non solo.
Uno standard in grado di eclissare le produzioni del passato
La serie fa un uso sapiente della computer grafica, che ci restituisce un mondo in cui la natura si è ripresa il proprio spazio. La stessa pandemia fungina ci racconta quanto le nostre azioni abbiano delle ripercussioni e oggi più che mai dobbiamo scendere a patti con gli errori del passato. Tale ragionamento si dirama anche al concetto di umano e a ciò che ci definisce come tali, anche quando sembriamo averlo dimenticato. A tal proposito in The Last of Us l’ambientazione non funge solo da spazio d’azione, ma anche come spazio dell’anima.
Ma a niente vale un ottimo fondale se fotografia e regia non viaggiano a braccetto. Ed è per questo che sulla sedia della regia troviamo Peter Hoar (Daredevil, The Umbrella Academy) e lo stesso Mazin, mentre alla fotografia un team di tutto rispetto. Senza andare oltre, il nostro discorso verte su come si possano creare serie di qualità senza dover per forza snaturare il materiale d’appartenenza e di come anche un videogioco possa trovare il proprio spazio nella settima arte. Vari sono stati gli esperimenti, pensiamo al fallimentare Hardcore!, un film girato in prima persona imitando l’esperienza di gioco. Escamotage ovviamente non riuscito, in quanto – come detto precedentemente – proprio di un medium.
Andando a ritroso nel tempo troviamo anche il live action di Doom, uscito nel 2005 e con protagonisti The Rock e Carl Urban, o l’osceno Prince of Persia di Mike Newell. Il cinema non sembra aver ancora raffinato la ricetta segreta per l’adattamento di un videogioco, salvo casi come Sonic 2. Diverso è il caso televisivo che negli ultimi anni ha lanciato diversi prodotti di notevole interesse come Arcane e Halo. Quest’ultima, per quanto non vanti una computer grafica d’eccezione, ha saputo ritagliarsi la sua piccola fetta di pubblico. Siamo lontani dalla qualità di Last of Us, ma l’intenzione ha fatto sì che il prodotto andasse oltre i bassi standard del passato. I tempi sono cambiati, e la serie della HBO sembra aver gettato le basi per una nuova alba – si spera – in cui le storie dei videogiochi possano trovare la giusta rappresentazione anche in formula live action.
Composta da 9 episodi, The Last of Us andrà in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW dal 16 gennaio in contemporanea assoluta con HBO.